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Giovedì, 12 Luglio 2012 09:31

Adolescenza e gioventù: stagioni "malate"?

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di Angelo Sceppacerca

I giovani e gli adulti

L’adolescenza è l’età della contraddizione. Se si vuol capire l’adolescente, bisogna tenere presente che se chiede “A”, dentro, implicita, c’è anche la richiesta “B”. Per educare un adolescente bisogna rispondere ad entrambe le richieste, soprattutto alla seconda, quella non espressa. Un esempio. L’adolescente si pone in un atteggiamento di autonomia. Ma nell’adolescente è forte anche il bisogno di dipendenza. L’adolescente va accompagnato, quindi, non solo nella sua richiesta di autonomia, ma anche con un accompagnamento autorevole.

Un adolescente vuol sentirsi dire “sì”, ma ama anche la fermezza del “no”. Da una recente inchiesta risulta che i ragazzi apprezzano più i papà severi, rispetto a quelli permissivi, perché c’è un bisogno di autorità, perché dove manca un punto di riferimento, lì si sviluppa una insicurezza, una ansietà. Nei giovani c’è una insicurezza pervasiva e profonda, anche se mascherata e non ammessa. Non meraviglia questa mancanza di sicurezza nei giovani, perché mancano le regole. Quando i punti di riferimento si fanno vaghi, dentro si sviluppa un senso di difficoltà profondo, latente, ma che appare, ad esempio, nell’incapacità di fare scelte stabili.
Purtroppo ci troviamo di fronte a intere generazioni che devono attraversare il “fiume” dell’adolescenza, viscido e pericoloso, senza un adeguato accompagnamento, senza un fiancheggiamento. Anche la comunità ecclesiale, spesso “molla” questi ragazzi. La famiglia si sente inadeguata e ricorre alla delega e i ragazzi vivono “affidati a se stessi”. Ed è un guaio.
Fare la diagnosi delle patologie che aggrediscono il mondo dei giovani – e di riflesso quello degli adulti che si sentono inadeguati nei loro confronti – significa fare un discorso duro, che può rischiare la contestazione. Eppure questa chiarezza, che è anche dura, spesso trova una inaspettata accoglienza proprio da parte dei giovani: “Siamo contenti che qualcuno ci parli chiaro, perché l’evidenziare situazioni di insufficienza è in vista soprattutto di una proposta costruttiva”. Bisogna inoltre ricordare che i giovani vivono una ambivalenza: su ogni tratto della loro condizione ci può essere un risvolto al tempo stesso positivo e negativo. Per questo non sono mai ammessi giudizi definitivi.
Secondo un educatore che ha lavorato decenni con migliaia di giovani: «Una patologia dell’anima tocca il mondo giovanile. Questa patologia si manifesta in dieci sintomi principali, riscontrabili nel malessere che colpisce il mondo giovanile odierno. Vertigini di fronte ai tempi totali. Di qui una marcata allergia al “per sempre” e la difficoltà a fare scelte definitive e radicali. Narcisismo radicato, che genera un’attenzione amplificata su di sé e la tendenza all’auto affermazione a tutti i costi. Di qui la pretesa del “tutto e subito”, con uno scarto negativo tra l’esigere, attestato su coefficienti molto alti, e il dare, generalmente modesto e fatto pesare. è un malessere che si può definire “lagnosi”. Non è difficile costatare frequenti casi di “scoliosi relazionale”, dovuta al continuo ripiegamento su di sé. Alcuni giovani sono letteralmente ricurvi su di sé e incapaci di relazione con l’altro. Spiccato rigetto del sacrificio e bassa soglia di tolleranza alla sofferenza. Quando la vita inevitabilmente somministra difficoltà, non si è in grado di reggere la frustrazione. La sofferenza è avvertita sempre e comunque come un attentato al proprio diritto alla felicità. Diventa facile pertanto contrarre la sindrome dell’incompreso. Il “complesso dell’abbandonico” è l’atteggiamento di chi ritiene di essere stato gravemente penalizzato dall’esistenza, per cui globalmente le cose sono andate sempre male, il che legittimerebbe la richiesta di riscatto. Culto del divertimento e facilità a contrarre la nevrosi dell’effimero.
Labilità affettiva. Sintomo caratterizzato da grandi erogazioni emotive, ma di breve durata. L’umoralità prevalente sembra a corrente alternata, con forti oscillazioni fra esaltazione e scoraggiamento, entusiasmo e abbattimento.
Pensiero debole. Circoscritto a questioni di portata modesta e condizionato dalla ricerca dell’interesse e del profitto individuali. I ragazzi mostrano soprattutto un pensiero frammentato, che collega attraverso percorsi emotivi e riferiti a sé, più che attraverso percorsi razionali.
Etica solipsistica e relativizzata. In particolare, radicato offuscamento del significato della sessualità. Indebolimento della memoria, ritenendo la lezione del passato poco significativa per affrontare il presente e progettare il futuro. L’esperienza di chi è nato prima viene facilmente estromessa perché considerata “moneta fuori corso” e “medicina ormai scaduta”. Il passato diventa, così, un tempo esiliato. E quando non si ha un passato, non si riesce a intravedere un futuro, rimanendo impantanati nel presente. Un senso del sacro che subisce il fascino del prodigioso, dell’inedito e dell’alternativo, dell’occulto. Come pure appartenenza solo parziale e condizionata alla vita e alla missione della Chiesa. è la “religione dello scenario”. C’è sì una ricerca del sacro, ma certamente non legata all’aspetto dottrinale e ancor meno a quello salvifico e sacramentale. Da qui l’attrazione esercitata dall’esoterismo, dall’occultismo, dalla magia; da ciò che va oltre i confini della religiosità ufficiale».
Nei giovani ci sono, ovviamente, anche fattori positivi: anima aperta alla ricerca religiosa, attenzione moltiplicata ai valori della persona, sete di autentica libertà, apertura incondizionata al dialogo, centralità assegnata all’amicizia, importanza attribuita alla solidarietà e alla giustizia, bisogno di trasparenza e di autenticità, impegno per la pace, sensibilità per i temi della mondialità, nuova considerazione della dignità e della missione della donna, sano apprezzamento del valore della corporeità.

Read 1217 times Last modified on Mercoledì, 05 Febbraio 2014 15:22

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