In un secolo la vita media ha raddoppiato gli anni, se cento anni, fa la vita media era di 40 anni, oggi, la vita media sembra assestata sugli ottant’anni.
Per questo motivo, in questa nostra misteriosa e schizofrenica stagione della storia si parla poco e male della morte.
Chi per un lutto recente ha conosciuto la morte, e anche noi che abbiamo visto persone amate passare il guado della vita terrena verso l’eternità, prendiamo molto sul serio la morte, anzi la risposta al dilemma della morte, in realtà, dona significato alla nostra vita.
Don Guanella nei suoi scritti parlando della morte la chiamava «madre» perché ci partorisce all’eternità e da quell’eternità prendiamo il senso del vivere. San Luigi Guanella scrive testualmente: «Non dite mai male della morte. È madre che si abbraccia al figlio... è consigliera che guida... è amica che accompagna...».
E in altra parte afferma: «Nel teatro di questo mondo noi ci troviamo al cospetto di due figure imponenti. Sono opposte di sentimenti, contrarie di virtù. L'una è figura di madre che salva e l'altra è figura di matrigna che danna. Parliamo semplicemente. La morte per i giusti è madre che viene pietosa a salvare. La morte degli empi viene matrigna cruda per sgozzare. Consideriamo e l'una e l'altra, perché ambedue si affrettano nel mondo».
Da questa immagine di madre o matrigna cogliamo l’insegnamento che dalle cose ultime della vita prendono senso le azioni della vita stessa.
La morte per tutti è un momento difficile, è l’ultimo pedaggio alla vita terrena che si spegne. L'atteggiamento verso la propria morte, un atteggiamento adulto non depresso né scaramantico, è all'origine di una ricerca più approfondita del mistero della vita di ciascuno.
Anche per te, San Giuseppe, la morte è stata il momento finale della tua missione di padre putativo di Gesù. Dio Padre eterno ti aveva affidato il compito di mostrare a Gesù le qualità dell’amore umano di un padre terreno, che si fa riflesso incarnando nella vita concreta i sentimenti dell’amore del Padre che sta nei cieli.
In occasione della morte di qualche suo parente, Gesù che è la buona notizia, avrà parlato anche della morte e ha lasciato nel loro animo la buona notizia che la vita con la morte non è cancellata ma trasformata.
Le lacrime per una dipartita rendevano gli occhi più luminosi per carpire il senso di questo misterioso incontro, quest’appuntamento che ci aspetta al traguardo della nostra vita terrena.
La morte, come madre, o come sorella morte, è una porta attraverso cui raggiungiamo la radice, che ci fa scoprire la linfa come una sorgente che ci permette di cogliere nella fede la dimensione profonda da cui proveniamo. In questa radice delle cose invisibili, scopriamo l'aspetto invisibile in cui siamo immersi e in cui crediamo.
San Paolo dice «in Dio noi siamo respiriamo, viviamo», come un feto nel grembo della mamma noi viviamo del respiro di Dio.
Nel racconto del «Piccolo Principe», di Antoine de Saint Exupery si dice che «l'essenziale della vita è invisibile agli occhi».
Questa verità la professiamo nella professione di fede ogni domenica a messa: «Credo in un solo Dio, padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, delle cose visibili e invisibili».
Queste realtà invisibili che fuori di noi e dentro di noi, negli avvenimenti che, pur a nostra insaputa, tessono le azioni della nostra vita.
Abbiamo sentito più volte l’espressione di Madre Teresa di Calcutta che si paragonava ad una matita. Lei precisamente scriveva: «Io sono una piccola matita nelle mani del Signore; Egli può tagliare o fare la punta alla matita; può scrivere o disegnare quello che egli vuole e dove egli vuole. Quando lo scritto e i disegni sono belli, non ammiriamo la matita o il materiale utilizzato, ma solo chi l’ha utilizzato». E’ questa la forza invisibile che muove il nostro destino di creature di Dio.
Caro e amato San Giuseppe, dall’eternità Dio ha pensato di affidarti una grande missione. In questa tua missione c’eravamo anche noi, redenti dall’amore del tuo figlio Gesù.
Siamo immortali come te, o San Giuseppe, dal momento del nostro concepimento siamo immortali con un compito da svolgere in tutta la nostra vita consiste, la nostra fatica è nello scoprire le regole del gioco, il tesoro nascosto. Mi piace paragonare la mia vita a quella di un feto che cresce in questo grembo della storia per essere poi partorito nella dimensione della pienezza.
Anche tu, San Giuseppe, che sei vissuto nel silenzio, in un paesino della Palestina, sconosciuto e remoto, eri nel grandioso piano di Dio, e, in questo piano di amore, anche per noi vale la regola divina che noi siamo immensamente di più di ciò che appariamo, più di ciò che pensiamo di essere. Siamo di più: la nostra vita, per quanto realizzata, per quanto soddisfacente non potrà mai riempire il bisogno assoluto di pienezza che portiamo nel nostro intimo. E il tuo figliolo Gesù, o carissimo San Giuseppe, lo conferma: sì, è proprio così, la nostra vita continua, sboccia, fiorisce, cresce, matura, fruttifica.
A noi è affidato il compito, come lo fu anche per te, San Giuseppe, di scoprire i desideri del Padre, le regole del gioco della Provvidenza per giungere alla pienezza e alla totale realizzazione dei progetti di Dio per noi.
Tu, San Giuseppe, hai raggiunto la perfezione del compito a te assegnato, ora, con la tua intercessione, aiutaci a scoprire i frammenti di luce, l’abbozzo del progetto che Dio ha noi nostri confronti.
La benefica eredità dei nostri cari defunti ci sia di stimolo e di forza.
Il fiore che abbiamo deposto sulla loro tomba come segno di affetto imperituro, sia sorgente di un amore sempre più ampio, aperto al divino che già vive in noi.