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Venerdì, 01 Giugno 2012 13:02

Giovani per un mondo migliore

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I giovani e l'impegno civile e sociale

di Angelo Sceppacerca

«Si può pensare legittimamente che il futuro dell’umanità
sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza» (Gaudium et spes, n. 31).

Fa parte essenziale della fede avvertire la responsabilità nei confronti della città dell’uomo, dalla sua edificazione al suo futuro. Per questo i giovani che fanno un’esperienza di fede avvertono un’apertura a tutto campo nei confronti degli altri, del mondo, di Dio. Il nuovo mondo si costruisce così, a partire dalla propria persona; nessun rinnovamento è possibile sul piano storico e sociale se non è preceduto, sostenuto e motivato dalla conversione del cuore.

Esattamente il contrario di quanto accade oggi. Viviamo giorni feriti da un diffuso ripiegamento nel privato e dominati dall’individualismo. Il futuro per sostenersi di speranza vera ha bisogno di protagonisti capaci e convinti della civiltà dell’amore. È dei giovani amare la vita, viverla con passione ed entusiasmo, ma anche restarne travolti, sconfitti da esperienze negative, delusi e scoraggiati. Più che in passato, forse, occorrono figure esemplari, testimoni, modelli di vita buona, cristiani sani. Per il futuro del mondo non c’è posto per ideologie e violenza, corruzione e smania di potere.
Quali giovani oggi? In Spagna li chiamano generación nini. Concetto che riassume la condizione di un ragazzo adulto che non studia, non lavora e vive con i genitori. In Francia li chiamano Tanguy, dall'omonimo film uscito nel 2001, che narra la storia di un giovane che a 28 anni vive ancora con i genitori. O adulescent, dalla contrazione di adulte e adolescence. In Germania li chiamano nesthocker - uccello che resta nel nido. In Polonia li definiscono na arnuszku rodzcowi - nelle tasche dei genitori.
Lo scrittore-poeta Rudyard Kipling (Il libro della giungla, Capitani coraggiosi…), così scriveva al figlio (vale per ogni figlio): “Se riesci a mantenere il controllo quando tutti intorno a te perdono la testa e dicono che è colpa tua. Se sai aspettare senza stancarti dell'attesa, non farti ingannare e tenerti lontano dalle bugie, non farti odiare e non lasciarti trascinare dall'odio. Se riesci a sognare… e a non fare del sogno il tuo padrone. Se riesci a pensare… e a non fare delle parole la tua meta.
Se puoi incontrare il Trionfo e il Disastro e trattare questi due impostori esattamente allo stesso modo. Se riesci a mettere insieme tutte le tue vittorie e rischiarle in un colpo azzardato, e perdere, e ricominciare daccapo senza mai accennare alle tue sconfitte. Se riesci a dar forza al tuo cuore, ai tuoi nervi e alla tua tenacia quando, dopo che gli altri hanno rinunciato, tocca a te, e tieni duro quando non ti è rimasto nient'altro. Se riesci a parlare alle folle e a mantenere la tua onestà o a passeggiare con i Re senza perdere la tua semplicità. Se riesci a riempire l'inesorabile minuto con una corsa di sessanta secondi, tua è la Terra e tutto quello che esiste. E - ancor più- tu sei un uomo, figlio mio!”
I giovani cristiani, rispetto ai non credenti hanno motivi più forti per impegnarsi nelle attività temporali, per orientare a Dio tutte le realtà terrene.  A ragione un cristiano potrebbe dire ai non credenti insieme a Theilard de Chardin: “Voi volete raggiungere la libertà! Plus et ego (Io di più)… Voi volete l’uguaglianza tra gli uomini! Plus et ego… Voi aspirate al progresso, perché l’umanità sia riconciliata con se stessa e con la natura e possa vivere in pace! Plus et ego… Voi ammirate il corpo umano e volete renderlo più sano e armonioso! Plus et ego”.
I giovani che credono possibile un mondo migliore devono sentirsi un po’ come il profeta Geremia (“Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto; prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”), chiamato da Dio alla vita e alla missione. Prima che esistessimo, da sempre, Dio ci ha pensati, amati, scelti, destinati ad essere suoi figli, cooperatori per la salvezza di tutti gli uomini e per la costruzione del mondo nuovo.
Tutto questo i giovani non lo saranno e non potranno realizzarlo se non inseriti in una famiglia credente, perché è essa la principale via di trasmissione della fede. Nei primi secoli il Vangelo passava in modo spontaneo da persona a persona, dalla moglie al marito e viceversa; dai genitori ai figli e viceversa; dallo schiavo al padrone e viceversa. Si diffondeva di casa in casa, da ambiente ad ambiente, da città a città, malgrado le persecuzioni. Anche oggi è questo l’apostolato più capillare, più efficace e persuasivo. Molte famiglie evangelizzano nella propria casa, nel loro ambiente, nella parrocchia. Giovani e famiglia: un’alleanza formidabile per un mondo migliore. Questo non è moralismo, ma medicina per sopravvivere, per comprendere che cosa significa essere giovani nel Paese più vecchio del mondo. Per evitare che i giovani siano davanti alle play station e i genitori ai lavori domestici; i giovani nei gruppi, nelle piazze e nelle notti e i genitori a casa ad aspettare con il cuore in gola.

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