Francesco dedica una Lettera al ricordo di santa Francesca Cabrini, pura padana, lombarda al 100% e nientemeno che protettrice degli immigrati anche da noi. Eccola: Francesca Saverio Cabrini, lombarda di Sant’Angelo Lodigiano, nata nel 1850, ultima di tredici figli di un piccolo agricoltore, Agostino, che tutti chiamavano “il cristianone”, per caso parente di un altro Agostino, De Pretis, che poi fu il primo presidente del Consiglio della Sinistra più anticlericale del secolo. La ragazza viene su vivace ed intelligente, studia sodo e mostra interesse ai racconti di viaggi.
L’amore e la cura per gli anziani, la venerazione per i genitori, una famiglia contadina dell’alto Mugello. L’attenzione per i poveri e per gli emarginati condivisa con La Pira, un impegno missionario senza confini. C’è molto del carisma guanelliano nella figura del card. Silvano Piovanelli, così come ci viene riproposta a pochi mesi dalla morte (9 luglio) nell’ultima intervista, contestualizzata nella biografia “Il parroco cardinale”, scritta da Marcello Mancini e Giovanni Pallanti per le Edizioni San Paolo con la prefazione del segretario mons. Luigi Innocenti. Che racconta cosa gli bisbigliò all’orecchio Papa Francesco il 21 febbraio 2014, giorno in cui aveva invitato Piovanelli per il suo novantesimo compleanno a concelebrare la Messa in Santa Marta: «Sei un uomo fortunato.
La vocazione sacerdotale e il suo essere prete per Bacciarini costituiscono la sorgente di tutta la sua ascesi spirituale. Il sacerdozio per Bacciarini fu l’unica ragione della vita: era conquistato dalla dimensione del servizio a Cristo a favore di un'umanità da salvare. L'Eucaristia, celebrata e consumata, per don Aurelio era la sintesi non solo dei misteri della vita di Cristo, ma era il suo modo di condividere l'esperienza di Gesù a Betlemme, sul monte Tabor, nel Cenacolo, al Getsemani, sul Golgota e nella tomba vuota del sepolcro visitato da Maria Maddalena al mattino di Pasqua.
La stagione pastorale di mons. Bacciarini fu assai complessa. Sulla Confederazione elvetica soffiava il vento gelido della dimenticanza di Dio, l’avversione manifesta nei confronti della Chiesa. Nei primi anni del 1900, la Svizzera era diventata il rifugio di molte teste calde. Alcuni protagonisti della rivoluzione sovietica avevano soggiornato in Svizzera. Nella diocesi di Lugano, alle pendici del «Monte della verità», si era instaurata una comunità di nudisti. Un mondo di falsi idoli stava minando il patrimonio di fede costruito da una secolare tradizione con una figura emergente come il santo laico eremita Nicola di Flüe.
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Quando la vita si allunga nella cornice dei secoli anche gli anniversari si moltiplicano e le date significative di una famiglia diventano più numerose e costituiscono un invito a fermarsi per lodare Dio e cogliere nell’anima dell’avvenimento commemorato un raggio di luminosa speranza per il futuro.