Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo
del Cuore Immacolato
di Maria,
Madre della Chiesa,
in unione al Sacrificio
eucaristico,
le preghiere e le azioni,
le gioie e le sofferenze
di questo giorno:
in riparazione dei peccati, per la salvezza
di tutti gli uomini,
nella grazia
dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
Amen.
Da sempre, e soprattutto oggi, il Natale di Gesù è l’invito alla scoperta del Dio vicino. Un giorno ha detto agli apostoli: «Io sono con voi sino alla fine dei secoli». Gesù è il nostro contemporaneo e, quando ha parlato della fede, l’ha paragonata a un tesoro nascosto e ad un uomo che trovatolo investe in esso tutto quello che possiede.
Il tesoro di cui parlava Gesù non era il diamante d’inestimabile valore, ma il tesoro della fede, in cui Dio Amore regala il senso dell’esistenza, il timone che mantiene la rotta verso la meta della santità.
Da Betlemme parte l’avventura di Dio che si fa vicino a ogni persona e non ci fa sentire orfani.
Come San Giuseppe ha stretto tra le braccia Gesù, così Dio ci prende nelle sue braccia, ci solleva sino a guardarci negli occhi e ci ripete: «Non avere paura del futuro, ti sto accanto per aiutarti a vivere in pienezza la tua esistenza». Abbiamo bisogno di amore ed è questo respiro dell'amore a spingerci a ricercare il volto di Dio che, a Natale, si nasconde nelle sembianze di un bambino.
Il racconto evangelico di quell’evento singolare registra la presenza dei pastori, di umili personaggi del luogo, ma anche dei modelli dei cercatori di Dio: i Magi.
Caro ed amato San Giuseppe, la liturgia di rito romano domenica scorsa ha fatto riecheggiare nelle nostre assemblee la parola di tuo figlio Gesù, che ci invitava ad alzarsi e a levare il capo, per intravedere come vicina la nostra liberazione. C’è un invito e una costatazione: alzare il capo e una speranza vicina. Anche la tua vita è stata popolata di inviti: a prendere Maria tua sposa, a partire per Betlemme per il censimento, fuggire in Egitto. Ritornare dall’Egitto. All’invito di Dio hai sempre obbedito con generosità, ha sempre gettato l’ancora della speranza nel futuro e hai esperimentato che il futuro era colmo di grazia, colmo di Dio.
Anche noi stiamo vivendo il nostro avvento come tu l’hai vissuto. L'Avvento è il tempo che prepara le nascite, è il tempo in cui la tua sposa era in attesa del parto. L’attesa è il tempo delle donne: solo le donne in attesa sanno cosa significhi davvero attendere.
Oggi siamo qui a riflettere a pregare a chiederci: cosa davvero attendiamo?
Le pagine dell’evangelo ci prendono per mano e ci introducono oltre la soglia della porta della fede e ci aiutano a guardare in alto, a percepire il mondo pulsare attorno a noi, a sentirci parte di un’immensa vita e portatore del dono della fede per aiutare la gente del nostro a credere.
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo
del Cuore Immacolato
di Maria,
Madre della Chiesa,
in unione al Sacrificio
eucaristico,
le preghiere e le azioni,
le gioie e le sofferenze
di questo giorno:
in riparazione dei peccati, per la salvezza
di tutti gli uomini,
nella grazia
dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
Amen.
«Perché i Vescovi, i sacerdoti e tutti i ministri del Vangelo diano coraggiosa testimonianza di fedeltà al Signore crocifisso e risorto»
«Perché la Chiesa pellegrina sulla terra risplenda come luce delle nazioni»
«Il mondo ascolti il messaggio del Vangelo, che supera l’orizzonte terreno e conduce alla vita eterna»
«Perché nessun defunto in questo tempo sia dimenticato e tutti possano sentire sollievo e il conforto della preghiera unanime del popolo di Dio».
O Dio di bontà, ti preghiamo per tutte le persone che stanno attraversando un momento di lutto e di sofferenza per la dipartita di persone care.
Ti preghiamo anche per gli orfani: la mancanza dei loro cari sia supplita dalla tua paterna benevolenza e per mezzo della carità e dalla vicinanza della comunità cristiana, così che si sentano confortati e animati di una speranza che non delude.
Caro San Giuseppe, all’inizio di questo mese in cui nel ricordo dei nostri cari defunti abbiamo bisogno non solo di tanta, ma di tutta la gioia dei santi per riuscire ad affrontare il doloroso tema della morte che tu, o caro San Giuseppe, hai sostenuto con il conforto e con la presenza di Gesù e della tua dolce e affezionata sposa, Maria santissima. In questo momento di preghiera, di riflessione vogliamo squarciare il cielo e alla luce del Vangelo delle parole del tuo figlio Gesù, alla luce dello Spirito Santo e con l’aiuto anche dei nostri cari defunti vorremmo che questi momenti così dolorosi e drammatici, divenissero luminosi e considerare come verità di fede che la morte è il sonno che ci risveglia in Dio.
In questi nostri tempi avendo la scienza allungate le stagioni della vita, siamo tentati di vivere un’eterna giovinezza.
Le tracce più antiche lasciate dagli esseri umani sono le sepolture; prima ancora d'imparare a levigare pietre e a fare capanne, i primitivi inumavano i loro morti con i segni di un culto elementare che si pensa essere stato la prima forma di rapporto dei viventi con la trascendenza. L'amore per i defunti, diffuso in tutti i popoli come Egizi, Persiani, Indiani, Cinesi, Romani, Fenici, si è mantenuto nel tempo, restando vivo fino a noi in forme diverse: quella religiosa e attraverso questa nella scultura, nella musica, nella letteratura. Si dice che un elemento fondamentale per misurare il grado di civiltà d'una popolazione sia il suo modo d'onorare i morti.
Nel nostro tempo assistiamo a un affievolirsi di questo culto e il fenomeno non si può chiamare neppure imbarbarimento perché barbari e primitivi onoravano sommamente i morti rispettandone e coltivandone la memoria. Allora è civiltà quella che ci sta portando verso questa trascuratezza nei confronti di chi ci ha preceduto?
Mentre il Tempo Ordinario volge al termine e la natura si fa di giorno in giorno più brulla e spoglia, il mese di novembre si apre con il contrasto della bellissima festa di Tutti i Santi: un tripudio di luce, di canto, di gioia; il Cielo sulla terra.
In questa solennità la Chiesa pellegrina nella fede, contemplando le abbondanti messi già raccolte nei celesti granai, comincia sin d’ora a cantare la gioia del suo arrivo in patria: «Rallegriamoci tutti nel Signore, celebrando questo giorno di festa in onore di tutti i Santi: con noi gioiscono gli angeli e lodano il Figlio di Dio». Con questa antifona si apre la Celebrazione Eucaristica, durante la quale si viene ad instaurare, per così dire, un appassionato dialogo tra terra e cielo, tra i santi ancora pellegrini nella fede e i santi già in patria, tra i “santi delle beatitudini” (cf. Vangelo della solennità) e i santi della «moltitudine immensa, di ogni nazione, razza, popolo, lingua» che innalza a gran voce il grandioso cantico della salvezza, di cui si sente l’eco nella prima lettura (cf. Ap 7).
Tra gli uni e gli altri non c’è separazione, ma compartecipazione; non distanza, ma affettuosa vicinanza. I santi già in patria sono presenti a noi nelle nostre tribolazioni e noi, “santi in cammino”, ci rallegriamo con loro per la pace di cui godono e che già, in forza dell’amore, si riversa nei nostri cuori. Con questa solennità la Chiesa ci invita, dunque, ad una grande festa di famiglia, convoca tutti i suoi figli attorno all’unica mensa. Infatti, chi sono i santi, se non i figli di Dio cresciuti fino alla “pienezza di Cristo” (cf. Ef 4,14)? Essi sono i nostri fratelli maggiori. Alcuni di loro, forse, sono stati fino a ieri nostri compagni di viaggio; perdura forse ancora nella nostra mano il calore della loro mano, nella nostra memoria il suono della loro voce… Tra i santi possono esservi – anzi, certamente ci sono – anche tanti che chiamiamo i “nostri morti” e che, sapientemente, la Chiesa ci fa commemorare proprio il 2 novembre, dilatando la festa in due giorni, per sottolineare l’unità del mistero.
«Nessuno m’impedisce di calcolare la processione degli equinozi o di disintegrare gli atomi. Ma a che cosa servirà fabbricare la vita, se si è perduto il senso stesso della vita?». La frase è di George Bernanos ed è sempre di estrema attualità.
Abbiamo iniziato con «L’Anno della fede» un cammino alla ricerca della nostra identità di credenti. Il fiume della vita di fede parte dalla sorgente del battesimo per giungere senza interruzioni alla foce del nostro esistere e sfociare nella vita eterna.
Il vivere alla ricerca di senso è l’anelito di ogni persona; dai valori coltivati scaturisce, infatti, l’orientamento da imprimere al proprio essere presenti nella storia. Da sempre, il cielo, chiuso nella stanza dell’anima, reclama responsabilità concrete e spazi infiniti. Diceva Dietrich Bonhoeffer che le cose penultime acquistano significato delle cose ultime: è l’eternità che dà senso al tempo. L’aspettativa del «dopo» è l’interrogativo di tutti.
Questo interrogativo è stato al vertice della preoccupazione anche per gli apostoli e si è fatto più acuto al momento del commiato di Gesù da loro.
Il primo anniversario della Canonizzazione è un'occasione provvidenziale per acquisire, approfondire, assimilare e celebrare il carisma fantasioso del Fondatore, sia nel rimanere innestati alla linfa della carità divina sia nell'essere accanto anche alle nuove povertà presenti alla ribalta della nostra società.
Un Santo che soprattutto oggi non ci lascia indefferenti!
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Comincia in Vaticano il Sinodo dei Vescovi: è la XIII Assemblea Generale ordinaria. Per la cronaca ci sono state anche 9 Assemblee dette “speciali”, perché dedicate in genere ad una sola parte della Chiesa: 2 per l’Europa (1991 e 1999), 2 per l’Africa (1994 e 2009), una per il Medioriente (2010), una per l’Asia (1998), una per le Americhe (1997), una per il Libano (1995) e una per l’Oceania (1998). In tutto, dunque, ben 22 assemblee sinodali…
Una domanda: chi ne ha memoria attiva, all’interno del Popolo di Dio che è la Chiesa, istituzione storica e mistero umano-divino? Quali sono stati i benefici dei 22 Sinodi percepiti seriamente dal Corpo vivo della Chiesa intera? Forse solo con un atto di fede puro si potrebbe rispondere concretamente e in positivo…E’ un fatto, almeno misurato con le nostre misure umane, limitate e fallibili, ma constatabili per tutti.