Se l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso non sono “luoghi”, ma “stati”, il corpo del Cristo Risorto dove sta se non in un luogo?
Nessuno è stato nell’al di là ed è tornato a dirci com’è, perciò, quando vogliamo ricostruire quel mondo, si deve essere molto cauti e soprattutto tener conto che su questa terra siamo sempre condizionati dai nostri modi di conoscere il mondo che ci circonda. La teologia cattolica ha sempre sostenuto che per parlare di Dio e delle realtà soprannaturali possiamo solo usare un linguaggio “analogo” e non “univoco”, cioè, per dirlo in modo più semplice, ci serviamo di immagini che però non esauriscono tutta la realtà.
Abitualmente, mentre mi reco al lavoro guidando l’auto, prego mentalmente e così sono abituato a fare anche in altri momenti della giornata, magari quando nel letto tardo a prendere sonno. Che valore ha questa preghiera fatta solo mentalmente? è meno efficace di quella vocale?
Nell’ultima confessione un sacerdote, dal quale mi confessavo per la prima volta, non mi ha assegnato alcuna penitenza. Ma mi capita spesso di ricevere, anche dal mio confessore abituale, delle penitenze per così dire “generiche”, del tipo “offri lo sforzo che fai per non cadere nel peccato” o “cerca di vivere secondo le indicazioni che ti ho dato” oppure ancora “di qualche preghiera”. Mi sembra che ci sia molta arbitrarietà. Esiste un criterio in base al quale viene assegnata la penitenza in confessione?
Giovanni Paolo II, nell’Esortazione Apostolica “Reconciliatio et poenitentia”, ricorda che la soddisfazione, o penitenza come viene chiamata da noi, è l’atto finale che corona il sacramento della Riconciliazione.
E sottolinea tre aspetti delle opere di penitenza imposte dal confessore.