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Mercoledì, 14 Marzo 2012 12:38

Quando le cose vanno male c'è modo da andar bene

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di Fabio Pallotta

Come si arrivò al Trionfale

Il primo terreno che don Guanella adocchiò per il suo approdo a Roma fu un lotto nella zona di San Lorenzo. Lui l’aveva chiamata «Patagonia», ma non era per lui. La
Provvidenza  gli preparava la Colonia  di San Giuseppe degli stracciaroli a Monte Mario. Passarono sei anni prima che don Guanella riaprisse le trattative con la Banca
d’Italia per l’acquisto di 7.400 mq fuori della cinta daziaria di Porta Trionfale.

Come avvenne la fondazione di San Giuseppe fuori Porta Trionfale.
Furono determinanti quei sei giorni che precedettero il viaggio in Terra Santa; don Guanella era sceso a Roma con il chiaro intento di affittare o acquistare qualcosa. Lì si sarebbero in seguito sviluppate le sue opere romane. Ne scriveva da Milano l’8 Settembre 1902 all’amico don Baroni nel Veneto: “A Roma dimoro alcuni giorni per scorgere se la Divina Provvidenza aiuta per l’impianto di una casetta nella capitale del mondo dalla quale parte ogni benedizione sicut in coelo et in terra”.

Partì il 9 Settembre da Milano e si fermò a Bologna per riunire alcuni amici della cerchia dei telegrafisti sul suo progetto del Faro in onore di Volta; ne approfittò per fare visita a mons. Respighi, cardinale vicario di Roma che in quei giorni era in vacanza nella sua villa bolognese di Ceretolo. Un incontro breve, ma utile per i suggerimenti ricevuti su come muoversi in Roma.
Finalmente l’11 Settembre don Luigi mette piede nell’alma Città e inizia i suoi giri; le prospettive che gli si aprono sono diverse, tutte interessanti, ma nessuna decisiva. Non gli piacque la proposta di Respighi sulla Chiesa degli Angeli Custodi in Via del Tritone, che fu poi demolita negli anni ’30; così pure il terreno a mezzo fabbricato propostogli dai Redentoristi che officiavano da quattro anni nella Chiesa romana di San Gioacchino al quartiere Prati; anche un’agenzia gli fece vedere nella stessa zona un terreno con villino, ma nulla… Una visita agli amici salesiani di Castro Pretorio, oggi via Marsala, lo mise in contatto con don Arturo Conelli, milanese, appena nominato ispettore dei salesiani di Marche-Umbria-Lazio: da lui venne a sapere delle occasioni varie offerte dalla Banca d’Italia, impegnata nella vendita di appezzamenti nella Capitale.
Il primo terreno che don Luigi vide, accompagnato da don Conelli, fu un lotto interessante nella zona di San Lorenzo, precisamente in Via dei Marsi al numero 58: un terreno con vecchi stabili malmessi che il proprietario aveva prima affittato al Ministero dell’interno per realizzarvi le ‘Carceri di transito’, poi dato in uso alle Suore Ausiliatrici del Purgatorio che vi tenevano un’opera per i fanciulli abbandonati. Poi ne era venuta in possesso la Banca d’Italia e don Guanella ne scrive il suo apprezzamento a suor Marcellina il 15 di Settembre “mi soddisfa... Par che si possa avere per 10 o poco più mila lire. Domani mi reco alla Banca d'Italia e posdomani pure… Pregate. Vedeste che Patagonia in quella regione che è poco scosta da San Giovanni Laterano, dal Colosseo da Santa Maria Maggiore. Dite a Don Filippo che se ne consoli. Stasera s'avessi avuto un asinello carico di immagini mi faceva amici centinaia di fanciulli seminudi e derelitti”.
Questo era stato il suo primo sguardo sulla capitale: “centinaia di fanciulli seminudi e derelitti”. L’educazione della gioventù era stata la sua passione di prete venticinquenne, a Savogno; poi l’aveva ritrovata a Torino e a Trinità di Mondovì, nei cortili salesiani; si era affannato per aprire una scuola nella sua Valle e a Traona vi era riuscito, dopo molti contrasti, ma fu il dolore tra i più grandi della sua esperienza umana. Quando scriverà di quel fallimento dirà di essere stato buttato fuori come “un cane schiaffeggiato” viene allontanato quando entra in chiesa…
Ora la Capitale d’Italia e della cristianità lo chiamava lì. Lui lo sentiva.
Vi sognava avventura, opportunità immense, imprese al limite delle possibilità: non a caso l’aveva chiamata ‘Patagonia’. Ma San Lorenzo non era per lui.
La Provvidenza lo avrebbe chiamato un anno dopo a prelevare la Colonia agricola di San Giuseppe degli Stracciaroli, sul Monte Mario, e di lì don Guanella avrebbe mutato il suo punto d’osservazione sulla Capitale, segnando per sempre la zona geografica della missione dei suoi, quasi totalmente dispiegata in quel lembo di Roma Ovest dove sarebbero sorte più tardi le opere di San Pancrazio al Gianicolo, della Val d’Inferno, di Via Aurelia, della Nocetta, di Via Portuense. E del Trionfale, appunto.
Passarono ben sei anni prima che don Luigi riaprisse le trattative con la Banca d’Italia per l’acquisto, questa volta, di un grosso lotto dell’ex proprietà del prof. Giuseppe Cugnoni, in tutt’altra zona rispetto a San Lorenzo: 7400 mq di terreno a continuazione delle vie Santamaura e Tunisi, a confine con l’allora Vicolo della Balduina, fuori dalla cinta daziaria.
Negli anni della febbre edilizia, 1883-1888, quella zona era esplosa demograficamente: forti emigrazioni regionali soprattutto dalla Toscana, dalla Campania e dall’Emilia avevano invaso quei campi extramurari dell’urbe.
Un gregge senza pastore. Don Guanella ne fece la sua casa. Era il 1908, precisamente Giovedì 30 Gennaio. Don Guanella usciva da una delle tante udienze private con il Papa che aveva incontrato solo in quel mese ben quattro volte. Pio X accettava l’intestazione della Chiesa dedicata al santo di cui portava il nome; così, lo stesso giorno in cui il Vicario di Cristo aveva sciolto le sue riserve con lui, don Guanella rompeva ogni indugio con la Banca d’Italia: “Il sottoscritto sacerdote Luigi Guanella (...) fa domanda a codesta Spettabile Direzione…”.

 

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