Questa consapevolezza è fondamentale; la domando a Dio per me e per tutte le persone di buona volontà. Scriveva un autorevole cercatore di Dio che «nella nostra vita di fede o siamo capaci di sentire Gesù come nostro contemporaneo o è meglio lasciar perdere». La vita, il tempo e la nostra storia personale, infatti, vibrano della presenza di Cristo. Se riesco a fargli spazio nei miei progetti e nelle mie relazioni, Gesù entra nel mio tempo e lo esalta. La sua presenza ha la fragranza di un dono di salvezza, il sapore del perdono, l’energia del coraggio che nascono dalla forza dirompente della risurrezione: la vittoria del bene sul male, della luce sulle tenebre, dell’amore sull’indifferenza. La fede è un esercizio costante di vita che non va mai in ferie.
Nel grigiore dei giorni, può capitare di non avvertire il passaggio del vigore della risurrezione e i giorni assomigliano più a un viaggio verso il Calvario che alla gioia del ritorno della Maddalena nel cuore della città di Gerusalemme. Può succedere che il velo oscuro della sofferenza avvolga il mio tempo. Se non riesco a sentire Gesù che mi cammina accanto, mi devo fermare e chiedermi se davvero amo la vita nella sua concretezza o solo nel sogno. Se afferro il filo della fede e lo faccio risalire alle pagine della Bibbia, trovo che Dio non solo mi ha creato a sua immagine e somiglianza, ma è custode geloso della vita.
Per questo Dio è il primo educatore alla gioia di vivere. In una pagina dell’Antico Testamento è descritta la pedagogia scelta da Dio per la libertà. Il Creatore mi mette sempre davanti a una libera scelta, tra due opzioni: il bene e il male, la vita o la morte (vedi Deuteronomio 30,11-20). Soprattutto nel momento del disagio e della sofferenza la bussola per incamminarsi sulla buona strada è un amore sconfinato alla vita e «la misura di questo amore – diceva san Francesco di Sales – è amare senza misura».
L’amore è il comune denominatore nel rapporto con l’uomo come quello con Dio. Mi piace far riecheggiare quest’espressione del grande pensatore Pascal: «Gli uomini e le cose umane bisogna conoscerli, per amarli; Dio e le cose divine bisogna invece amarli per conoscerli». Un romanziere russo in una corrispondenza chiedeva al suo interlocutore: «Ma tu ami la vita?». Alla risposta affermativa, replicava: «Allora sei a metà del cammino, però amando la vita, amala più della tua logica, solo allora ne capirai il senso». Il senso del vivere è scoprire che mamma e papà sono l’ultimo anello di una secolare catena, partita da Dio e con me, sta camminando verso di Lui; affinché questo mio cammino non si smarrisca nei labirinti del mondo, il sommo Educatore ha mandato nel mondo Gesù come «via, verità e vita», guida infallibile verso il traguardo del nostro tempo: l’eternità.
Varcando la soglia del nuovo anno, avverto come una consegna da parte di Dio alla mia responsabilità di collaborare a superare momenti difficili.