Siamo ancora in emergenza Coronavirus. La pandemia dichiarata dall’Oms sembra non lasciare intatto nessun angolo del pianeta. I governi nazionali alzano la voce nelle sedi opportune per avere aiuti, a volte si sono diffusi falsi allarmismi, e qualcuno ha sminuito eccessivamente la pericolosità, alcuni sono scappati dal Nord, il Sud si è visto infettato e noi siamo stati tutti a casa (più o meno, ovviamente, in base ai lavori che si svolgono). I social sono impazziti, sono girati migliaia di video, barzellette, vignette. Chiaramente non si è parlato di altro. C’è chi ha usato la parola guerra, e chi si è definito sopravvissuto… Forse si sono usati termini in modo poco appropriato.
Dopo la morte, dice l’evangelo, «Pilato comandò che il corpo fosse rilasciato» ai parenti e alla donne che avevano assistito all’agonia.
Giuseppe d’Arimatea fu allertato e mise a disposizione il suo sepolcro nuovo. La morte, che aveva inghiottito quel corpo, immediatamente lo rese sacro. In vita quel corpo era stato martoriato, flagellato, crocifisso, ora quello stesso corpo ha diritto ad una sepoltura dignitosa.
Questo il titolo del Messaggio dei Vescovi per la 42° Giornata per la Vita, prossimo 2 febbraio 2020. «Osiamo sperare che la Giornata per la vita divenga sempre più un’occasione per spalancare le porte a nuove forme di fraternità solidale», queste le parole del direttore Fr. Marco Vianelli con cui invita gli Uffici diocesani di pastorale familiare, le diocesi e le Associazioni ad animare la Giornata 2020.
Papa Francesco, incontrando i partecipanti all’incontro del Segretariato per la giustizia sociale e l’ecologia appartenenti alla Compagnia di Gesù, ha iniziato il suo discorso partendo dalla povertà della capanna di Betlemme: «Ogni anno la liturgia ci invita a contemplare Dio nel candore di un bambino escluso, che veniva tra la sua gente, ma non fu accolto». Questa contemplazione attiva di Dio, del Dio escluso, ci aiuta a scoprire la bellezza di ogni persona emarginata.