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Mercoledì, 14 Marzo 2012 12:43

La sua piccola cattedrale

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di Fabio Pallotta

Prima pietra e Cappella provvisoria

Per il sogno della nuova «basilica» aveva nella mente due modelli: uno a Milano e l’altro a Firenze, rispettivamente la chiesa di Sant’Antonio a Porta Volta e la chiesa di San Salvatore a Monte alle Croci, sopra il celebre Piazzale Michelangelo a Firenze.  Sul terreno delle nuova chiesa esistevano  una trentina di baracche e bisognava trovare una collocazione per quelle famiglie. Nel frattempo arrivarono anche le suore guanelliane specificatamente per la missione del Trionfale.

Era il 1908. Un anno durissimo per don Guanella, alle prese con la questione intricata dell’approvazione delle due Congregazioni; tra l’altro c’era cantiere ovunque: ben quattro chiese tutte in costruzione a Vicosoprano in Val Bregaglia, a Roveredo in Svizzera, a Pianello Lario sul lago di Como e ora anche la Basilica romana all’orizzonte. Don Luigi si fermò a Roma tutto Gennaio e tutto Febbraio, per più di 50 giorni, con l’impegno di firmare l’acquisto e porre in marcia la nuova opera.

Ma doveva tornare a Como perché bisognava prima che il Santo Padre si intestasse la proprietà: lo avrebbe fatto di lì a poco attraverso il procuratore della Santa Sede, l’avvocato Patriarca. Don Guanella doveva anche preparare i progetti da sottoporre all’architetto Aristide Leonori; aveva in mente due modelli precisi: la Chiesa di Sant’Antonio a Porta Volta in Milano, costruita dai suoi amici Francescani, che a sua volta era copia della Chiesa di San Salvatore a Monte delle Croci in Firenze. Scese di nuovo a Maggio nella capitale, perché sperava nella posa della prima pietra, ma erano nati problemi perché la Banca gli aveva venduto un terreno su cui insistevano oltre 30 famiglie dentro baracche abusive che non volevano sloggiare; tanto meno don Guanella si sarebbe mai permesso di cacciarle, così dovette farlo la Banca e la trattativa fu molto lunga soprattutto con una certa Maria Bianconi che diede filo da torcere per più di due anni. Di nuovo venne a Roma a fine Agosto con l’assillo di iniziare la Chiesa, ma complicazioni senza fine… che ormai lo vedevano corazzato; chiamava a Roma don Bruschi scrivendogli: “Portati qua, ma vieni con fermo coraggio e con corredo di molta pazienza, e rifletti tra via che le fondazioni costano sudor di sangue e tanto saran ferme quanto più son combattute”. Era la sua nozione riassuntiva di tante battaglie: più ci stai male, più farà bene. A tutto!
Ancora una volta risalì triste a Como, ma in Ottobre ricevette da Roma una notizia tanto sognata: le sue Suore erano state riconosciute e approvate come Congregazione. Una conferma che non fu giuridica, ma esistenziale perché sentiva che Dio era con lui e la Chiesa ne sigillava la certezza.
A Roma arrivarono per la fondazione del Trionfale le prime Figlie di Santa Maria della Provvidenza e giacché era la “Basilica del Papa”, bisognava impegnarci le migliori: la scelta cadde su suor Maria Landoni e suor Paolina Bertani, entrambe lombarde, entrambe trentenni; avevano tutto quello che serviva per dare buone radici alla pianticella: fede, età, spirito e grinta.
Il 16 Novembre 1908 si sarebbe dovuto inaugurare una Cappella provvisoria, ma si dovette rimandare per via degli abusivi, molti dei quali sloggiarono solo a Dicembre così che i nostri poterono iniziare ad adattare la stalla, il fienile e un ripostiglio che stavano davanti alle baracche: dovevano approntare una Cappella momentanea, che fu pronta a Marzo 1909 e la gente iniziò a chiamarla ‘Basilichetta’, quindi sarebbero venuti anche l’asilo infantile e l’oratorio festivo, la posa della prima pietra e l’avvio dei lavori.
Al momento della prima Messa di don Guanella nella ‘Basilichetta’ manca il campanello da suonare alla consacrazione; unica possibilità la vicina scuderia e un animale consenziente. Si ripeteva l’incanto della notte di Betlemme, quando non c’era niente e c’era tutto. Ormai la Chiesa romana era croce e delizia di don Luigi che la chiamava “la piccola cattedrale”; in una lettera a don Costantino Guanella, suo nipote, scriveva: “Volgi spesso uno sguardo pietoso ai nostri cari morti e pensiamo che abbiamo a morir tutti, ed io presto perché sono vecchio ormai, ma prima vorrei fare la Chiesa e Casa desiderati tanto dal Santo Padre in Via Trionfale”. Morire sì, ma prima...

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