Nella Bibbia è frequente incontrare l'immagine della sentinella che veglia sulla città. Il profeta fa chiedere: «Sentinella, a che punto è la notte?». È un ritornello che attraversa anche la nostra vita: quanto tempo manca perché possiamo vedere con trasparenza i frammenti di luce che hanno guidato i passi nell’edificare la civiltà dell’amore?
Ricorre in questi mesi il cinquecentesimo anniversario della morte di uno scrittore di cui tutti abbiamo letto o sentito raccontare: Miguel Cervantes (+1616), autore di Don Chisciotte de la Mancha. Al di là delle fantasiose e stravaganti avventure vissute dal suo personaggio, archetipo universale del cavaliere errante, nel suo raccontare Cervantes ha seminato perle di saggezza come questa: «L’arco non può star sempre teso, né la frugalità umana può resistere senza qualche legittima ricreazione».
A don Guanella sarebbe piaciuto poter chiamare i suoi sacerdoti con questo nome: “Figli del Sacro Cuore”. Desiderava che gli eredi del suo carisma di carità potessero esprimere nella loro attività una tensione di amore a imitazione del cuore di Gesù: «Quel cuore che aveva tanto amato gli uomini». Non fu possibile perché un’altra congregazione recava già questo nome e allora ripiegò su un altro, ugualmente carico di un cordiale amore e chiamò i suoi preti “Servi della Carità”, servi dell’amore misericordioso a imitazione di Gesù.
Mi sto incamminando verso la Pasqua di resurrezione con una parola “martellante” di san Paolo «Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo». A quei patimenti manca solo la mia solidale partecipazione, creare uno spazio, una culla calda di amore per ricevere, come dice il profeta Ezechiele, «un cuore nuovo, respirare un respiro nuovo, abbandonare il cuore di pietra e sentire pulsare un cuore di carne». Nella Pasqua si esegue un trapianto. Con la sua Risurrezione Gesù afferma: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» e sono chiamato a entrare in una realtà nuova.
La liturgia della Chiesa è sempre madre e maestra e ci accompagna nella crescita della fede. Le diverse tappe delle celebrazioni liturgiche rendono contemporanei gli eventi registrati nella storia e rinnovano lo stupore di una presenza. Nella liturgia il passato si fa presente e si riempie di futuro. Per questo possiamo dire che ogni giorno è Natale: il respiro della vita Dio è impreziosito da un farmaco di immortalità.
Con un velo di tristezza constatiamo, purtroppo, che in questi tempi celebriamo un «Natale» in cui non nasce nessuno. L’ultimo scampolo per recuperare stupore la comunità cristiana lo celebra il 2 febbraio con la festa della Presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme. In questo episodio c’è un grande vecchio, custode del passato e ancora capace di stupore. Uno stupore che nasce da una lunga attesa. I secoli avevano atteso quel momento e il vecchio Simeone si fa portavoce dei gemiti dei poveri, custoditi nelle pagine della storia della salvezza. La sua anima sazia di giorni e piena di consolazione chiede il permesso di poter partire dalla terra dopo che i suoi occhi hanno visto il Messia.
Il tempo e lo spazio sono due elementi essenziali alla vita di fede. Il tempo è per la ricerca e lo spazio per il pellegrinare nei sentieri della vita. Anche la «Porta», che in quest’anno siamo invitati a varcare, è il simbolo di un itinerario verso la terra promessa vivificata da un clima di misericordia. Nel tempo della storia umana il lavoro di Dio è di perdonare, di seminare misericordia con amore, perché il tempo è, comunque e sempre, una carezza affettuosa di Dio sul nostro cuore umano. San Giuseppe ha certamente celebrato dei giubilei durante la sua vita terrena e, oggi, ci accompagna con il suo sguardo paterno nel sostenere la fatica del vivere e nell’aiutarci con il suo esempio e la sua intercessione a guarire le ferite della vita. Come stella polare del suo magistero papa Francesco ha scelto il motto «miserando atque eligendo», che potremmo tradurre: «amare sempre con un cuore pieno di misericordia».
Il Natale è la festa più cara al popolo cristiano. Oltre al fatto che Dio decida di entrare a far parte della nostra storia, prendendo una carne come la nostra, il Natale è un vento accarezzevole che muove le nostre vele sul lago della memoria. In questa galleria di ricordi c’è il mondo magico dell’infanzia, dei doni ricevuti e offerti. La nostalgia della famiglia riunita, il dolore di qualche assenza.
Natale è l’appuntamento annuale alla sorgente del fiume della salvezza. Come un fiume Dio è sempre in cammino alla nostra ricerca. Egli viene sempre. Il Dio invisibile diventa visibile e si fa compagno di viaggio nel cammino della vita.
{gspeech}Charles Péguy è il poeta della speranza, che tenta di cogliere la perfetta proiezione di Dio nell’imperfetto dell’umano, recuperando nella vita quotidiana quel Dio che la scienza e la filosofia tentano di «scacciare dalla storia». All’inizio del 1900, ha scritto: «Ci sono lacrime d’amore che dureranno più a lungo delle stelle del cielo, ci sono sguardi di supplica e sguardi di tenerezza carichi di carità che risplenderanno eternamente notte dopo notte».{/gspeech}
Mi piace immaginare il mese di ottobre con i colori vivaci che rivestono le foglie degli alberi in autunno. A prima vista sembrerebbe un sorriso stanco, invece è la gioia di essere stati capaci di donare vita con i frutti e allegria con i colori. L’autunno è un addio, avvolto dai colori della speranza, è un caloroso saluto carico di aspettative. È un arrivederci nella stagione primaverile. L’autunno, oltre l’offerta dei colori, ai nostri anziani, che non conoscevano i supermercati, riempiva la dispensa con i suoi ultimi frutti: c’era il vino per la gioia e c'era l’olio per il sostegno della salute. Da qualche settimana anche la vita sociale ha ripreso il suo cammino ordinario: per i genitori nel dimenticatoio le ferie e per i ragazzi le vacanze una struggente nostalgia. Se qualcuno vive di nostalgia, per la categoria dei nonni il lavoro non è finito, anzi, c’è un supplemento di attività. In una società frenetica, sempre di corsa in tutto, dell’«usa e getta», il ruolo educativo sta soffrendo una crisi preoccupante.
La Chiesa italiana sta vivendo una stagione di accorata riflessione in preparazione al 5° Convegno nazionale alla ricerca di un «Nuovo Umanesimo», un’immersione nel quotidiano per riscoprire nella carne viva della storia i semi di Cristo. L’umanesimo ebbe la sua culla nella città di Firenze, là dove il respiro divino ha ripreso a fiatare con il respiro umano e a scoprire la gioia della dignità come persona, «creata a immagine e somiglianza di Dio». Da qui scoprire che ogni desiderio di bene nasce da un’attrazione divina che desidera condividere la nostra esperienza umana.