In quelle cronache la Parola di Dio si è intrecciata con le parole degli uomini e le testimonianze eroiche dei martiri, in prima fila San Pietro e San Paolo. La predicazione di quella Parola ha dato un volto nuovo alle leggi degli imperatori romani. Benedetto XVI ha ricordato che la «rivoluzione cristiana è la più grande mutazione della storia dell’umanità» e Papa Francesco ha aggiunto che nessuna rivoluzione politica o economica ha cambiato il cuore, solo la rivoluzione cristiana ha costruito sulla grazia divina prospettive davvero rivoluzionarie. Nel viaggio di ricognizione del Concilio Vaticano II, madre Cánopi, in questo numero della rivista (a pag. 6) dice che il documento conciliare sulla Parola di Dio è il «frutto maturo», la «perla preziosa» nascosta in tutti i documenti conciliari.
Il pittore Chagall diceva che le parole della Bibbia sono l’alfabeto colorato per disegnare la vita di Dio nella storia dell’uomo. In effetti la Parola di Dio è un filo con il quale noi intessiamo l’arazzo della nostra vita. Dio è sempre una ricerca che affascina, innamora, a volte sconvolge ma sempre fa spuntare sulla superficie del nostro quotidiano un frammento di rivelazione per dare fiato alla nostra fede. Per rendere produttivo il laboratorio dei talenti, per scrivere una vita buona è necessario frequentare la scuola di Gesù. Una scuola fatta di ascolto, riflessione, silenzio e dialogo. Un grande merito del Concilio Vaticano è stato quello di far uscire dall’«esilio» la Parola di Dio.
È stato scritto che noi cattolici avevamo una tale venerazione della Bibbia da custodirla più come una reliquia che una lettera che Dio ha voluto inviare alle persone. Il vescovo assistente nazionale dell’Azione Cattolica, mons. Sigalini, in un convegno ha immaginato una lettera scritta da un fedele che dopo un periodo di lontananza ha ripreso a frequentare la Chiesa perché affascinato dalla Sacra Scrittura. «Questo Dio – scrive questo ipotetico fedele –, che non pensavo esistesse, ho scoperto che parla, che comunica, che dialoga, che si rivolge a me come se fossi suo amico. Mi ha incuriosito, l’ho ascoltato finché ho capito che la sua parola più affascinante era Gesù; una parola definitiva che mi sconvolge, mi attira, a volte mi fa paura, perché è esigente, mi destabilizza, ma ho capito che mi ama alla grande, così come sono [...]. È finito per me l’esilio dalla Parola di Dio. Non voglio solo leggerla, ma ascoltarla. So che c’è e Lui mi parla».
Il vescovo faceva concludere la lettera con l’interrogativo dello scrivente: «c’è qualcuno che mi accompagna?». I collaboratori della nostra rivista con i loro interventi sono già compagni di viaggio per aiutarci ad intessere un dialogo esistenziale con Gesù.