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Mercoledì, 17 Dicembre 2014 13:29

Il limite, nemico del desiderio?

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di Giovanni Cucci

Come si è accennato nel precedente articolo, desiderio e limite sono strettamente intrecciati. Il tempo ridimensiona progressivamente le potenzialità del desiderio: la vitalità declina man mano che ci si allontana dalla giovinezza, imparare diventa più faticoso, le possibilità virtualmente infinite si assottigliano. Se il desiderio è lo sbocciare della vita che si mantiene fresca e in fiore, il limite introduce la nozione della morte nei progetti e realizzazioni possibili, ricorda il definitivo, nel senso di non ritorno, di chiusura delle possibilità.
Può essere questo un discorso triste, che uccide la speranza; invece desiderio e limite costituiscono i due aspetti inscindibili della vita: solo nella fantasia si possono concepire separatamente (ma questo è il lato anche pericoloso della fantasia, l’illusione di vivere senza limiti e senza difficoltà). Quando invece il desiderio è unito al limite, porta a una esperienza di realtà, e ci consente di vivere: pensiamo ai limiti precisi che consentono la comparsa della vita in un ambiente, basterebbe spostare anche solo di qualche grado l’inclinazione dell’asse terrestre (o la distanza dal sole) per rendere invivibile la terra. Senza limiti non ci può essere ordine e stabilità: nel libro della Genesi la creazione viene descritta come una serie di limiti posti da Dio e tali confini consentono alle varie forme di vita di svilupparsi.
Riconoscere il limite non significa dunque penalizzare il desiderio, ma anzi costituisce l’unica maniera possibile di concretizzarlo. A sua volta il desiderio, anche quando è stato realizzato, non elimina il limite: nessun progetto, nessuna attività, nessuna persona è in grado di soddisfare pienamente, ogni soddisfazione è sempre parziale, perché mostra un oltre, un “di più”.
Il punto di equilibrio del binomio desiderio-limite è dato dalla decisione. Se il desiderio di imparare si muove sulla linea dell’espansione, quello della decisione costringe sempre a restringere il campo e a selezionare, è sempre una rinuncia: la persona cioè, tra le molte possibilità che potrebbe realizzare è costretta a scegliere. Prendere una decisione, significa rinunciare a tante altre cose che si potrebbero fare, d’altra parte, è necessario decidere focalizzandosi su ciò che è stato riconosciuto come fondamentale e che vale la pena di essere perseguito. Questo nelle grandi scelte (se decido di fare il medico rinuncio a fare l’ingegnere) come in quelle ordinarie (se decido di leggere un romanzo rinuncio ad andare al cinema o a giocare a calcio).
Ciò che appare a prima vista come una constatazione ovvia: “voglio fare questo e perciò non posso fare quello”, è spesso il cuore del problema. Se il desiderio non viene conosciuto, sviscerato, maturato, se il limite non viene messo in conto o è rifiutato come negativo, tutto questo mette la persona nell’impossibilità di decidere: da qui la paura di impegnarsi in una scelta precisa, tanto più se definitiva. 
I limiti ricordano alla persona la libertà fondamentale che la costituisce nel momento in cui si vagliano i desideri, per questo il momento della scelta è anche sofferto, si vuole ma insieme non si vuole. Alla fine però si deve decidere: margini irrisolti di rischio sono presenti in ogni scelta.
La prova, l’ostacolo, la difficoltà sono un momento di verità dei desideri, mentre al contrario una vita troppo comoda e tranquilla non aiuta affatto a realizzare il desiderio, ma paradossalmente spegne la voglia di vivere. Anche dal punto di vista biologico, condizioni ambientali troppo favorevoli costituiscono un danno per gli esseri viventi, perché essi non sono più in grado di adattarsi a nuove situazioni. E questa è anche una verità del mondo psicologico, quando manca un ambiente stimolante il desiderio può spegnersi, morire, e questo è un segno preoccupante della società odierna.
Da qui l’importanza di quello che viene chiamato il “paradosso fondamentale” della vita umana: quando la dialettica tra i desideri e i limiti viene riconosciuta come tale e viene accettata, sapendo cioè che è l’unica maniera di realizzare ciò che sta a cuore, essa diventa anche più facile da vivere. I problemi sorgono invece quando non si accetta questa dinamica e si cerca di eliminarla cedendo alle tentazioni dell’unilateralità. Una prima tentazione è di eliminare il mondo dei desideri per non ricevere ferite profonde e sofferenze inutili, prendendo le cose come vengono senza alcuna progettualità, e senza alcun rischio: “non illuderti per non deluderti”, è il relativismo di chi vive a seconda di come il vento soffia cercando di non crearsi troppi problemi. L’altra tentazione, uguale e opposta, è di negare il mondo dei limiti, rifugiandosi nelle fughe della fantasia, idealizzando i valori senza considerare le condizioni effettive per la loro realizzazione. Con l’ingresso della realtà virtuale questa tentazione può essere particolarmente subdola ed invasiva.
 
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