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Venerdì, 01 Giugno 2012 13:21

Maria, prendo te come mia sposa

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di Gabriele Cantaluppi

«Tra poco Nazareth si addormenta sotto la luna, la cena è pronta, cena di povera gente: l’acqua della fonte, il pane di giornata e il vino di Engaddi… e poi c’è Maria che ti aspetta, o Giuseppe. Ti prego: quando entri da lei, sfiorala con un bacio, falle una carezza, pure per me, e dille che anch’io le voglio bene, da morire. Buona notte, Giuseppe». Con queste delicate parole don Tonino Bello, il compianto vescovo di Molfetta, ritrae una scena verosimile della vita quotidiana della Santa Famiglia.

L’unione di amore di Giuseppe e di Maria è l’immagine di quella perfetta, che Dio aveva progettato da tutta l’eternità, per realizzarla quando i tempi sarebbero stati compiuti: l’unione del suo Figlio con l’umanità e che è stata inaugurata nel seno della Vergine, dove il Verbo si unì alla nostra debole carne umana. Come si sono conosciuti Maria e Giuseppe? In un piccolo borgo come era Nazaret ci si conosceva un po’ tutti e fra Giuseppe e Maria, che si fidanzano, nasce l’amore umano, il più grande amore umano che sia mai sbocciato su questa terra. Lo slancio, che guida il loro incontrarsi, non è diverso da quello che porta a Dio. Giuseppe e Maria si amano dell’amore più perfetto che si possa immaginare, ma non è meno totalmente umano, vivendo nella loro unione tutta la gamma dei sentimenti che compongono l’amore dell’uomo per la donna l’un l’altro. Nella vita umile e quotidiana di Nazaret, Gesù riceve l’amore che sgorga da Maria e Giuseppe e i suoi genitori beneficiano così tutti e due della sua presenza vivente e operosa.
Giuseppe e Maria hanno un posto particolare nel pensiero e nell’opera di Dio. Essi accolgono il suo progetto: quello di essere genitori terreni del Figlio di Dio, la seconda Persona della Trinità, il Salvatore del mondo! La verginità di Maria sta a significare che la salvezza del mondo è dovuta all’iniziativa di Dio solo e che è opera sua, ma deve essere compresa bene: se essenzialmente è rinuncia all’unione carnale e alla trasmissione della vita, non è necessariamente rinuncia all’amore di un uomo. Il suo matrimonio con Giuseppe è un vero matrimonio.  Agli occhi degli evangelisti non c’è ombra di dubbio sulla realtà del matrimonio di Giuseppe e di Maria.
Vero matrimonio
Per san Tommaso d’Aquino e tutta la teologia dietro di lui, è il consenso che fonda il matrimonio, cioè la volontà degli sposi di donarsi reciprocamente in maniera totale e definitiva. Giuseppe è il santo del silenzio amoroso e operoso: ama Maria e ama Gesù e li serve silenziosamente e diligentemente, tanto che il vangelo non registra neppure una sua parola. Ma il silenzio amoroso è molto, molto profondo.
Nella preghiera di Leone XIII “A te, o beato Giuseppe“, il matrimonio di Maria e Giuseppe è definito “sacro vincolo di carità”, espressione non comune, ma teologicamente esatta, di un legame, la cui natura è costantemente collocata da sant’Agostino e da san Tommaso ‘nell’indivisibile unione degli animi’, nell’‘unione dei cuori’, nel ‘consenso’, elementi che in quel matrimonio si sono manifestati in modo esemplare”. S. Agostino ribadisce il principio che il matrimonio non consiste principalmente nell’unione dei corpi, ma nei volontari affetti degli animi e che, quindi, a buon diritto la S. Scrittura chiama Giuseppe con il titolo di sposo di Maria.
San Bernardo di Chiaravalle scrive che “come l’apostolo Tommaso, dubitando e palpando le piaghe di Cristo, divenne un testimone convinto della sua risurrezione, così Giuseppe, prendendo Maria come sposa e assistendola con uno zelo geloso nel tempo in cui l’ebbe in custodia, divenne il garante più sicuro e fedele della persona di Gesù e di Maria”.
L’inno dell’Ora Terza della liturgia ambrosiana collega l’affidamento di Giovanni a Maria alla verità del suo matrimonio con Giuseppe. Giovanni è l’apostolo vergine, come lo era Giuseppe, e come lui ha il compito di custodire l’integrità della Madre di Dio.
Nel dipinto riportato dal nostro calendario, Pietro Ivaldi mette san Giuseppe al centro della scena con Maria, rappresentandolo come un bell’uomo, alto e dignitoso, vero capo della Sacra Famiglia, quasi a indicare la sacralità dell’atto matrimoniale che sta compiendo.

Fu sacramento?
Il matrimonio tra la Madonna e san Giuseppe non era sacramento nel senso preciso dei nostri sette sacramenti. Gesù infatti ancora non era nato e pertanto il sacramento del matrimonio non era ancora stato istituito. Ma se prendiamo la parola sacramento in senso largo (e cioè come segno che rimanda a una realtà sacra), allora anche quello tra la Madonna e san Giuseppe lo è stato.
Leone XIII nell’enciclica sul matrimonio  “Arcanum divinae”, del 10 febbraio 1880, scrive: “Avendo il matrimonio per suo autore Dio, ed essendo stato fin da principio quasi una figura dell’Incarnazione del Verbo di Dio, perciò si trova in esso un non so che di sacro e religioso, non aggiunto, ma originario, non ricevuto dagli uomini, ma impresso dalla natura. Per questo Innocenzo III e Onorio III nostri predecessori, poterono affermare che ‘il sacramento del matrimonio esiste presso i fedeli e gli infedeli’”.
Tuttavia, siccome la grazia non è legata ai sacramenti e Dio può comunicarla anche attraverso altre strade, dobbiamo pensare che tra tutti i matrimoni quello tra la Madonna e San Giuseppe è stato il più ricco di grazia, a motivo anzitutto della santità eccezionale degli Sposi.

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