Al termine della Messa, appartati per una possibile l’inclemenza del tempo, papa Francesco ha desiderato avere un incontro particolare con gli ammalati e prima di impartire loro la benedizione eucaristica, il papa si è rivolto direttamente agli ammalati riproponendo la domanda che Maria aveva fatto a Giacinta e Francesco, che poco prima, durante la santa Messa erano stati proclamati santi, quindi, modelli imitabili di santità: «Volete offrirvi a Dio?».
Eminenza, si è da poco concluso il Giubileo Straordinario della Misericordia. Come valuta questo evento, partendo proprio da qui, dalla Basilica di San Pietro in Vaticano, della quale lei è Arciprete?
Il Giubileo della Misericordia, inizialmente, è stato accolto con sorpresa perché il papa ha tenuto dentro di sé l’intuizione e l’ispirazione. E quando l’ha comunicata, evidentemente, c’è stato un momento quasi di suspense, perché nessuno aspettava questo inatteso dono. Poi, però, immediatamente c’è stata l’apertura del cuore e, direi, anche una specie di sintonia con l’intuizione del Santo Padre, perché il tema della misericordia è un tema che affascina, un tema che incoraggia.
«La Chiesa non è un’azienda. Il papa non fa l’economista e neppure il politico per questo comprende a fondo cosa significa lo sviluppo dei popoli» e la crescita integrale delle persone. La Chiesa è una “madre e maestra” che ha a cuore il progresso armonico dei suoi figli.
Sono passati 50 anni da quando Paolo VI ha lanciato al mondo l’invito a investire le prospettive politiche, sociali ed economiche sulla dignità della persona con i suoi diritti e sulla necessità che gli Stati assicurino che il progresso sia sempre al servizio della persona e non renda l’uomo schiavo dell’economia.