Giacomo Leopardi, morto cristianamente? L'affermazione a molti potrebbe sembrare strana. Non è il poeta di Recanati l'assertore del nulla? del materialismo ateo e antireligioso dei filosofi sensisti del suo tempo? E come è possibile dimenticare la terribile pagina che egli scrisse nello Zibaldone (23 novembre 1820) contro il cristianesimo della madre, cinico e nemico della vita? Due studiosi hanno ribaltato l'immagine di un Leopardi anticristiano, morto senza fede, e dimostrato il contrario: N. Storti nel volume Fede e arte in Giacomo Leopardi e D. Barsotti in La religione in Giacomo Leopardi. Esaminiamo con pacatezza la questione.
Eminenza, l’Anno della Fede che iniziamo in questi giorni, voluto dal Santo Padre Benedetto XVI, interroga le nostre comunità e la loro fedeltà al vangelo. Come si può nel mondo d’oggi, comunicare la gioia della fede, specie in un momento di crisi di valori.
Dobbiamo, innanzi tutto, recuperare la lucida consapevolezza che la fede non è una poltrona nella quale possiamo sederci comodamente una volta per sempre. Non, non è così! La fede è una strada da percorrere: ogni giorno dobbiamo metterci in cammino come un viandante e dobbiamo lottare per togliere gli spazi di incredulità e il tarlo della mediocrità che tutti ci portiamo dentro.
Una comunità cristiana più umile, una comunità cristiana desiderosa di crescere nella fedeltà al proprio Signore è già un bel segno di fronte al mondo.
Solo se ne conosci qualcuno, puoi credere che esistano e che siano possibili. Giovani normali, ma credenti, testimoni gioiosi della loro fede, coerenti e impegnati a crescere nella via della santità. Gente comune, di famiglie normali, con gusti uguali a quelli dei coetanei, ma capaci di slanci, progetti, visioni. Anche di progettare la propria vita a partire dalla chiamata del Signore. Diversissimi fra loro, ma ognuno meraviglioso di suo. Qualche flash di loro storie.
Il Vangelo secondo Luca racconta che i pastori di Betlemme, dopo l’annuncio della nascita del Messia, “andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia” (2,16). Ai primi testimoni oculari della nascita di Gesù si presentò, dunque, la scena di una famiglia: madre, padre e figlio neonato. Per questo la Liturgia ci fa celebrare, nella prima domenica dopo il Natale, la festa della santa Famiglia. Quest’anno essa ricorre proprio all’indomani del Natale e, prevalendo su quella di santo Stefano, ci invita a contemplare questa “icona” in cui il piccolo Gesù appare al centro dell’affetto e delle premure dei suoi genitori.
Una fede limpida
Caro Padre Mario Carrera, è con profonda commozione e dolore che Le comunico che il mio papà Luciano Motzo è volato in cielo. Papà era abbonato da anni alla Pia Unione e devotissimo a San Giuseppe, alla Madonna e a Gesù.
Pregava per ore ogni giorno e partecipava quotidianamente alla Santa Messa. Papà era buono e dolce, adorava i miei bambini Andrea ora 10 anni e Myriam 3 anni, che stravedevano per lui e tutt'ora ne parlano come se fosse qui.Papà era un fervido credente, aveva una fede fortissima e una bontà infinita e sono questi i valori che ha trasmesso anche ai miei figli che trascorrevano gran parte della giornata con lui e con la mamma. Papà è volato in cielo dopo una fortissima sofferenza, durante la quale non solo non si è mai lamentato, ma non ha fatto mai mancare il suo dolce sorriso. Lui è in cielo assieme ai suoi amati San Giuseppe, la Madonna e Gesù Bambino, ricordandolo nella Santa Messa e iscrivendolo alle Sante Messe perpetue. Con devozione e gratitudine.
Motzo Rina, Cabras (OR)
Caro Direttore, è morta dopo una lunga malattia Giovanna Mattei, 59 anni. Per una vita intera maestra brava, affettuosa e autorevole al Giardino d'Infanzia. Giovanna lascia il marito Giuliano e i figli Gabriele e Michela. Alcuni bambini di allora ci hanno inviato un tenero ricordo, a testimonianza dell'affetto che la maestra Giovanna aveva saputo conquistare con dolcezza e impegno. Ecco il testo della lettera: «Ciao maestra Giovanna, sei stata per quarant'anni in mezzo a noi bambini al Giardino d'Infanzia, prima maestra laica ad affiancare le suore di Maria Bambina. Ci hai seguiti con amore educandoci con il tuo modo gioioso, sempre pronta a vedere in noi il bello e il positivo. Ci hai lasciato dopo una lunga malattia che hai combattuto con coraggio, ritrovando nelle persone che hanno alleviato e curato il tuo dolore, alcuni dei bambini che tanti anni fa ti avevano chiamata "maestra Giovanna". Anche da ultimo sei stata davvero maestra di vita. Grazie per il tuo esempio».
Lettera firmata
Caro Direttore,
sono sempre stata devota a San Giuseppe, al quale mi rivolgo per tutte le problematiche familiari, mi ha sempre esaudito; per cui completamente fiduciosa nella sua intercessione, circa un anno fa mi rivolsi a lui quando a mio marito furono diagnosticate metastasi ossee. Iniziò così un calvario di accertamenti: esami del sangue e visite specialistiche in vari centri.
Gli specialisti giunsero alla conclusione che bisognava intervenire con una chemioterapia e una radioterapia mirata. Io intanto avevo già da subito iniziato a pregare San Giuseppe, certa che mi avrebbe concesso la grazia. Comunque, prima di iniziare la terapia, gli specialisti, poiché non tutti erano concordi, decisero di far effettuare una visita specialisitca; tale esame escluse la presenza delle metastasi e anche del tumore per cui non è stato necessario effettuare nessuna terapia. Io e tutta la mia famiglia siamo certi che Dio per intercessione di San Giuseppe ci abbia concesso questa grande grazia, per cui desideriamo che in suo onore venga pubblicata questa mail.
Lettera firmata
Rev.mo don Mario,
sono una vostra associata e leggo sempre la Vostra rivista ed è anche grazie a questo che trovo conforto in mezzo ai tanti dispiaceri, alle paure e alle sofferenze che sto vivendo. Sarebbe troppo lungo e complicato raccontare la mia storia. Mi limito a chiederLe di affidare me e la mia famiglia a S. Giuseppe, al quale sono tanto devota.
La prego mi sostenga nella preghiera, ne ho tanto bisogno, e benedica me e la mia famiglia. Nel salutarLa ringrazio Lei e tutti voi per la vostra gentilezza, per la vostra disponibilità e per tutto il lavoro che svolgete.
Lettera firmata
Caro Direttore, se oggi mi trovo a scrivere questa mia lettera è per mantenere la promessa fatta a San Giuseppe ma soprattutto per dire semplicemente «grazie San Giuseppe perché non mi hai mai abbandonata».
Era una notte d'inverno quando improvvisamente fui colpita da un violentissimo attacco di panico.
Non sapevo cosa significasse ansia, depressione ma pian piano questo "mondo" ha cominciato a far parte della mia vita, con periodi durissimi. Ho iniziato a recitare il Sacro Manto e mi sono affidata a San Giuseppe con la speranza che prima o poi sarei guarita.
Sono mamma di un bambino che a quel tempo aveva 6 anni; ero spaventata di non poter controllare gli attacchi di panico in sua presenza, ma soprattutto di sentirmi male nei giorni in cui mio marito non era presente. E fu proprio cosi. Il Signore forse ha voluto mettermi alla prova. Mi sentii male nel pieno della notte, sola e con mio figlio piccolo.
Presa dalla disperazione pensai di stringere forte nelle mie mani la corona del rosario, accesi una candela e cominciai a pregare, ma era talmente forte l'ansia, il tremore, la tachicardia, la paura di dover morire che non riuscivo più a controllarmi; a quel punto supplicai con tutte le mie forze San Giuseppe di non abbandonarmi.
Presi in mano una delle tante preziose riviste che conservo de "La Santa Crociata", aprii a caso una pagina, era quella delle "Pagine della Riconoscenza", e cominciai a leggere la testimonianza di una signora di Campobasso che ringraziava San Giuseppe per la guarigione di sua sorella dalla depressione ansiosa.
Di colpo si è diffuso in me un senso di tranquillità che non so descrivere e pian piano l'ansia cominciò a scomparire. Piansi di gioia. Conservo ancora quel numero della rivista della Santa Crociata (N.11 dicembre 2006) e in qualche modo mi farebbe piacere dire anche grazie alla Sig.ra Brusciano. Gli attacchi di panico sono sempre più diminuiti fino a scomparire. Spero di cuore che come San Giuseppe ha aiutato me, possa così aiutare tanti miei amici della Pia Unione a trovare presto conforto e grazie di cui hanno bisogno. Gesù, Giuseppe e Maria grazie per tutte le benedizioni che fino ad oggi avete donato a me e a tutti i miei familiari.
Immensamente grata.
Lettera firmata
Carissimi, che quasi un anno fa, vi avevo chiesto di pregare per Tiomir, un amico di mio fratello. Ecco che con grande gioia, vi comunico che il Signore ha fatto la grazia di guarirlo dai 3 tumori maligni che aveva!
In questi giorni ha fatto il controllo dal medico ed è tutto a posto, chiaro che a lui è rimasta la paura di ritrovarsi di nuovo in quella situazione, ma confidiamo nella misericordia di Dio!!! Vi ringrazio di cuore tutti!!!! Dio vi benedica. Un abbraccio
Susy
Andrea Olivero è Presidente nazionale delle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori) dopo avere maturato esperienze nel volontariato e nell’associazionismo cattolico. Attualmente presiede anche la Fai (Federazione Acli internazionali) ed è componente del Cda della Fondazione per il Sud, oltre a far parte dell’Osservatorio nazionale sull’associazionismo e dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia. è membro inoltre del Forum del Progetto culturale della Cei ed ha acquisito una significativa competenza nei temi della solidarietà sociale, della tutela dei diritti, della riforma del welfare e l’educazione, nonché sulla cooperazione internazionale. Dall’11 dicembre 2008 è portavoce unico del Forum del terzo settore.
di Gianni Gennari
“Per la nuova evangelizzazione”: grande davvero, il tema del recente Sinodo dei vescovi, il 22° dopo il Concilio. Per la precisione il XIII ordinario, detto “generale”, perché in questi 50 anni ce ne sono stati anche 9 detti “speciali”, con oggetto una sola parte della Chiesa: due volte Europa e Africa, una Asia, Americhe, Medioriente, Libano e Oceania.
Sinodo dei vescovi, dunque. Fu personalmente Paolo VI che il 21 settembre 1963, Papa da pochi mesi, manifestò per il futuro l’idea di “associare qualche rappresentante dell’episcopato in un certo modo e per certe questioni… al Capo supremo della Chiesa stessa”, e aggiunse di essere sicuro che “la Curia romana” non avrebbe fatto opposizione. Egli sapeva per esperienza personale che nella Curia allora, e forse sempre come naturale dove ci sono anche le dimensioni umane, che esistono anche nella Chiesa di Cristo, perfetta per quanto dipende da Lui, ma limitata per quanto dipende dagli uomini, poteva anche non esserci molta disponibilità, allora, ad allargare competenze e discussioni oltre i limiti consolidati da secoli.
Santa Teresa d’Avila affermava che nel “Padre nostro” le prime tre domande sono rivolte, rispettivamente, alle tre Persone della santissima Trinità: così, come abbiamo visto la volta precedente, “sia santificato il tuo Nome” è la preghiera che rivolgiamo al Padre; in tal modo, “venga il tuo regno” è la supplica che rivolgiamo al Figlio.
Chiediamo così che venga il regno di Cristo: non solo in noi stessi, nella nostra interiorità, ma anche nel mondo esterno. In altri termini, chiediamo che all’apparente vittoria delle potenze del mondo che segnano una società basata sul denaro, sul successo, in ultima analisi sulla violenza dell’uno sull’altro, si sostituisca la vittoria evangelica della potenza di Gesù, che confermi i miti, i misericordiosi, i poveri, nel suo servizio, e li sostenga nella costruzione di una comunità più giusta e più umana. Infatti il regno di Gesù è la piena realizzazione delle aspirazioni di verità, di bontà, di giustizia, che sono proprie degli uomini. Non è una teocrazia, o una specie di “governo della Chiesa” o “dei preti”, ma è il regno e il governo del bene.
Con l’Avvento ha inizio l’anno liturgico, il tempo sacro della grazia (kairòs) in cui la Chiesa celebra il grande mistero della salvezza. Il suo nucleo essenziale è l’evento Gesù Cristo: il Figlio di Dio che si è incarnato ed è entrato nel mondo per condurre gli uomini al loro fine ultimo, alla piena comunione di vita con Dio nel Regno dell’eterna vita.
Con la nostra partecipazione alla celebrazione liturgica degli eventi salvifici, diventiamo annunziatori e testimoni della nostra fede, testimoni, quindi, dell’Amore del Padre che si è rivelato nella Persona del Figlio, anzi, ce lo ha donato perché «chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).
Tutto il tempo della Chiesa – l’anno liturgico – è caratterizzato da una triplice dimensione: la memoria del passato (l’attesa e la venuta di Gesù nella carne), la dinamica del presente (come oggi questo evento ancora avviene e si attualizza) e l’attesa del futuro (il ritorno del Cristo nella gloria: evento escatologico).
Caro zio, zietto come mi piaceva chiamarti negli ultimi anni quando la malattia ha fugato il tuo naturale pudore verso la manifestazione dei sentimenti: questo è il mio ultimo, intimo saluto.
Lo sento, Tu vorresti che parlassimo dell’agonia, della fatica di andare incontro alla morte, dell’importanza della buona morte.
Morire è certo per noi tutti un passaggio ineludibile, come d’altro canto il nascere e, come la gravidanza dà, ogni giorno, piccoli nuovi segni della formazione di una vita, anche la morte si annuncia spesso da lontano. Anche tu la sentivi avvicinare e ce lo ripetevi, tanto che per questo, a volte, ti prendevamo affettuosamente in giro. Poi le difficoltà fisiche sono aumentate, deglutivi con fatica e quindi mangiavi sempre meno. Avevi paura non della morte in sé, ma dell’atto del morire, del trapasso e di tutto ciò che lo precede. Avevi paura, paura soprattutto di perdere il controllo del tuo corpo, di morire soffocato. Se tu potessi usare oggi parole umane, credo ci diresti di parlare con il malato della sua morte, di condividere i suoi timori, di ascoltare i suoi desideri senza paura o ipocrisia.