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Mercoledì, 26 Giugno 2013 13:43

Una sosta a Nazareth in un'oasi di preghiera Featured

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di Don Mario Carrera

Caro e amabile san Giuseppe, come sempre, nel nostro appuntamento mensile con questa rivista che porta il tuo nome, vogliamo attingere una riflessione, uno sprazzo di contemplazione alla luce del tuo esempio; vogliamo entrare e preparare il nostro animo in un clima per una tranquilla lettura che si trasforma in preghiera.


Diceva un filosofo attento ai valori dello spirito che «Il fiore del primo amore appassisce, se non supera la prova della fedeltà», per questo desideriamo mantenere fresco il fiore dell’amore alimentando il nostro animo di affetto e di fedeltà verso il tuo esempio.
Abbiamo scollinato il mese di maggio, dedicato dalla pietà cristiana alla venerazione della tua dolce sposa Maria.
Siamo entrati nel mese di giugno che inizia con il ricordo della presenza del tuo figliolo Gesù nella santa Eucaristia, alla quale seguirà la solennità del Sacro Cuore di Gesù, il focolare della carità divina che attira come una calamita le qualità positive della nostra esistenza cristiana.
Mi fa piacere che il grande itinerario del settimo incontro internazionale delle famiglie dello scorso anno abbia progettato nella tua cittadina di Nazareth la costruzione di un Centro per scoprire e approfondire l’insieme di quei legami che passano nel tessuto delle relazioni familiari: la famiglia con gli sposi, i genitori e i figli, le relazioni educative, la religiosità, i sogni del domani e i problemi di oggi.
Idealmente, come ogni mese, vogliamo essere davanti a te, nella tua casa di Nazareth, con la tavolozza dei colori delle virtù umane e cristiane, per ammirare e dipingere nella nostra vita, la bellezza delle tue relazioni con la tua sposa, Maria, e con Gesù. Quel bambino che Dio dall’eternità aveva pensato di affidare alle tue braccia robuste e generose, ma soprattutto di affidarlo al tuo cuore di padre, specchio di virtù umane, così da insegnare a questo Dio che si fa bambino ad abitare nella nostra condizione umana, esperimentare la gioia di esistere come pure il duro mestiere del vivere. Nella vita, come nel giorno, sono racchiusi il buio denso della notte e lo splendore affascinante e gioioso della luce del giorno.
I nostri occhi in questa sosta a Nazareth sono curiosi, avidi di luce per cogliere nei nostri sentimenti l’eco dei tuoi, quelli di Maria e di Gesù, quei semi di speranza per far lievitare la nostra vita familiare con la linfa stessa che ha alimentato la vostra esistenza.
Aiutaci a sognare e immaginare la casetta di Nazareth fasciata dai colori dell’arcobaleno. Se nel cielo e sulla testa di Noè, dopo il diluvio, Dio ha disegnato un arco privandolo delle frecce di morte, arricchendolo del suo sorriso, stemperandolo nella fantasia dei colori; a ben guardare, nell’arcobaleno non solo troviamo l’armonia dei colori, ma lo sguardo luminoso di Dio-creatore.
Immaginiamo di affidare a ogni colore la rappresentanza di una qualità di vita; potremmo individuare nel bianco la luce di Dio che tutto avvolge, tutto illumina e in cui tutto vive.  L’ha detto Gesù nel suo messaggio evangelico: «Io vivo perché voi vi­viate». Una piccola frase che rende granitica la nostra spe­ranza.
Io appartengo a un Dio vivo e Lui, il Dio vivo, appartiene a me.    ↪
Sappiamo di appartenere a un Dio vivo, e sappiamo anche che a­mare è non morire, ma è rendere eterna la vita.
San Giuseppe, torniamo all’immagine dei colori.  Nel rosso vediamo riflessa la vicenda umana di Gesù, il tuo figlio legale, inviato dal Padre. Nel giallo-oro la presenza dello Spirito Santo, il vincolo che unisce nell’amore il Padre al Figlio e irradia nel nostro tempo lo splendore dell’eternità.
Dentro quest’armonia di colori il vescovo Bruno Forte ha scritto che dalla «realtà misteriosa di questi colori si può ricavare la risposta alla domanda che riguarda tutti noi: quando ci domandiamo: “Chi ci renderà capaci di amare?”.
A questo interrogativo ci viene in aiuto il poeta Kahlil Gibran che scrive così: “Quando ami non dire: ‘ho Dio nel cuore’, ma di’ piuttosto: ‘Sono nel cuore di Dio’. Si diventa capaci di amare, solo quando ci si scopre amati da Dio». Ecco allora la fede, che ha reso grande te, o San Giuseppe, tu ti sei lasciato condurre dalla voce di Dio e hai camminato verso il futuro che lui voleva costruire con te e vuol costruire con noi.
Caro san Giuseppe, queste riflessioni affiorano nel nostro animo dopo secoli di esperienza di un’umanità che va cercando nella vita il volto di Dio; nella tua fede genuina e semplice hai vissuto il mistero di amore con quel fascino e quel trasporto che ti veniva da Dio stesso, il quale ti aveva affidato un compito singolare e unico: essere l’ultimo grande patriarca con il compito di consegnare all’umanità il Salvatore.
Per questo ti diciamo grazie, o caro San Giuseppe, per aver creduto al progetto di Dio sulla tua vita e di non aver desistito davanti al dubbio e all’incertezza.  Come il grande patriarca Abramo, hai creduto nonostante che tutte le logiche umane ti dicessero il contrario. E’ sempre vero che «il cuore ha delle ragioni che la mente non conosce».
Grazie, San Giuseppe, confidiamo nel tuo aiuto e nella forza trainante del tuo esempio.

Read 839 times Last modified on Mercoledì, 05 Febbraio 2014 15:23

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