Roma allora era amministrata pastoralmente dal Cardinal vicario Lucido Maria Parocchi, un mantovano che era stato per sei anni vescovo a Pavia e altri cinque arcivescovo a Bologna, quindi era stato chiamato a Roma da Leone XIII e aveva retto la Diocesi del Papa fino al 1899 quando per pochi mesi ne fu incaricato il card. Jacobini e nel 1900 il card. Pietro Respighi.
La politica restrittiva del Parocchi sarebbe cambiata presto, giacché si sarebbe proceduto a breve ad un rimpasto delle Parrocchie, con molte soppressioni nel centro storico, alcuni accorpamenti e la creazione di nuove parrocchie nella cinta periferica. Di queste nuove, molte saranno affidate ai religiosi, tra cui la nostra nel quartiere Trionfale, perché i religiosi potevano attendere oltre che al culto anche alle opere di educazione e di carità assolutamente necessarie in quel passaggio di secolo. Nel suo prezioso saggio sulla Roma religiosa del Novecento il francescano Fortunato Iozzelli userà le parole durissime di un anonimo redattore per descrivere la situazione della Città in quegli anni: molte parrocchie “non sono rette che dal povero parroco, aiutato da un misero e gramo prete che si chiama viceparroco, molte volte ignorante di latino e mezzo imbecille”.
Nel frattempo don Guanella andava e veniva da Roma, approfittando di pellegrinaggi, ricorrenze papali, Anno Santo; aveva intensificato i suoi contatti con la città, su almeno tre canali: il nuovo card. Vicario Respighi che lo incontrerà a più riprese e che gli prospetterà ripetutamente la zona dei Prati di Castello con la situazione pastorale di Roma; il card. Rampolla, segretario di Stato vaticano con cui è in relazione cordiale da alcuni anni e che lo aiuterà ad entrare nella conoscenza della Curia romana; il Dicastero per i Religiosi che già dal 1898 teneva al vaglio le Regole dei suoi due Istituti e che gli permetterà un confronto con altre Congregazioni, nuove ed antiche.
Don Guanella poi si rivela l’uomo dei mille fili, che insegue diverse possibilità perché Roma si rivela una piazza interessante di idee e di proposte. Dobbiamo liberarci di una visione ingessata del nostro Santo e vederlo incline alla gita fuori porta, contento di un invito a pranzo, interessato all’arte di Roma e alle sue devozioni, coinvolto in qualunque idea possa far fare un passo avanti alla Chiesa, senza l’ansia del ruolo da protagonista, ma capace anche di fare da spalla ad iniziative altrui.
Frequenta i Barnabiti innamorandosi sempre più della Madonna della Provvidenza, dipinto di Scipione il Gaetano nella Chiesa di San Carlo ai Catinari; conosce i Redentoristi di San Gioachino che lo indirizzano nella sua ricerca. In quegli anni la cinta attorno al Vaticano è un brulicare di presenze stimolanti per il nostro: i Missionari del Sacro Cuore sul Lungotevere; i Domenicani al Rosario in Prati; gli Orionini a Sant’Anna in Vaticano e a Monte Mario; i Carmelitani a San Pancrazio e altri centri di culto e di carità. Non mancano anche proposte intriganti come l’istituzione del giovane neuropsichiatra Sante De Santis aperta nel 1899 in favore dei disabili mentali e le prime sperimentazioni della psichiatra pedagogista Maria Montessori tra i malati mentali del Manicomio di Santa Maria della Pietà; don Guanella entra così in contatto con un mondo stimolante e moderno. È un uomo in ricerca e appassionato di novità, sa che Dio parla sempre; bisogna tendere l’orecchio e il cuore.
Non era andato in porto il primo tentativo di prendere in gestione le Scuole romane alla Madonna del Riposo. D’altra parte lui era l’apostolo della Madonna del Lavoro e così forse fu tolto anche da un impaccio devozionale!