Nella cornice di queste luminose aureole di luce, il nostro è un appuntamento carico di affetto, di stima e di ascolto nell’armonia di suoni che solo l’anima innamorata e ricca di fede sa esperimentare.
Vogliamo questa sera in sintonia di attenzione e di preghiera con tutte le persone di buona volontà, con i nonni, con le coppie di sposi che stanno vivendo un momento di grazia nella fatica quotidiana nel sapere individuare la strada da percorrere per una buona ed efficace educazione per i figli. Desideriamo pregare anche per i fidanzati e le coppie in difficoltà di rapporti.
Noi questa sera vogliamo parlare a «cuore a cuore» con San Giuseppe, il papà terreno di Gesù.
Sogniamo e speriamo che San Giuseppe ci faccia da maestro non tanto per le parole che non ha pronunciato, ma per l’ascolto che ha saputo dare alla volontà di Dio e innesti nella nostra fragile vita quelle parole che gli hanno dato conforto nel dubbio e decisa volontà nell’obbedire a questo annuncio di salvezza.
Abbiamo ripetuto più volte che il silenzio di san Giuseppe non è stato mutismo, un silenzio rassegnato, passivo, ma è un silenzio illuminato da irradiazioni con tante sfaccettature che riflettono colori luminosi, quasi indicazioni di strade da percorrere per camminare nel giusto sentiero della santità, come pienezza di beatitudine evangelica.
Come sempre all’inizio di questo appuntamento radiofonico, voglio esprimere un cordiale saluto a tutti: alle ascoltatrice e agli ascoltatori, a chi ci ascolta in casa o per strada tornando dal lavoro, a chi sta preparando la cena, ma, in particolare modo, a chi è afflitto dalle molte contrarietà, da avversità che sono la salute cagionevole, il disagio interiore della depressione, e, a volte, anche l’insofferenza nei confronti della stessa vita. Vogliamo innestare un soffio di buona volontà nelle difficoltà di rapporto con i condomini, e, ancora di più, il malessere nella vita familiare come rapporto marito e moglie e genitori e figli; là dove si è perso l’abitudine di dire – come spesso suggerisce papa Francesco – di «domandare permesso per fare qualcosa, chiedere scusa, pronunciare un grazie sorridente». Ma anche un saluto con un particolare sorriso a chi è arrabbiato con la stessa vita, per chi ancora non ha trovato un motivo forte e valido per vivere.
Ma c’è un particolare abbraccio per chi nella vita si sente inutile, solo, a chi è senza amici. Vorremmo con questa preghiera essergli accanto con tanto calore amichevole e affetto fraterno.
In questa preghiera, papa Francesco ci aiuta a contemplare nella casa di Nazareth lo splendore dell’amore vero, che per grazia divina sgorga come una sorgente di fiducia e di speranza per il futuro. Contemplare significa immedesimarsi in questa coppia di sposi che si amano, si aiutano, si vogliono bene e progettano il loro futuro sul fondamento della Provvidenza divina.
Tante volte la contemplazione di questa famiglia di Nazareth ci sgomenta per le notevoli distanze che separano la nostra vita dagli ideali sognati e contemplati.
Allora dal nostro disagio nasce un grido di aiuto affinché la santa famiglia di Nazareth ci venga in aiuto e ridoni linfa vitale ai nostri rapporti umani, una rinnovata energia al difficile mestiere del vivere umano.
Quanto vorremmo che i nostri sentimenti fossero conformi ai sentimenti di Giuseppe e di Maria verso la missione che Dio gli aveva assegnato e come vorremmo che la Santa Famiglia di Nazareth, rendesse anche le nostre famiglie luoghi di comunione e cenacoli di preghiera, e autentiche scuole del Vangelo e piccole Chiese domestiche.
preghiera
Gesù, Maria e Giuseppe,
in voi contempliamo
lo splendore dell’amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.
Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole del Vangelo
e piccole Chiese domestiche.
Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.
Santa Famiglia di Nazareth,
ti chiediamo di ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.
Gesù, Maria e Giuseppe,
ascoltate, esaudite la nostra supplica.
Amen.
La famiglia è luogo di santità evangelica, realizzata nelle condizioni più ordinarie.
Vi si respira la memoria delle generazioni e si affondano radici che permettono di andare lontano. È luogo del discernimento, dove ci si educa a riconoscere il disegno di Dio sulla propria vita e ad abbracciarlo con fiducia. È luogo di gratuità, di presenza discreta, fraterna e solidale, che insegna a uscire da se stessi per accogliere l’altro, per perdonare e sentirsi perdonati».
Nel suo viaggio a Nazareth quasi cinquant’anni fa, Paolo VI chiamava la casa di Nazareth una scuola: una scuola dove si imparava i tessere i rapporti con Dio e con gli uomini. Scuola di amore, di preghiera e di reciproca attenzione.
Una Chiesa che è famiglia allargata sul territorio sa porsi nella realtà parrocchiali, nei gruppi ecclesiali con l’amore di padre e di madre che vivono con partecipazione di amore la responsabilità del custode, che protegge senza sostituirsi, che corregge senza umiliare, che educa con l’esempio e la pazienza.
Nella bibbia c’è una domanda permanente: il Padre della vita chiede: dov’è si trova il fratello. È la domanda di Dio a Caino, la quale chiede informazioni sul fratello Abele. Caino si scarica delle responsabilità e dice di non essere il custode del fratello Abele. Il disimpegno di Caino non piace a Dio. Il Creatore consegna ad ogni creatura umana non solo la responsabilità del creato, ma soprattutto delle persone. Noi dobbiamo e possiamo esercitare queste responsabilità partecipando con attenzione agli avvenimenti della cronaca quotidiana con una silenziosa attesa illuminata dalla preghiera aperta alla volontà del Padre.
Non dimentichiamo che la Chiesa è la famiglia di Dio, ma soprattutto, è una famiglia di figli che si riconoscono fratelli e sorelle e hanno come fratello maggiore Gesù, che ha contratto con il Padre e con noi un patto di amore e di eterna custodia della nostra vita. In una famiglia responsabile a nessuno è permesso considerare qualcuno soltanto come un peso, un problema, un costo, una preoccupazione o un rischio: l’altro è essenzialmente un dono, che rimane tale anche quando percorre strade diverse. La diversità è la strada faticosa per una ricchezza sempre maggiore.
La comunità ecclesiale è una casa aperta. La Chiesa, lontana dalla smania di grandezze esteriori, è accogliente nello stile sobrio dei suoi membri e, proprio per questo è un ponte accessibile alla speranza di pace che c’è dentro ogni uomo, compresi quanti — provati dalla vita — hanno il cuore ferito e sofferente.
«Chiesa con la potenza della grazia divina può rischiarare davvero il futuro della notte dell’uomo, additandogli con testimoniata credibilità la meta futura condividendone i passi, proprio perché la Chiesa come comunità di uomini e donne vive l’esperienza di essere incessantemente rigenerata nel cuore misericordioso del Padre».
Dopo la Preghiera a san Giuseppe
Avremo un stacco musicale
San Giuseppe, aiutaci a stare sempre vicino a Gesù,
non solo quando stiamo in chiesa,
ma soprattutto quando stiamo in famiglia,
al lavoro, con gli amici, al bar e tra la gente.
Come tu amasti profondamente Maria,
aiutaci ad amare con passione la nostra famiglia e
tutte le persone che incontriamo per strada;
aiutaci a vedere nel loro volto la fisionomia del tuo figlio Gesù.
Ti chiodiamo che le nostre case assomiglino alla tua casa di Nazareth,
che possiamo vivere sempre in un clima di amore e di serenità,
che nelle nostre case ci sia pane e pace,
frutto di u lavoro onesto e dignitoso.
Che la nostra famiglia sia davvero una chiesa domestica,
dove ci si sente amati e dove si ama.
San Giuseppe accoglici tutti sotto il tuo manto,
ci affidiamo a te che hai vissuto l’ansia del domani,
la precarietà del lavoro e le preoccupazioni quotidiane
di una vita vissuta come dono i noi stessi agli altri.
Aiutaci sempre ad essere di Gesù e con Gesù.
Aiutaci a vivere con gli altri come fratelli e sorelle
che non hanno timore di vivere l’evangelo,
di lasciarci guidare dalla Parola di Gesù.
E quando un giorno nel cielo Gesù
puntando il suo dito misericordioso su ognuno di noi
ci domanderà come Pietro: «Mi ami tu?»,
aiutaci a rispondere: «Tu lo sai Gesù che io ti ho amato e ti amo» nei miei fratelli e sorelle.
San Giuseppe che sei stato maestro di vita umana per Gesù,
aiutaci ad essere suoi veri discepoli.
Giosy Cento Sei grande Dio
Mi piace riprendere la nostra riflessione in quest’ora di spiritualità, nella cornice di questo mese di ottobre con i colori vivaci che rivestono le foglie degli alberi in autunno. La natura, in questa stagione, a prima vista, sembra mostrare un sorriso stanco, invece è la gioia di essere stati capaci di donare vita con i frutti e gioia con i colori. L’autunno è certo un addio alla bella stagione, tuttavia i primi i mesi dell’autunno sono avvolto dai colori della speranza, è un addio, un caloroso saluto carico di attese. È un benevolo e fiducioso arrivederci nella stagione primaverile.
L’autunno, oltre l’offerta dei colori, soprattutto ai nostri anziani, che nella loro gioventù non hanno conosciuto i supermercati. Ai loro tempi la bottega del paese aveva tutto l’indispensabile per la vita, che andava ad aggiungersi alle forti proviste che la madre natura permetteva di ammassare nella dispensa o nei granai. L’autunno offre il vino per la gioia del cuore, riempie i recipienti di olio per il sostegno della salute.
Verrei pensare che fu proprio in autunno quando gli occhi di Giuseppe si fissarono sulla bellezza di Maria e ha iniziato a sognare uno sposalizio con questa giovane fanciulla di Nazareth.
Il documento sinodale sulla famiglia "Amoris Lætitia", pubblicato nei mesi scorsi, mette in risalto la figura di Giuseppe, coinvolgendola non solo perché egli rappresenta lo sposo e il padre, ma anche perché la figura biblica di questo Patriarca è ricca di sempre nuovi suggerimenti, molto attuali.
Un'immagine molto moderna e sempre vicina che può sempre aggiungere qualcosa e dire ancora molto al mondo contemporaneo. In una riflessione Alcuni punti dell'esortazione, infatti esprimono una certa ispirazione "giuseppina".
Vogliamo farci imprestare gli occhi di san Giuseppe come uomo, sposo e padre e guardare Maria. Per questo ci facciamo aiutare da una ipotetica lettera scritta da mons. Tonino Bello a san Giuseppe.
Scrive Tonino Bello: «Dimmi, Giuseppe, quand'è che hai conosciuto Maria? Forse un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio con l'anfora sul capo e con la mano sul fianco, snello come lo stelo di un fiordaliso?
O forse un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di Nazareth conversava in disparte, sotto l'arco della sinagoga? O forse un meriggio d'estate, in un campo di grano, mentre abbassando gli occhi splendidi, per non rivelare il pudore della povertà, si adattava all'umiliante mestiere di spigolatrice?
Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua prima benedizione e tu non lo sapevi? E la notte tu hai intriso il cuscino con lacrime di felicità. Ti scriveva lettere d'amore? Forse sì!
E il sorriso con cui accompagni il cenno degli occhi verso l'armadio delle tinte e delle vernici mi fa capire che in uno di quei barattoli vuoti, che ormai non si aprono più, ne conservi ancora qualcuna! Poi una notte hai preso il coraggio a due mani e sei andato sotto la sua finestra, profumata di basilico e di menta e le hai cantato sommessamente le strofe del Cantico dei Cantici: "Alzati amica mia, mia bella e vieni, perché ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato, e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. Alzati amica mia, mia bella e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave e il tuo viso è leggiadro. E la tua amica, la tua bella si è alzata davvero, è venuta sulla strada, facendoti trasalire, ti ha preso la mano nella sua e mentre il cuore ti scoppiava nel petto, ti ha confidato lì, sotto le stelle, un grande segreto. Solo tu, il sognatore, potevi capirla. Ti ha parlato di Jahvè. Di un angelo del Signore. Di un mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo. Di un progetto più grande dell'universo e più alto del firmamento che vi sovrastava.
Poi ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio e di dimenticarla per sempre.
Fu allora che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti tremando: "Per me, rinuncio volentieri ai miei piani. Voglio condividere i tuoi, Maria, purché mi faccia stare con te".
Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza: era la tua prima benedizione sulla Chiesa nascente».
Da qualche settimana anche la vita sociale ha ripreso il suo cammino ordinario:, i ragazzi hanno ripreso la scuola con negli occhi e nel cuore la gioia e la nostalgia della vacanze.
Se qualcuno vive di nostalgia e di ricordi per la categoria dei nonni, il lavoro non è finito, anzi, a loro è richiesto un supplemento di attività.
Per questo che all’inizio del mese di ottobre, celebrando la festa degli angeli custodi si è celebrato anche al festa dei nonni, questi provvidenziali angeli custodi dei nipoti. I nonni e le nonne sono gli angeli benedetti pronti ad intervenire in ogni.