di Giovanni Celi
Desidero rivolgere il mio scritto a coloro che sono stati innestati nell’ulivo-Cristo, come dice San Paolo nel capitolo 11 della lettera ai Romani: «Se però alcuni rami (il popolo ebreo) sono stati tagliati e tu, essendo oleastro, sei stato innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della linfa dell'olivo, non menar tanto vanto contro i rami! Se ti vuoi proprio vantare, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te.
Dirai certamente: Ma i rami sono stati tagliati perché vi fossi innestato io! Bene; essi però sono stati tagliati a causa dell'infedeltà, mentre tu resti lì in ragione della fede. Non montare dunque in superbia, ma temi! Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierà te!
Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai reciso» (Rom. 11, 17-22).
I rami che sono stati innestati sono i pagani, siamo noi che, con il Battesimo, siamo inseriti nella vita della SS. Trinità e, in questa vita, dobbiamo camminare nella fedeltà per non “essere recisi con la dannazione eterna”.
L’innesto, in Cristo Gesù, ci abilita a ricevere tutti gli altri sacramenti che sono il dono di grazia con cui ci configuriamo a Cristo e, in Lui e per Lui, possiamo vivere e gioire fino alla gioia finale che ci sarà donata il giorno della nostra morte. Uno di questi sacramenti è il Santo Matrimonio che, benché di ordine naturale, il Signore Gesù volle diventasse il sacramento con cui due esseri (maschio e femmina) si uniscono per diventare una sola carne.
Non si può parlare di matrimonio-sacramento senza premettere alcune nozioni circa i sacramenti, strumenti voluti da Gesù Cristo, nostro redentore, come mezzi di trasmissione della Sua vita agli uomini.
In una parola, l’uomo viene elevato alla vita soprannaturale, viene a trovarsi nella condizione di avere non semplicemente la vita umana, ma anche la vita divina, quella stessa vita che il Figlio di Dio, Gesù, ebbe sulla terra.
Gesù infatti era vero Dio e vero uomo per virtù dell’unione ipostatica, noi invece siamo veri uomini e veniamo a partecipare alla divinità, non per una unione ipostatica, ma per una unione di trasmissione di divinità da Cristo all’uomo: è Cristo infatti che ci trasmette la sua divinità; questa divinità trasmessa e partecipata ha un nome: “grazia”.
Gesù indica questa partecipazione alla sua vita con la parabola della vite e dei tralci: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”.
Il sacramento
L’innesto in Cristo avviene tramite un segno esterno a cui Gesù ha voluto annettere la trasmissione della Sua vita; è questo segno che si chiama sacramento.
La trasmissione quindi della vita divina all’uomo non dipende dalla volontà o dalla dignità dell’uomo, ma deriva dall’onnipotenza divina di Gesù Cristo che ha voluto immettere la sua onnipotenza creatrice nel gesto compiuto, per sua autorità, da una persona a ciò autorizzata.
Richiamo, brevemente, alcune nozioni per la valida celebrazione di un sacramento: la volontà di compiere ciò che Gesù ha compiuto; la disposizione a ricevere il sacramento; utilizzare i segni sensibili usati dal Signore o stabiliti dalla Chiesa; la volontà di compiere ciò che Gesù ha compiuto. Significa che chi è ministro del sacramento deve avere la volontà, almeno implicita, di compiere un atto voluto da Cristo o dato dalla Chiesa, come segno di grazia (es. anche un miscredente, un ateo o un fedele di un’altra religione può amministrare un sacramento).
La validità del sacramento non dipende dalla santità del ministro celebrante; santità, in questo caso, significa essere nello stato di grazia, quindi anche il peccatore può celebrare il sacramento; però, se è cristiano, la sua celebrazione è illecita, ma pur sempre valida.
La disposizione
a ricevere il sacramento
Disposizione a ricevere il sacramento significa avere la fede in Cristo morto e risorto e nella Chiesa depositaria e amministratrice dei sacramenti stessi, credere che l’atto sacramentale trasmette la grazia che deve essere accolta e ricevuta nelle condizioni interiori e nella forma liturgica stabilita dall’autorità ecclesiastica;
Il matrimonio celebrato senza la volontà di ricevere il sacramento e quindi non nella fede della Chiesa rende nullo il matrimonio stesso (CdC, canone 1099), come per esempio: se una persona è fermamente convinta che il divorzio è permesso dalla Chiesa e si sposa perché ha questa convinzione; se infatti sapesse che la Chiesa non ammette il divorzio non si sposerebbe. Oppure una persona non crede nei sacramenti e neppure che il matrimonio è un sacramento; infatti, se lo sapesse, non si sposerebbe; ecc.
Essere in stato di peccato rende il sacramento illecito, ma non nullo.
Infine, utilizzare i segni sensibili usati dal Signore o stabiliti dalla Chiesa.
Questi segni vengono chiamati materia del sacramento, come l’acqua per il battesimo e il pane ed il vino per l’Eucaristia. La materia del sacramento nel matrimonio sono i corpi dei nubendi, cioè l’unione per cui i due diventano una sola carne. Questa unione carnale è lo strumento della trasmissione della grazia, è il mezzo con cui Cristo si dona.
Ecco come esprimevo questa realtà durante l’omelia per la celebrazione di un matrimonio: «Dio infatti, avendo risuscitato suo Figlio per amore nostro e avendolo donato a noi nella Santissima Eucaristia, questa sera lo stesso Gesù si dona a voi due non semplicemente nel sacramento dell'Eucaristia, anche voi infatti riceverete la Comunione come tutti i fedeli, ma questo ricevere Gesù è una partecipazione del nostro essere con la vita di Cristo Gesù; invece il Signore, questa sera, si dà a voi in un modo del tutto particolare: M. darà Gesù ad A. e A. darà Gesù a M., cioè a dire voi questa sera nel momento in cui compirete l'atto coniugale non darete semplicemente voi stessi come uomo e donna, ma darete voi stessi come strumento di grazia, come strumento di dono di Dio all'uomo: è questa la realtà teologica del sacramento del matrimonio.
Ciò significa che mentre io sacerdote darò a voi Gesù Eucaristia, tu M. darai lo stesso Gesù ad A. ed A. darà lo stesso Gesù a te M. nel momento in cui vi unirete come marito e moglie; e questo non solo per oggi, domani, dopodomani, ma per tutte le volte che il vostro amore si fonde in una sola carne.
Questa realtà teologica la ricordino gli sposi: tutte le volte che un marito ama sua moglie avviene un atto divino».