Considerata sotto questo punto di vista, l’accidia è molto affine alla depressione psicologica, il «male oscuro», molto diffuso nelle odierne società occidentali. L’accidia non coincide tuttavia con la depressione, perché può essere vissuta con umore euforico, attivo e operoso, unito tuttavia alla totale paralisi della vita spirituale.
La Bibbia ha delle pennellate geniali per descrivere il comportamento flemmatico e inerte dell’accidioso: «La porta gira sui cardini, così il pigro sul suo letto» (Pr 26,14). Ma questo è soltanto un aspetto dell’accidia, ci sono altre pagine in cui la Bibbia si mostra straordinariamente vicina alla descrizione delle crisi angoscianti della letteratura di ogni tempo: «Presi in odio la vita, perché mi era insopportabile quello che si fa sotto il sole. Tutto infatti è vanità e un correre dietro al vento» (Qo 2,17). Una tristezza straziante e diffusa nei confronti della pesantezza del vivere viene espressa in modo lucido e folgorante dal libro di Giobbe o dal profeta Geremia.
S. Tommaso definisce l’accidia «un disgusto o tristezza per il bene spirituale e interiore, da togliere la volontà di agire». Questo vizio diventa in tal modo una catena che rallenta il cammino e intristisce lo spirito.
Tristezza e accidia non sono tuttavia identiche. La tristezza è un campanello d’allarme di fronte a qualcosa di sgradevole, che va ascoltato e interpretato. Esiste infatti anche una tristezza buona, che scuote dal male e invita a compiere il bene. È il caso dell’Innominato ne «I promessi sposi».
Esiste indubbiamente anche una componente somatica nella tristezza, era il temperamento che gli antichi chiamavano melanconico. L’accidia ha però soprattutto motivazioni interiori, essa è una tipica «malattia dello spirito», un vizio dell’anima. L’immoralità dell’accidia è la conseguenza di questo triste ripiegamento su di sé, che porta a restare indifferenti al bene.
Il male del nostro tempo
L’accidia sembra essere la conseguenza più evidente di una cultura e mentalità narcisista, che fa di se stessi il centro di tutto.
La presenza diffusa dell’accidia ricorda invece che il sogno di una civiltà felice, realizzato dalla tecnologia e dall’abbondanza dei beni, è falso. Gli studi condotti in sede psicologica confermano quanto depressione e tristezza si presentino come fenomeni preoccupantemente in crescita nelle nostre società, colpendo in particolare la fascia di età giovanile (18-35 anni) che dovrebbe essere la più aperta alla vita, portando ad un aumento dei suicidi e alla massiccia diffusione di droghe, alcool e farmaci per sopperire alla tristezza di vivere. L’accidia, male dello spirito, si mostra refrattaria a soluzioni meramente tecniche.
Contrastare l’accidia
L’insegnamento costante dei padri spirituali è che di fronte all’accidia bisogna reagire facendo esattamente l’opposto di quanto suggerisce, anzitutto in sede di valutazione: sentirsi incapaci non significa essere incapaci. Questo giudizio di verità è decisivo per il valore della persona.
Un altro aiuto importante è di esplicitare la relazione tra accidia e morte: il «pungiglione della morte» (1 Cor 15,55-56) è uno dei veleni più potenti dell’accidia, la sensazione di avere sprecato la propria vita. Attuare invece un comportamento orientato al bene favorisce e incrementa lo spirito del ringraziamento per ciò che si è ricevuto, che è agli antipodi dell’accidia: «Chi è preda dell’acedia vive nella a-charistia, nell’incapacità a stupirsi della bellezza, dell’amore e quindi, nell’incapacità a rendere grazie» (Bianchi).
Schimmel, uno psicologo attento alla dimensione spirituale della vita, legge la tristezza nei termini di un appello e di un compito affidato: «È raro che un adulto associ la propria infelicità a un desiderio frustrato di fare il bene. Cogliere opportunità per fare il bene anche di fronte alla malattia è la risposta dello zelo all’accidia».
«Un desiderio frustrato di fare il bene»: questo è il punto decisivo per scuotere la persona tendenzialmente ripiegata su se stessa e sul proprio soffrire. Considerare la brevità della propria vita insieme alle possibilità di bene alla propria portata, aiuta a riconoscere una direzione per cui spendersi, limitata ma reale. Come notava A. Schweitzer: «Quello che tu puoi fare è solo una goccia nell’oceano, ma è ciò che dà significato alla tua vita».