Santa Teresina di Lisieux diceva che accanto agli ammalati bisogna stare allegri.
Forse in questo momento non abbiamo ancora questa possibilità, tuttavia chi è uscito dal ricovero ospedaliero a causa della pandemia ci accarezza l’anima di buonumore. Questo desiderio di allegrezza ci viene appagato dalla testimonianza di due vescovi che in queste settimane hanno lasciato il “lager” del coronavirus che li aveva portati a bussare alla porta dell’aldilà.
Milizie e guerriglia imperversano in Ciad, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Mozambico. Armi e violenza non danno pace a popoli impoveriti. Le voci dei missionari italiani raccolte da Missio.
“Finalmente sembra che siamo in una fase di ripresa. Abbiamo riaperto le chiese e adesso dovremo impegnarci tutti quanti, e tutti insieme, per riprendere le nostre attività e i nostri spazi pastorali”.
In diretta mondiovisione sabato 30 maggio alle 17.30 dalla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani si eleverà, ad una voce con il Pontefice, la preghiera alla Vergine per chiedere aiuto e soccorso nella pandemia. Invitati a partecipare tutti i Santuari del mondo.
Nei momenti difficili, quando stiamo male, la cosa più normale è andare dalla mamma, chiedere il suo aiuto. Succede da bambini, da adulti e anche nella preghiera. Non a caso quando scompare una persona cara si recita il Rosario e l'Ave Maria la impariamo sin da piccolissimi. Naturale allora che nei giorni segnati da un virus terribile, i vescovi abbiano deciso di "affidare" l'Italia alla Madre celeste.
Ma che cosa succederà nelle carceri italiane? Tutto resterà come adesso o cambierà qualcosa? E in che direzione? La pandemia ha portato a rigide limitazioni dietro le sbarre: vietati i colloqui con i familiari, volontari costretti a rimanere fuori, misure di distanziamento fisico (quasi impossibili nelle celle), niente corsi né laboratori con l’apporto di personale esterno. I detenuti sono troppo vicini, a causa del sovraffollamento, e quindi sempre più a rischio contagio (anche se con la mascherina).