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Wednesday, 11 November 2015 13:49

Leggere la vita con occhi puliti dalle lacrime

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Novembre: commemorazione dei fedeli defunti

di don Mario Carrera

{gspeech}Charles Péguy è il poeta della speranza, che tenta di cogliere la perfetta proiezione di Dio nell’imperfetto dell’umano, recuperando nella vita quotidiana quel Dio che la scienza e la filosofia tentano di «scacciare dalla storia». All’inizio del 1900, ha scritto: «Ci sono lacrime d’amore che dureranno più a lungo delle stelle del cielo, ci sono sguardi di supplica e sguardi di tenerezza carichi di carità che risplenderanno eternamente notte dopo notte».{/gspeech}

 Il mese di novembre, dedicato alla visita ai cimiteri, è un mese velato di lacrime sgorgate dagli occhi per la perdita terrena dei nostri congiunti. In questa circostanza vogliamo far memoria delle «lacrime d’amore» versate per le persone amate, parlare del nostro pianto, offrendo parole con il sapore della grazia divina, con il profumo della bontà umana e della saggezza evangelica. Il pianto fa parte del mondo della comunicazione, è il linguaggio di un cuore che trabocca di emozioni sia per le preoccupazioni ma anche per manifestazione di affetto, di tenerezza e di gioia.

Il pianto rende più umani, chi non ha mai pianto è una persona sterile; il mondo delle sue emozioni ha subito un’ischemia paralizzando la sfera dei sentimenti.

Ogni grande anima ha avuto l’esperienza del tepore delle lacrime. Ha pianto Gesù. Certamente avrà pianto san Giuseppe, in tante occasioni, soprattutto quando Dio gli ha sconvolto i piani del suo fidanzamento con Maria e ha dovuto mandare un angelo ad asciugargli le lacrime. Molti personaggi del nuovo Testamento hanno gli occhi bagnati di pianto. Lacrime di pentimento, di guarigione, di amore.

La popolarità di papa Francesco nasce dalla sua capacità di comunicare, oltre che con la parola, con i gesti di una cordiale partecipazione al disagio del vivere. Da un esame dei suoi frequenti interventi è stato scritto che in questi tre anni di pontificato per ben cinquantaquattro volte ha parlato delle lacrime. Si potrebbe dire che le lacrime sono «un’Enciclica silenziosa» di papa Francesco.

Le lacrime del papa «venuto da lontano», intendiamoci, non sono un coro di piagnistei in questa valle di lacrime, ma un invito a imparare il come e il perché si piange per trasformare il tessuto della nostra esistenza in buona testimonianza.

Motivi per piangere, Dio ne ha seminati parecchi nel mistero della vita umana. Il più grande e tremendo interrogativo è il perché Dio permette la sofferenza e il morire dei bambini. Un giorno di fronte a questo radicale interrogativo, papa Francesco ha affermato: «Oggi, ho ascoltato l’unica domanda che non ha risposta». Non gli venivano le parole e l’ha dovuto dire con le lacrime abbracciando creature umane avvolte dalla sofferenza con molteplici ferite della vita. Ha motivato quel silenzio con queste parole: «Solo quando siamo capaci di piangere sulle cose che noi abbiamo vissuto, possiamo capire qualcosa e rispondere qualcosa». La grande domanda «perché i bambini soffrono?» avrà una risposta «solo quando il cuore riesce a porsi la domanda e a piangere come risposta, solo allora possiamo capire qualcosa».

Le lacrime non sono soltanto l’espressione delle nostre facoltà umane, ma è il cuore che s’intenerisce e riesce a dare risposte sconosciute alla mente.

Solo nel sapore delle lacrime pregustiamo il gusto autentico del vivere umano. La Chiesa non è un popolo con il fazzoletto in mano per asciugarsi le lacrime ma dei battezzati pronti a tuffarsi nell’acqua trasparente della misericordia divina. Il cuore compassionevole di Dio è la grammatica per saper leggere il senso del vivere.

Gesù non ha dato risposte teoriche sul dolore e sul morire, ma si è assunto la nostra fragilità e, nel momento in cui è diventato uno di noi, ci ha regalato l’alfabeto divino con cui leggere la vita. Solo quando Gesù condivide il nostro pianto, è compenetrato nei nostri drammi e si fa risposta, ricordandoci quello che ha scritto Antoine de Saint Exupéry nel Il piccolo principe, dove ci ricorda che: «Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».

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