Morta ad Annecy nel 1690, Santa Margherita Maria Alacoque fu beatificata quasi due secoli dopo nel 1864 e canonizzata nel 1920, tanto da far dire ai promotori del processo di beatificazione che: “ci vogliono più formalità per far dichiarare un Santo, che per farsi santi”. La ragione di tanto ritardo sta nell' opposizione alla devozione al Sacro Cuore da parte dei giansenisti e di qualche gruppo cattolico. Ancora oggi la “grande promessa” rivelatale da Gesù non riscuote simpatia da parte di alcuni: “Ti prometto, nell'eccessiva misericordia del mio Cuore, che a coloro che si accosteranno alla sacra mensa per nove mesi consecutivi, ogni primo venerdì del mese, l'onnipotente amore del mio Cuore concederà il dono della penitenza finale: non moriranno in stato di peccato, né senza ricevere i santi sacramenti e il mio Cuore in quegli ultimi istanti sarà per loro sicuro asilo”.
La storia della sua conversione è stata narrata in un volume da lui stesso tradotto in francese “Journal d’un converti” (Parigi 1921), che va dal 1907 al 1911, quando il 24 febbraio, nella chiesa di San Medardo a Parigi riceve insieme con suo figlio il battesimo, prendendo egli il nome di Pieter Mathias e il ragazzo quello di Pieter Léon. Padrini sono due convertiti, Léon Bloy e Jacques Maritain.
La storia della sua conversione è stata narrata in un volume da lui stesso tradotto in francese “Journal d’un converti” (Parigi 1921), che va dal 1907 al 1911, quando il 24 febbraio, nella chiesa di San Medardo a Parigi riceve insieme con suo figlio il battesimo, prendendo egli il nome di Pieter Mathias e il ragazzo quello di Pieter Léon. Padrini sono due convertiti, Léon Bloy e Jacques Maritain.
Poche righe: la stampa di quel luglio 1902 riportava sommessamente la notizia dell’uccisione della giovane dodicenne Maria Goretti, avvenuta il giorno prima alla Conca di Nettuno. Solo il quotidiano romano “Il Messaggero” dedicava al ”brutale assassinio” un’intera colonna, sottolineando l’eroismo della giovane che aveva saputo resistere alle oscene proposte del ventenne Alessandro Serenelli. Anche la stampa cattolica mostrò atteggiamenti di riserbo, quando ancora nel 1939 il processo canonico stentava ad andare avanti perché “si tratta di un fattaccio così sconcio che non si ha il coraggio di mandarne la protagonista sugli altari”. Cose d’altri tempi: a noi oggi, abituati a ben altra cronaca, il sacrificio di questa giovane riporta agli Atti delle prime martiri dell’epoca cristiana.
E' notte fonda e Luigi dorme un sonno agitato: non solo le tenebre esteriori lo circondano, ma anche nel suo animo viveva l’amarezza di chi si sente tradito nei suoi ideali. Diciotto giovani, che avevano condiviso la sua scelta di servire gli ammalati con passione, erano stati respinti dall’Ospedale Santo Spirito a Roma, nonostante ne avessero pieno titolo. Li aveva mandati perché fossero infermieri animati da vera compassione verso gli ammalati, e non semplicemente mercenari, ma a non volerli erano stati i Cappuccini, cappellani in quel nosocomio, che preferivano privilegiare i loro terziari. Però un sogno e una voce lo rincuorano: “Luigi, non rattristarti” gli dicono Gesù e Maria apparendogli.
La sorella Rosangela, giornalista e scrittrice, è oggi l’unica superstite della famiglia Rastelli, in seno alla quale a Pescara il 25 giugno 1933 ha visto la luce Giancarlo.
Riferendosi a Giuseppe Lazzati, il cardinale Dionigi Tettamanzi riteneva che nella situazione odierna la Chiesa e la società avessero bisogno “di lasciarsi interpellare dalla sua testimonianza e riflettere sull’esempio che un fedele laico come lui è stato e ha voluto essere”.
Chi lo ha conosciuto lo descrive signorile nel tratto, senza però che le persone semplici provassero soggezione o titubanza nel trattare con lui. Il senso dell’amicizia lo rendeva attento ai bisogni altrui, così da rendersi anche presente agli avvenimenti lieti o tristi di quanti conosceva: cose, se si vuole, semplici e quotidiane, come una telefonata, un biglietto di auguri, il parlare “meneghino” nel dialogo con qualcuno che si esprimeva meglio in dialetto. Viveva quanto afferma la recente enciclica di papa Francesco sulla fede: “Il credente non è arrogante, al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi è essa che ci abbraccia e ci possiede”.