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Martedì, 17 Maggio 2016 13:10

Amore di uno sposo per la sposa

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UN'INVISIBILE BELLEZZA

di Ottavio De Bertolis

Dopo avere premesso che tutta la Scrittura ci parla del Cuore di Cristo, poiché tutta quanta ci rivela chi Lui è, mostrando a tutti noi il suo Cuore attraverso le sue parole ed i suoi gesti, possiamo osservare che alcune pagine ci mettono davanti quasi fisicamente il suo Cuore. Vogliamo proprio incominciare a selezionarne qualcuna, per entrare più in profondità di quello di cui stiamo parlando ormai da qualche tempo in queste pagine. Non possiamo non partire dal cap. 19 del vangelo secondo san Giovanni, dal quale è tratto l’episodio notissimo della “trasfissione”: “uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua” (Gv 19, 34).

Come è noto, qui si innesta tutta la spiritualità del Sacro Cuore: nella storia della Chiesa possiamo dire che tutti i fedeli ne sono rimasti fortemente impressionati, come ci testimoniano innumerevoli immagini di questo episodio e moltissime pagine della mistica di tutti i tempi. Notiamo che non si parla di “cuore”, nel senso fisico del termine: ad esso certamente si allude, ma il testo parla del “fianco” di Cristo, e questo rimanda certamente all’immagine di Adamo, addormentato da Dio nel paradiso terrestre, dal cui fianco nacque Eva: così dal nuovo Adamo, che è Gesù Cristo, addormentato nella morte che era entrata nel genere umano attraverso il primo Adamo, nasce la Chiesa. E’ evidentemente un’immagine sponsale: tra Cristo e la Chiesa c’è lo stesso legame che esisteva tra Adamo ed Eva, tra un uomo e una donna. Cristo è sposo della Chiesa perché dona se stesso per lei, a lei, e le dona il suo corpo: l’Eucaristia è il corpo di Cristo che Lui dona a noi ogni giorno. Vediamo quindi quanti simboli siano nascosti dietro un solo versetto: la sponsalità, il che significa che l’amore di Cristo è quello di uno sposo, e che il suo Cuore si rivela pienamente come un cuore di sposo, innamorato fino alla morte, e l’Eucaristia, il corpo spezzato nella frazione del pane che fa presente sui nostri alteri quel corpo che è stato trafitto e quel sangue che è stato versato. Del resto, il testo dice chiaramente: “subito ne uscì sangue ed acqua”. Al di là di considerazioni mediche sul siero prodottosi durante la Passione che dovette sembrare acqua fuoriuscendo prima del sangue (e che è ben testimoniato dal lino della Sindone in una delle sue immagini più eloquenti), fin dall’antichità i santi Padri videro in queste due parole un riferimento chiaro al Battesimo e all’Eucaristia. Infatti, se l’allusione al sangue eucaristico è evidente, è vero anche che quanti siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte, secondo san Paolo (Rm 6,3). Il Battesimo è un’immersione in quell’acqua viva che sgorga dalla Croce, è come entrare in una tomba di acqua nel quale annega il nostro uomo vecchio e dalla quale riemerge il nostro uomo nuovo, l’uomo rivestito di Gesù Cristo e dei suoi sentimenti. Di qui vediamo come la spiritualità del Cuore di Cristo ci conduce non solo alla scrittura, in quanto nasce da essa, ma anche alla Liturgia: infatti l’esperienza cristiana è “tutta intera”, in modo tale che non si può dividere la preghiera individuale da quella comunitaria, la meditazione dalla celebrazione. Ma vedremo ancora quanti altri simboli siano riassunti, per così dire, in queste brevi parole dell’evangelista.

 

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