chiedo aiuto alle parole di Benedetto XVI, il quale diceva che «all’inizio del nostro essere cristiani non c’è stata una decisione di tipo etico, morale o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva». In una società liquida, nutrita nei suoi fragili ideali con polvere di stelle è più faticoso di ieri poter camminare in compagnia del Risorto, seguire con perseveranza le sue orme e godere la gioia di quest’amicizia.
Papa Francesco nella sua enciclica Evangelii gaudium ha individuato la sorgente della gioia nel Gesù risorto da morte. «Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce quest’amore infinito e incrollabile. Gesù risorto ci permette di alzare la testa e ricominciare (a camminare nella vita) con una tenerezza che mai ci delude». E poi ammonisce: «Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada». Nel giorno della Risurrezione, accanto alla gioia sponsale che la Maddalena gode per aver ritrovato il «maestro» della sua vita, l’evangelo narra anche di altri personaggi con il cuore deluso e amareggiato nel vedere franare una gigantesca speranza che con tanta passione avevano coltivato: sono i discepoli in cammino verso Emmaus e l’apostolo Tommaso. In quei tre personaggi c’era il prologo del materialismo: «Se non vedo con i miei occhi, non credo neanche alle parole degli amici». Nella vita ci sono passaggi nelle zone ombrose, a volte di buio pesto, importante è non lasciarsi imprigionare dal disagio. Troppe volte, abbiamo costatato che le zone d’ombra di ieri sono diventate sorgenti di luce per l’oggi.
Il papa, san Gregorio Magno, confidava: «Mi è stato assai più utile il lungo dubbio di Tommaso che la fede immediata della Maddalena» che, subito, chiamata per nome dal Risorto ha riconosciuto la voce del Maestro.
Attraversata la zona d’ombra dello smarrimento nell’osservare il sepolcro vuoto, Maddalena approda alla sponda della fede e Gesù risorto la invia ad annunciare una formidabile notizia: Gesù ha vinto la morte. La Chiesa nella sua sapiente saggezza e tenerezza di madre, nella messa vespertina della Pasqua, fa proclamare l’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus che in quel tramonto primaverile si allontanavano da Gerusalemme con l’animo deluso. Avevano sperato tanto in Gesù, ma la loro speranza si era afflosciata e il loro discorrere era velato dal rammarico e dalla delusione. «Noi speravamo, ma…». Quei discepoli, i loro dubbi, le loro delusioni rappresentano il popolo di Dio in cammino nella storia degli uomini. La Chiesa, madre e custode del mondo soprannaturale, come il misterioso Pellegrino, cammina accanto a noi e fa scendere la parola di Gesù, vivificata dalla potenza dello Spirito Santo, per fecondare le radici della storia e farla scorrere verso l’oceano di quella realtà nuova che il Cristo ha inaugurato con la generosa donazione della sua stessa vita e con il premio della risurrezione.
Ancora oggi, la Chiesa, come nella locanda di Emmaus, prepara la tavola con il pane e la Parola e ci aiuta ad attraversare l’esperienza del «non riconoscere al riconoscere».
Quel misterioso Pellegrino ha scaldato il cuore dei discepoli narrando dei profeti, di Mosè, della preghiera dei salmi sino ad arrivare a ripetere il gesto dell’Ultima Cena e nello «spezzare il pane» è rifiorita la fede e una rinnovata energia ha dato coraggio nel ripercorrere i passi della delusione con la gioia della certezza. L’Emmanuele, «il Dio con noi», ora è presente con il suo corpo mortale rivestito d’immortalità che nell’Eucaristia ci regala la gioia di vivere da figli per Dio e il coraggio e la costanza di vivere come fratelli tra noi.