L’evangelista san Luca nel comporre il suo evangelo, “la buona notizia” dell’amore di Dio per noi, sottolinea che quando Gesù si avvicina alla realtà s vede fiorire la gioia.
Leggiamo nel vangelo infatti che un bimbo ritrova la vita, un ammalato la salute, una mamma di riabbracciare il figlio pianto come morto, un’anima triste si vede fiorire un sorriso, l’affamato un pezzo di pane, chi è disperato e senza amore si ritrova un cuore caldo di affetto, una mano amica che lo aiuta a proseguire il suo cammino.
Negli scritti di San Luca sia nell’evangelo come negli Atti degli apostoli non lascia mai cadere questa caratteristica.
Dante Alighieri definisce san Luca il pittore della mansuetudine di Cristo.
Nell’ultima riga del suo vangelo san Luca ci fa leggere, e, soprattutto, vivere questo annuncio: dopo che gli apostoli videro Gesù ascendere al cielo tornarono a Gerusalemme con “il cuore pieno di gioia”.
Siamo entrati da pochi giorni nel mese di maggio e maggio è l’esplosione dei colori della vita. I colori diventano l’alfabeto della gioia e cantano l’amore alla vita.
La terra si fa ospitale e i colori dei fiori danno speranza per la raccolta dei frutti.
Nella tradizione della Chiesa il mese di maggio è dedicato alla devozione alla Madonna, il fiore più bello dell’umanità, la madre della speranza che apre il suo essere a Dio e inaugura una felice eternità per l’umanità intera. Maria di Nazareth è il frutto dell’umanità da sempre sognato da Dio. Chi si avvicina con fede a Gesù non può fare a meno di innamorarsi di questa madre tenera ed affettuosa.
Siamo alla vigilia dei grandi eventi della vita cristiana: accanto all’abisso della violenza degli uomini che non riconoscono in Gesù il messia e lo condannano c’è anche il tradimento degli apostoli, la solitudine di Gesù nel Getzemani, ma dentro alla galleria buia dell’abbandono s’innesta l’evento singolare ed unico della risurrezione di Gesù che finalmente rompe le catene della schiavitù del male e apre lo spiraglio di luce dell’eternità.
Allora vorrei e per questo prego che le mie parole, questa sera, fossero un eco di eternità che riecheggia nella nostre anime.
Cammineremo insieme a San Giuseppe che dal cielo ci è compagno eterno e amico inseparabile.
Un saluto a tutte le ascoltatrici e ascoltatori sintonizzati sulla onde di Radio Mater. Una carezza particolare ai bambini e a tutte le persone in ascolto, soprattutto quelle visitate dal disagio della malattia.
Tenteremo di impregnare del senso dell’amore il nostro soffrire.
Vorrei questa sera iniziare il nostro dialogare con un omaggio ai nonni raccontando questo dialogo tra un nonno e un nipotino.
Trasmissione del direttore
don Mario Carrera in preparazione
alla festa di San Giuseppe
Caro San Giuseppe,
all’inizio di questo mese di febbraio sono venuto a cercarti a Gerusalemme. Sapevo che saresti venuto al tempio per la presentazione di Gesù. E lì ti ho aspettato insieme al vecchio Simeone e alla profetessa Anna. Domani saranno passati quaranta giorni dalla nascita di Gesù a Betlemme e la legge ti obbliga a presentare la tua offerta al tempio in segno di gratitudine per la paternità, ma anche per rende a Dio l’omaggio riconoscendolo padrone assoluto della vita. Nel caso tuo la padronanza di Dio sulla sua creatura è doppia: è suo figlio, è un frammento di eternità fatta carne umana.
Durante la tua attesa, caro San Giuseppe ho ascoltato i sentimenti del vecchio Simeone; egli come uomo di fede aspettava l’evento della nascita del Messia per il popolo d’Israele. La prolungata e secolare notte del male e delle tenebre avevano acuito il desiderio della venuta del messia. E’ pur vero che orme di luce, ogni tanto come meteore apparivano, ma poi tutto cadeva nella delusione. Sentivo nelle parole di Simeone lo sconforto del popolo eletto nel vedersi governato da oltre cinquant’anni da una nazione straniera. Il disagio e l’amarezza della condizione politica e sociale diventavano pressanti invocazioni a Dio perché mandasse finalmente il messia a liberare dalle catene dal dominio dell’impero romano quel popolo che Dio aveva scelto e prediletto nella storia e per essere la sentinella della presenza della bontà del Dio misericordioso sull’intera umanità bisognosa di luce.
Mi piace condividere con voi un tratto di strada della nostra vita e tentare di cogliere la presenza dello Spirito di Gesù in mezzo a noi.
E’ lui che edifica la storia del bene nel mondo.
Don Guanella diceva abitualmente «è Dio che fa».
E’ Dio che ci ha donato la fede. E’ Dio che ci ha fatto nascere in questo tempo e ci ha donato una famiglia, dei genitori, degli amici, una parrocchia, un lavoro e desidera suscitare dentro di noi una nostalgia di divino e farci comprendere che questo nostro mondo ci è stretto e ci diventa sempre più stretto e ha bisogno di un’anima.
Maria nasce come un fiore immacolato. In questa nascita, finalizzata all’ingresso di Gesù nella nostra storia, anche tu, Giuseppe, eri coinvolto. Dio padre aveva posato il suo sguardo su di te, ti ha scelto a rappresentarlo davanti alla legge degli uomini, ma soprattutto si è fidato di te. Ha avuto fiducia nelle tue qualità umane e religiose, sapeva che con te scommetteva in modo sicuro e garantito. Tu da quel giorno entravi nella storia umana come «l’ombra del padre» nei confronti di Gesù e di Maria.
Dio ti ha delegato a rappresentarlo nel campo dell’educazione sociale e religiosa e a far da supporto nella crescita intima dei suoi sentimenti delle sue aspirazioni umane.
Tu hai scoperto la fragranza di questo singolare fiore immacolato solo dopo una quindicina d’anni. Tu sei cresciuto insieme a questo eterno sogno di Dio che finalmente si andava traducendo in realtà. Tu camminavi nei sentieri della tua vita su strade parallele e finalmente le vostre strade si incrociarono.
Tu, giovane promettente di Nazareth, con un buon mestiere fra le mani eri nei sogni di tante ragazze, ma il tuo sguardo era stato catturato da una giovane adolescente di nome Maria.
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Nella religione ebraico-cristiana c’è una parola che ricorre di frequente: la parola esodo. Questo termine indica, movimento, cammino, ricerca. Sappiamo che la stessa vita è un cammino nel tempo e in questo «viaggio della vita non si danno strade in piano, sono tutte o in discesa o in salita».In questa stagione anche le cronache televisive parlano di esodo, di strade torride, tappezzate di macchine, sotto un cielo senza un alito, strade percorse dalla voglia del nuovo, del diverso, di nuove emozioni.Le emozioni sono proporzionate alle attese dell’anima. Le vacanze non un momento di sospensione della nostre quotidiane attività, è un tuffo nel tempo libero, la ricerca di cieli diversi, di panorami colorati, ma anche un momento di ricarica delle nostre energie.Questo vale per noi oggi, ma anche ai tempi di San Giuseppe e di Gesù.
Iniziamo oggi il mese di giugno che avrà al suo centro la solennità della nascita della Chiesa, la Pentecoste e ci farà approdare proprio alla fine del mese, il 30 giugno, alla vigilia del Sacro Cuore di Gesù, il focolare della carità divina che attira come una calamità le qualità positive della nostra esistenza cristiana.
Mi fa piacere che il grande itinerario in preparazione al 7° incontro internazionale delle famiglie del 2012 la prima tappa del percorso farà sosta proprio a Nazareth, perché «Il mistero di Nazareth è l’insieme di tutti i legami che passano nel tessuto delle relazioni familiari: la famiglia con gli sposi, i genitori e i figli, le relazioni educative, la religiosità i sogni del domani e i problemi di oggi.
Idealmente, come ogni mese, questa sera vogliamo essere davanti a te, appunto nella tua casa di Nazareth, questa tavolozza dei colori delle virtù umane e cristiane, per ammirare la bellezza delle tue relazioni con Maria, la tua sposa, e con Gesù, quel fanciullo che Dio dall’eternità aveva pensato di affidare alle tue braccia robuste e generose, ma soprattutto affidarlo al tuo cuore di padre, specchio di virtù umane in modo da insegnare a questo Dio che si fa bambino a imparare a vivere la nostra condizione umana: la gioia del vivere e il duro mestiere del vivere. Nella vita come nel giorno c’è il buoi della notte e lo splendore affascinatamente gioioso della luce del giorno.
I nostri occhi in questa sosta a Nazareth sono curiosi, avidi di luce per cogliere nei vostri sentimenti, i tuoi, quelli di Maria e di Gesù, quei semi di speranza per far lievitare la nostra vita familiare con la linfa stessa che ha alimentato la vostra esistenza.