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La morte di Gesù in croce: quinto mistero doloroso

di Ottavio De Bertolis

Qui troviamo tutto. Durante la scansione delle dieci “Ave”, possiamo fare memoria delle parole di Gesù: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. E’ la grande assoluzione che Gesù ha donato a tutto il mondo, quel mondo che pure, quando Egli venne tra i suoi, non lo ha voluto accogliere. Gesù ci mostra il Padre in queste parole, e in particolare ci mostra la Sua giustizia: infatti non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ci ha amato per primo. Ancora, san Paolo afferma che Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza – quella disobbedienza che ci è denunciata e rivelata al tempo stesso dalla legge – per usare a tutti misericordia. Possiamo sentire intimamente come questa misericordia, il perdono di Gesù su noi, avvolge tutti gli uomini, credenti e non credenti, vicini e lontani: anzi, in Cristo tutti noi che eravamo i lontani – lontani cioè da Dio per le nostre colpe – siamo diventati i vicini. Allora, visto che siamo stati perdonati, possiamo perdonare: contemplare il perdono di Gesù su tutti noi, perdono ingiustamente concesso perché nessuno lo aveva meritato, ci aiuta a perdonare a nostra volta, superando ogni divisione e inimicizia.

La foto di copertina della rivista del mese di novembre due mani alzate in atteggiamento di supplica, mi ha spinto a chiedere il perché si tengono le mani giunte quando si prega. È solo un simbolo oppure è un modo di tenere concentrata l’anima sui sentimenti della preghiera stessa?

Rovira Alessio, Castel Madama (RM)

Nell'antichità cristiana si era solito alzare le mani in atteggiamento di offrire o di ricevere. Come vediamo negli affreschi delle catacombe romane, era l'atteggiamento di chi sta in preghiera, e lo si osserva ancora oggi. Le rubriche liturgiche prescrivono che il sacerdote, in alcuni momenti della Messa, preghi a mani alzate.

In seguito è stato introdotto l'uso delle mani giunte. Le mani giunte ricordano il gesto antico di legare le mani ai prigionieri (azione che ancora si oggi si mantiene viva per le spose nelle liturgie orientali). Per questo, chi stava per essere martirizzato, procedeva con le mani giunte e in quei momenti sicuramente pregava.

La «Gaudium et Spes»

di Madre Anna Maria Canopi osb

L’atmosfera del mese di novembre si presta alla meditazione sul tema della morte e della vita eterna, cui la costituzione conciliare Gaudium et Spes – che ci ha accompagnati di mese in mese – dedica esplicitamente un paragrafo. Esso è non a caso collocato subito dopo il tema della libertà, quasi a voler dire: «O uomo, la tua dignità sta nella tua libertà di creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio. Mostrati degno della tua dignità! Usa bene della tua libertà». Quando la si usa bene? Quando, nelle scelte, non ci si limita ad un tornaconto immediato, non ci si ferma a ciò che piace o non piace, a ciò che è comodo o scomodo, secondo criteri e misure ristretti agli interessi individuali e alla vita presente, ma si considera il fine ultimo dell’esistenza e il bene di tutti.

La salita al Calvario: quarto mistero doloroso

di Ottavio De Bertolis

Nessuno di noi sale al Calvario volentieri: questo è certo, e c’è di che raffreddare le nostre emozioni illusorie. Del resto, tutto è scritto nel Vangelo: è il Cireneo uno che aiuta Gesù a portare la croce. Ma chi era questo uomo di Cirene, appunto, una regione, tra l’altro, semi pagana, dove il culto non poteva essere osservato in tutta la sua purezza legale, secondo cioè i precetti di Mosè? Era uno che ritornava dalla campagna, dopo una giornata di duro lavoro; si trovò di fronte una scena abbastanza normale per quei tempi, cioè uno squadrone di polizia che portava al supplizio un poveraccio, accusato di sedizione, dunque di avere cospirato contro il potere di Roma, inviso agli scribi e ai farisei, cioè in fondo alle persone più in vista e verosimilmente più pie di tutto Israele.