Una conversazione, riscaldata dal calore della nostra preghiera che, con i suoi frammenti di luce, si fa annuncio della bontà misericordiosa di Dio.
E allora, in questo clima di fraternità, saluto le ascoltatrici e gli ascoltatori, e con particolare affetto gli ascoltatori abituali di questa rubrica religiosa.
Non può mancare un saluto cordiale e un benvenuto, davvero sincero, a tutti coloro che in questo momento sono sintonizzati sulle onde di Radio Mater. Un ben trovati a chi ci ascolta per la prima volta, magari un modo casuale, chi viaggia in macchina, tornando dal lavoro dopo un giornata di fatica e di preoccupazioni.
Li invitiamo a non cambiare stazione lo Spirito santo ha un regale da offrire.
Il sorriso compiaciuto di Dio sia su tutti voi.
Come sempre desidero salutare anche i bambini che sono accanto alla nonna o alla mamma; davvero una benedizione particolare per loro che portano nel cuore la carica incontaminata della speranza che ci permette di guardare con fiducia il futuro nostro e dell’umanità.
In questi primi giorni di novembre le nostre comunità parrocchiali ci hanno invitato ad alzare lo sguardo, a squarciare il cielo sopra le nostre teste e a scorgere i frammenti di luce dell’aldilà, così da «Vedere la comunità dei salvati, dei santi, che vivono con il Signore, sentirne la presenza e l’unione spirituale con noi ancora in cammino» su questa terra. E così esprimere il nostro rapporto spirituale con i nostri amati defunti, avvolti in un clima di nostalgia popolata di ricordi e di speranza.
In questi giorni mi risuona nell’anima uno dei Pensieri di Pascal là dove afferma che «L’uomo oltrepassa infinitamente l’uomo stesso, poiché Dio lo ha fatto a sua immagine somiglianza».
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia preghiera.
se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi potrà sussistere?
Ma presso di Te è il perdono:
e avremo il tuo timore.
Io spero nel Signore,
l'anima mia spera nella sua parola.
L'anima mia attende il Signore,
più che le sentinelle l'aurora.
Israele attenda il Signore,
perché presso il Signore è la misericordia
e grande presso di lui la redenzione
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
Il mese di novembre inizia proprio con uno squillo di gioia per il felice traguardo raggiunto dai nostri cari defunti ed è stata la festa di tutti i battezzati e gli uomini e le donne di buona volontà che hanno seminato lungo il cammino della loro vita sulla terra di semi fecondi di bontà e di amore verso Dio e il prossimo.
Ieri la festa di tutti i santi ci ha affascinato perché nei loro volti abbiamo intravisto l’immagine di Dio stampata nella carne umana.
Don Guanella diceva che per i cristiani l’alfabeto inizia con la sillaba “s” ripetuta 3 volte. Perché la “s” è la sillaba iniziale di santità, di scienza e di salute. Queste tre qualità sono le fondamenta di una vita ben riuscita.
Ogni persona porta nel suo animo qualità eccellenti che attendono di essere sviluppate. A tutti è donato il desiderio dell’immortalità. Nella nostra vita ordinaria cammina quella quota di soprannaturale che nessuno anche la persona più malvagia può distruggere.
La commemorazione dei fedeli defunti è l’esaltazione di questa scintilla divina che ci rende partecipi dell’immortalità che ci fa gioire, entusiasmare, perché come ha fatto scrivere don Guanella all’ingresso del cimitero di Pianello Lario quello che i nostri morti sono oggi lo saremo domani anche noi pellegrini nel cammino verso la vita terrena.
Tante volte, ai nostri occhi il mistero dell’immortalità è avvolto da un velo di nebbia, perché non possiamo vedere con i nostri occhi di carme quello che saremo domani: splendide e luminose immagini che raffigurano il volto paterno di Dio che cammina con noi negli atti di bontà e di amore.
Oggi, in particolare, siamo chiamati a navigare nel mare della memoria.
Siamo in cammino nei sentieri del cimitero e scopriamo volti amati che ci rassomigliano per le loro virtù e per i loro peccati, per i sogni e i fallimenti, per gli ideali nobili che hanno elevato la loro vita o il tonfo sordo nella caduta, per la grettezza del loro animo.
In questo cammino nei campi della speranza, che sono i nostri cimiteri, fiorisce sulla labbra una preghiera nata da un sentimento di rassegnazione: «Signore, non ci lamentiamo perché ci hai privato di queste esistenze. Ma ti ringraziamo perché ce le hai donate».
Sant’Agostino ha scritto che «Coloro che ci hanno lasciato non sono degli “assenti”, sono degli “invisibili”: tengono i loro occhi pieni di luce fissi nei nostri occhi pieni di lacrime». E ancora sant’Agostino ha detto: «Non si perdono mai coloro che amiamo, perché possiamo amarli in Colui che non si può perdere».
Molte volte queste verità le professiamo con le labbra, ma sentiamo la mutilazione del loro affetto e della loro presenza.
Più abbiamo amate le persone e più sentiamo il dolore per la loro assenza. Ed è proprio in questo straziante dolore che siamo aiutati a scoprire la nostra dignità di persone con la voglia di vivere eternamente.
Quante volte ci siamo ribellati davanti a un destino di morte prematura. Quante volte sulle nostre labbra è apparso un gigantesco «perché?».
Abbiamo chiesto a Dio spiegazione di queste mutilazioni degli affetti più cari.
A differenza della vita, che molte volte si riveste di una pelle di pietra, dura come una roccia, la Chiesa, con la sua maternità tenera e umana, celebra la liturgia sempre come sorgente di speranza. «Solo nella luce della festa dei santi possiamo vivere con serenità la memoria dei defunti».
San Francesco chiamava la morte “sorella”, don Guanella ha spinto il suo sguardo più lontano e ha chiamato la morte “madre”, affidando a questa madre le realtà ultime della vita il compito di modellare l’intera esistenza.
Diceva Dietrich Bonhoeffer, questa pastore protestante ucciso nei campi di concentramento ad Aushwitz che nella vita sono i passi penultimi ad essere importanti e non gli ultimi. I passi penultimi che sono quelli della vita ordinaria, quotidiana che determinano la direzione verso i passi ultimi in prossimità al confine terreno dell’esistenza, alla dogana dell’eternità.
Il passaporto dovrà essere carico di buone opere: le opere di misericordia corporale e spirituale.
Dio, da subito, non conterà solo il numero delle preghiere o le ore passate in preghiera, ma farà scorrere il tempo passato accanto al prossimo.
Come si dice che certa è la nostra mamma, così è la nostra morte: non possiamo delegare nessuno a sostituirci, dobbiamo essere noi a pagare di persona questo ultimo pedaggio.
Quest’ultima e garantita certezza in questo pellegrinare della vita ci pone di fronte al grande interrogativo del senso della cose che gestiamo.
Noi credenti, parcheggiati sull’abisso del morire, dobbiamo porci davanti a Gesù, interrogarlo per cogliere nel suo messaggio la «buona notizia» sull’abisso del morire.
Su questo baratro angosciate, Gesù ha gettato un ponte e ha preparato «il Sabato» finale della storia umana, quando Dio sarà tutto in tutti e tutti in Dio, un giorno senza tramonto di una perenne festa di Dio con gli uomini e con la natura».
In questa stagione della vita terrena noi viviamo, lavoriamo, gioiamo e soffriamo sulle penultime cose, ma con la fede proiettati sulle ultime.
La morte non è la fine di tutto: con la risurrezione Gesù ha dimostrato che è il proseguimento di una vita nello Spirito iniziata nel giorno del nostro concepimento, una vita che è cresciuta con noi durante gli anni e che continua nella ricerca di Dio anche al di là della morte.
C’è in ciascuno di noi un’immagine di Dio che dev’essere completata, che ancora ha bisogno di crescere, di diventare sempre più trasparente e luminosa, simile alla luce di Dio.
Nelle nostre anime, dunque, c’è un germe immortale, che nel momento della morte raggiunge Dio - l’immortale.
Al momento della morte l’anima dei santi viene subito accolta nella comunione con Dio e da subito godono dell’abbraccio misericordioso di Dio.
Altri fratelli e sorelle, al momento del passaggio sulla riva dell’eternità, non sono ancora pronti ad accogliere in modo completo il dono della luce e della festa perenne. Hanno ancora bisogno di crescere in quel grado di luce che riscalda le fibre raggelate dell’amore negato. Attraverso le nostre preghiere, la celebrazione della messa in suffragio, la comunione con Gesù facciamo sentire ai nostri cari scomparsi il nostro amore e la nostra vicinanza.
La preghiera di suffragio per i nostri cari defunti è un camminare insieme: noi per aiutarli a purificare il loro amore dalle scorie umane e loro per irrobustire le nostre forze, così da amare sempre di più Dio, i fratelli e le sorelle.
O Dio onnipotente ed eterno, Signore dei vivi e dei
morti, pieno di misericordia verso tutte le tue creature,
concedi il perdono e la pace a tutti i nostri fratelli
defunti, perché immersi nella tua beatitudine ti lodino
senza fine. Per Cristo nostro Signore. Amen.