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Mercoledì, 17 Aprile 2013 11:46

A Pasqua fiorisce la vita Featured

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L’immagine è ardita, ma fotografa la realtà del battezzato investito dalla potenza dello Spirito. «Come il camoscio rapito dall’aquila, un attimo prima di morire, vede un panorama da lui insospettato, così la mente dell’uomo, illuminata dalla pienezza dello Spirito Santo, è colmata da una visione insolita e infinita». Dal sepolcro vuoto lo sguardo del credente si apre verso l’infinito di Dio. La risurrezione di Gesù ha sdoganato la morte e ha posto il sigillo dell’immortalità nella nostra carne redenta.

«La vita e la morte sono sorelle, che rimangono insieme l’una accanto all’altra, si legano e mai si separano, abbracciate alle due estremità di un ponte». Infatti, la nostra vita è simile a una trasmigrazione su un ponte sostenuto da due pilastri: all’inizio quello della vita e alla fine quello della morte che ci porta sulla riva dell’infinito. L’uomo nasce dal cuore di Dio e finisce nel suo abbraccio misericordioso.
Pietro e Giovanni avevano visto il sepolcro vuoto e tornarono sui loro passi sgomenti e intimoriti dall’evento.  Solo al tramonto, nel cenacolo dove avevano mangiato la cena della Pasqua, Gesù si manifesta vittorioso sulla morte: la potenza divina ha sciolto le catene dell’antica eredità del peccato. Il Cristo, il nuovo Adamo, si presenta come il capo cordata di un’umanità rinnovata dalle sue radici.
In quella sera si rinnova la creazione, il soffio vitale che diede ad Adamo il respiro della vita è trasmesso agli apostoli. L’evangelista Giovanni, che dopo l’annuncio di Maria di Magdala corse con Pietro al sepolcro e lo trovò vuoto e il sudario piegato in un angolo, in prima persona afferma: «Ho visto e ho creduto». Il sepolcro vuoto indicava l’assen­za del corpo di Gesù, ma la manifestazione gioiosa esploderà nel cenacolo, alla sera, quando Gesù appare ai discepoli radunati, annunciando il dono messianico della pace.  Quella stessa sera, nel luogo santificato dal dono supremo dell’amore di Gesù che dona la sua vita per una nuova stagione della storia, egli stesso offre il fuoco dello Spirito, dicendo: «Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi».  La Pasqua di risurrezione ha congiunto il cielo santo di Dio con il fango umano del peccato che, con la grazia del perdono, riluce della luce stessa di Dio.  
Il primo dono del Risorto è stracciare la cambiale del peccato e rimettere l’uomo sulla zattera della vita e farla fluire lungo il fiume della storia umana.
Nella nostra società, in cui sembra imperare il detto: «proibito proibire», è difficile cogliere la malizia del peccato, che ha le sue radici nella gelosia dell’uomo nei confronti di Dio. Peccare significa mettersi al posto di Dio e stabilire con il nostro metro quello che è bene e quello che è male. Dio ha mandato suo Figlio non per far cadere la mannaia della condanna, ma «perché il mondo sia salvato». Gesù salva il mondo con l’energia del suo amore e del suo perdono. «Ricevete lo Spirito Santo» dice il Risorto; e lo Spirito crea questa vita nuova nella quale «tutto ciò che esprime rancore, intolleranza, incomprensione, ostilità e divisione non è Dio».
Lo Spirito Santo, ricevuto come a Nazareth dove Maria l’ha accolto, viene e toglie tutto ciò che non è Dio, svuota tutti gli abissi della nostra presunzione e ci apre nuovi orizzonti, semina i germi della vita autentica come la giustizia, la prudenza, la fortezza, il dono dell’intelletto, che ci permettono di smascherare l’illusione dell’effimero, il fascino delle vanità e soprattutto di coltivare le risposte dell’amore. Stiamo vivendo l’Anno della fede: nel periodo pasquale invochiamo lo Spirito Santo, che come dice l’apostolo San Giovanni «ci svelerà verità occulte e condurrà a perfetta conoscenza».

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