Correva l’anno 1858 e don Bosco, già conosciuto negli ambienti ecclesiastici e politici italiani, era in udienza da Pio IX per presentargli il suo progetto di fondazione di una Congregazione moderna che si dedicasse all’educazione della gioventù. Il papa lo ascoltò a lungo e con molto interesse. Volle sapere come era arrivato a questa decisione e alla fine, dopo aver dato il suo pieno consenso, lo esortò a scrivere quanto gli aveva raccontato.
Non è mai stato difficile professare la propria fede cristiana: lo testimoniano già gli scritti del Nuovo Testamento e le varie epoche della Chiesa. Nessuna meraviglia quindi che lo sia anche oggi in questo nostro «cambiamento d’epoca», come ebbe a definirla papa Francesco nell’incontro con i rappresentanti del quinto convegno nazionale della Chiesa italiana a Firenze il 10 novembre 2015.
Che la storia sia “maestra della vita”, al dire di Cicerone, sono in tanti a dimenticarlo e così periodicamente ci si ritrova a fare i conti con i medesimi errori già compiuti e con le conseguenze da pagare. In questo giorni n cui, in Italia, si dibatte l’annosa questione della lotta all’evasione fiscale, sarebbe bene ricordare l’esperienza del dopoguerra in questo settore. L’evasione era cresciuta, e ognuno si autogiustificava. Però poi lo Stato invertì la marcia, perché diminuendo le imposte ed essendo più sopportabili, i cittadini si sentivano invogliati a impegnare i redditi che prima tenevano occultati, e così si fece strada la mentalità del valore etico del sistema fiscale. Dal 1949 al 1956 il gettito fiscale aumentò del 58%, mentre la spesa pubblica era salito del 48%.
Per comprendere questa preghiera dobbiamo richiamare il Vangelo, e precisamente quando è detto che «lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo» (Lc 1, 35). La parola dell’Angelo a Maria richiama poi la presenza della Gloria di Dio nel santuario costruito nel deserto, a indicare che Maria è il nuovo e vero Santuario, il luogo ove Dio pone la sua tenda in mezzo a noi, del quale l’antico era solo ombra e figura: «allora la nube coprì la tenda del convegno e la Gloria del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube dimorava su di essa e la Gloria del Signore riempiva la dimora» (Es 40, 34-35).
di Ottavio De Bertolis
Tutti Conosciamo le Litanie del Sacro Cuore: approvate da Papa Leone XIII nel 1899, sono un modo semplice e profondo di invocare il Cuore di Gesù, contemplato sotto varie aspetti e in diverse figure. Con oggi, iniziamo a proporre ai nostre lettori qualche riflessione sulle singole litanie, perché più facilmente possano sentire e gustare la profondità delle Scritture ivi racchiusa e in qualche modo concentrata. Iniziamo quindi dalla prima.
Gesù in questa giornata mondiale del malato invita tutti alla sorgente della gioia, infatti, quest’anno, lo slogan è un versetto del Vangelo di Matteo dove Gesù dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi, ed io vi darò ristoro». Come sede della Giornata di quest’anno è stata scelta la città di Calcutta, palcoscenico di un’eroica carità cristiana testimoniata e vissuta da Madre Teresa.
La Sacra Famiglia, giustamente, viene additata come modello delle famiglie migranti. Prototipo delle famiglie perseguitate a causa dell'odio e della violenza. Icona dei rifugiati e degli esiliati. Attualmente il brano evangelico della fuga in Egitto, della permanenza e del ritorno dall'Egitto viene richiamato e attualizzato più che mai nell'epoca contemporanea e dalla comunità ecclesiale odierna.
Stimato Direttore,
invio a lei e ai collaboratori della Pia Unione Transito di san Giuseppe vivissimi auguri. Vi auguro che Dio consolidi l’impegno ed accresca la catena umana di adesione alla Vostra azione apostolica perché il Regno di Dio possa essere accolto e dimorare in ogni cuore.
Caro e stimato Direttore,
la mia devozione a san Giuseppe mi spinge a rendere testimonianza della sua potente intercessione, per una straordinaria conversione di un nostro parente, lontano da tanto tempo dalla pratica religiosa. Mi sono rivolto con molta fiducia a san Giuseppe e, inaspettatamente, questo mio parente ha chiesto il sacerdote. Tutti noi di casa abbiamo ritenuto questo fatto una grazia grande, quasi un miracolo dal modo con cui egli si è riconciliato.
Essere presenti là dove siamo: sembra banale, quasi un ossimoro, eppure oggi bisogna conquistare tale centralità. Dal momento che abbiamo innumerevoli possibilità informative, rischiamo di perdere di vista la posizione in cui gli altri ci vedono. Tenere le radici ben salde potrebbe aiutarci a superare la frammentazione, uno dei peggiori mali contemporanei. Vivere a compartimenti stagni, da una parte il lavoro, dall’altra lo svago, qua i figli, là gli amici, dentro di noi i sogni, fuori di noi quella che Pavese definiva “la rugosa realtà”: credo sia questa la palude in cui stiamo sprofondando.