Due Sinodi (2014 e 2015) voluti da Papa Francesco. La novità. Mai un Sinodo era stato preceduto da una consultazione di tutte le chiese del mondo. E qui si trattava di famiglia, matrimonio e sessualità, temi su cui al Concilio per decisione papale fu chiusa la discussione anche tra i vescovi. Dopo il Concilio il tema della famiglia ancora molte volte era stato affrontato, anche in un Sinodo dedicatogli e concluso con la “Familiaris Consortio” di San Giovanni Paolo II (1980). Tenendo conto di questo nel 2014 si poteva semplicemente rimandare al testo di San Giovanni Paolo II: conferma e avanti… Non è andata così…
Quando Qualcuno, Lui… il Signore, ha comunicato se stesso e io, noi lo abbiamo ascoltato, è necessario e… educato rispondere. La comunità si alza in piedi per gridare con il cuore: Tu ci hai rivelato la strada della vita e noi ci fidiamo di Te, perché Tu sei l’Amore che non tradisce per tutte le generazioni. “Credo” è il grido ripetuto varie volte in questo simbolo che è davvero il… manifesto dei credenti della Chiesa Cattolica Romana. Una sintesi meravigliosa della fede che si è formata nei secoli attraverso il cuore ecclesiale e il soffio dello Spirito Santo che mai è mancato come sorgente di verità. Per l’Assemblea della Santa Messa sembra quasi una nenia a memoria mentre invece possiede una energia sempre rigenerante della fede.
I giovani ammirano chi sa loro rispondere
alle provocazioni tipiche della loro età
e ritengono queste persone come riferimenti importanti con i quali relazionarsi
“Uffa mamma, basta con le prediche! Ma perché sempre le stesse cose? Ma non potresti inventarti qualcosa di nuovo?”. E in chiesa, guardando l’orologio: “Uffa, ma quando la smette questo prete? Sono già dieci minuti e poi… sempre le stesse cose! Ma quando dirà qualcosa di interessante?… oh!... adesso parla anche di politica… ma che parli del Vangelo e di Gesù Cristo…!”.
Comprendere il momento della Liturgia della Parola significa immergersi nel dialogo dell’Amore, perché non può essere un monologo. La comunicazione solitaria è da palcoscenico di teatro. Qui, il luogo è la comunità ecclesiale che attende la voce del suo Signore per bere alla Sorgente l’acqua limpida e mai inquinata della verità assoluta che rivela solo Amore. Sono i minuti dedicati all’incontro cuore a cuore con il Dio innamorato che si toglie tutti i veli e si fa conoscere alle sue creature.
E se la Celebrazione eucaristica è la fonte e il culmine della vita della Chiesa (Lumen Gentium), è proprio qui, con la Parola, che avviene la prima fondamentale comunicazione tra Dio e l’uomo. è il Signore che prende l’iniziativa perché, da una… eternità, sente il grido dell’uomo, ascolta i suoi perché, conosce i segreti intrighi della storia e delle storie e vuole rispondere per aprire gli orizzonti della speranza che l’uomo, da solo, non riesce a trovare. Ecco perché, nello srotolarsi della storia, Dio ha suscitato degli uomini che hanno letto con il cuore di Dio gli avvenimenti e li hanno scritti, nel suo santo nome, per dare le… “dritte” giuste, “le chiavi divine” di lettura della vita umana, personale e storica. Così il Signore Onnipotente ha scritto la sua lettera d’amore senza fine ai suoi figli che non dovrebbero mai stancarsi di leggerla.
La Celebrazione Eucaristica è la massima preghiera che la comunità cristiana può offrire al Padre per mezzo di Gesù e con l’opera dello Spirito Santo. Ci sono due momenti, durante la Santa Messa, nei quali il sacerdote dice esplicitamente la parola preghiamo: dopo il Gloria e dopo la Comunione. Nella Liturgia originaria questo preghiamo è chiamato Colletta, parola che significa, dal latino, “fare una raccolta”.Noi la usiamo, nel linguaggio comune per indicare una raccolta di denaro per qualche necessità particolare. Qui sta ad indicare che il celebrante, in quel momento, raccoglie la preghiera di ciascuno e di tutti nella comunità, e, a nome di tutti, offre questo… Mazzo di preghiere”, come fiori, al Padre. è quindi una preghiera importantissima perché è tutta la comunità che viene rappresentata dal sacerdote e si presenta unita davanti al suo Signore. è una preghiera grande che conclude con il testo, a volte troppo scontato per le nostre orecchie, ma profondissimo: accogli la nostra invocazione per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. E allora la preghiera diventa forte e irresistibile sul cuore del Padre perché detta a Lui, raccomandata da Colui che è il nostro Signore (perché ha dato la vita per noi e si fa nostro garante!).
Sull’umile grotta-casa di Bethlehem scende, nella Santa Notte, il canto divino del Coro e dell’Orchestra celeste: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini”. Rimbalzato per secoli, nelle orecchie e nei cuori, questo breve inno accende sempre, davanti agli occhi, l’immagine viva dell’uomo-Dio diventato carne e tenerezza toccabile.
è diventato un inno eucaristico perché, anche nel pane e nel vino, si tocca e si abbraccia Cristo in ogni istante della storia, fino alla fine del tempo, con infinito amore. In questo momento della celebrazione, soprattutto nella domenica e nelle feste, è il canto del “Grazie a Te, Signore, che, dall’alto dei cieli, compi meraviglie di pace totale, cioè di salvezza, in mezzo a tutti gli uomini”. è anche la preghiera più bella e più giusta, ma forse anche un po’ dimenticata da parte di noi figli nei riguardi della Trinità, dal cui amore infinito tutto e tutti noi proveniamo. Gesù disse grazie al lebbroso che lo ringraziava, perché vi leggeva un frammento di riconoscenza dei dieci lebbrosi guariti.
«Per celebrare degnamente i santi misteri, riconosciamo i nostri peccati». Lo tradurrei così: “Per vivere con dignità e gioia la vita coniugale e la vita di famiglia, riconosciamo i nostri sbagli quotidiani e i nostri errori di vita”. Veramente questo momento della celebrazione eucaristica è dirompente: non è sbagliato chi sbaglia, ma chi non riconosce i propri errori e fragilità. Come Adamo ed Eva ci andiamo a nascondere e ci copriamo con una foglia di fico che lascia scoperto quasi tutto. Significa che cerchiamo di coprire con bugie e scuse i nostri sbagli, che poi, molte volte alla fine, vengono scoperti. Bisogna conoscere la bellezza e il valore del riconoscere i propri peccati: “Se tu ti accusi Dio ti scusa, se tu ti scusi Dio ti accusa”, dice S. Francesco d’Assisi. Così ci invita a fare il Sacerdote in un breve momento di silenzio: almeno a ripercorrere con sincerità l’ultimo periodo di vita e metterlo davanti al sole di Dio con estrema verità, per avere il suo abbraccio di perdono che, se siamo sinceramente pentiti, avviene dal cielo in un attimo purificatore e rigenerante. In famiglia sono infiniti, molti più che nella S. Messa, i momenti nei quali bisogna riconoscere i propri errori. “Chi non vuole perdonare è meglio che non si sposi e non metta al mondo dei figli”, mi diceva una mamma matura.