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Nella Basilica di san Giuseppe la cappella del Sacro Cuore, di fronte a quella della Madre della Provvidenza, completa il “percorso devozionale” guanelliano

di don Lorenzo Cappelletti

Dopo aver preso in considerazione la cappella della Madre della divina Provvidenza in San Giuseppe al Trionfale, e in particolare le opere del 1971 di Silvio Consadori che la ornano (cfr. La Santa Crociata 1/2024, p. 18-19; 2/2024, p. 14-15; 3/2024, p. 16-17; 4/2024, p. 14-15), a partire da questo numero ci dedicheremo alla dirimpettaia cappella del Sacro Cuore, e in particolare, anche in questo caso, alla serie di affreschi realizzati da Consadori sempre nel 1971.

Avendo già parlato dell’edificazione e della struttura delle due cappelle simmetriche (cfr. La Santa Crociata 1/2024, p.18-19) cominciamo a trattare subito della decorazione della cappella del Sacro Cuore, dicendo che a Consadori appartengono non solo gli affreschi delle pareti laterali, ma anche quelli del registro più alto del muro di fondo. Qui, entro la lunetta monocroma sopra il timpano dell’altare, sovrastata dal motto CHARITAS, fra due angeli oranti che si librano nel cielo (azzurro, e non ocra, come invece nella cappella prospiciente: forse per accordarsi al colore azzurro del cielo degli affreschi parietali qui dominante?), sta Gesù, che sembra indicare sé stesso come “la via” a quattro giovanetti sullo sfondo di una città “alveare”. Questo particolare, che rischia di non essere neppure percepito, ha in realtà una certa importanza, mostrando la diversa sensibilità della stagione postconciliare, con il suo anelito a esprimere l’attualità del cristianesimo nel mondo moderno, rispetto alla pia devozione che emana la tradizionale immagine del Sacro Cuore della sottostante pala centrale, realizzata sembra negli anni Trenta, la quale, più che il classico prototipo settecentesco di Pompeo Batoni, ne ripete una riproposizione tardo ottocentesca di Pietro Gagliardi.

 Sensibilità altrettanto diversa, peraltro, quella della lunetta, anche rispetto al carattere puramente didascalico delle due vetrate fiancheggianti l’altare, realizzate per l’Anno santo della misericordia nel 2015. L’una, offerta dalla Pia Unione del Transito di San Giuseppe di Roma, raffigura la Santa a cui per eccellenza è legato il culto del Sacro Cuore di Gesù: Margherita Maria Alacoque (1647-1690), mostrata con l’abito delle Visitandine (la chiesa abbaziale di Paray-le-Monial è rappresentata in basso), mentre regge un’immagine che riassume la visione da lei avuta del Cuore di Gesù «sopra un trono di fiamme più sfolgorante del sole e trasparente come un cristallo, lo cingeva una corona di spine ed era sormontato da una croce, mentre la ferita della lancia irradiava splendori» (dalla Bolla di canonizzazione del 1920). L’altra, a sinistra dell’altare, raffigura in vesti episcopali il venerabile Aurelio Bacciarini (1873-1935), primo parroco di San Giuseppe al Trionfale e successore di don Guanella alla guida dei Servi della Carità, rappresentato sopra la Basilica del Sacro Cuore di Lugano, della cui costruzione fu promotore e dove riposa. Questa seconda vetrata fu offerta dalla Compagnia di santa Teresa di Gesù Bambino di Lugano, un Istituto secolare fondato nel 1926 proprio dal Bacciarini quando era amministratore apostolico del Canton Ticino.

Gli anni Trenta; gli anni Settanta del Novecento; i primi decenni del nuovo millennio: tre stagioni, tre attitudini non solo estetiche: l’adesione pedissequa alle forme del passato (apprezzabile, ma col rischio del pietismo); l’ansia dell’aggiornamento (condivisibile, ma a volte ideologica); la preoccupazione didascalica (comprensibile, ma non di rado senz’anima). 

Nonostante la differenza di stili e sensibilità, peraltro, va notato come l’asse centrale della parete di fondo provvidenzialmente finisca per essere costituito in maniera opportuna – a dire l’essenza della devozione al Sacro Cuore di Gesù – (dall’alto in basso), non solo dal motto CHARITAS, dall’amorevole attitudine di Gesù nella lunetta e dalla sua tradizionale rappresentazione della pala centrale, ma anche dalla colomba dello Spirito Santo (in bassorilievo all’interno del timpano) e dal piccolo tabernacolo. Che altro è il Sacro Cuore se non l’ardore umanissimo della carità di Gesù che si comunica per mezzo dello Spirito Santo?

Nei prossimi numeri della Santa Crociata, analizzeremo in dettaglio gli affreschi parietali di Consadori. Ma intanto diciamo che essi vanno letti in successione (collocandosi idealmente al centro della cappella), a partire dal registro più basso di destra, dove è raffigurata la Sacra Famiglia nella dimora di Nazareth, per terminare in basso a sinistra, dove è raffigurato l’episodio di Emmaus, delineando una specie di “U” rovesciata. Alla prossima puntata.  

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