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Mercoledì, 04 Maggio 2011 15:09

La cronaca di una vita

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Come "fioretti" con i colori della santità

di Carlo Lapucci

I frammenti, le diverse testimonianze filtrate da sensibilità eterogenee, sono diventate in questa pubblicazione di Parabole di un buon samaritano pietre diverse di un mosaico in cui appare questa immagine di straordinaria ed intensa umanità, tale da offrire quasi naturalmente la connessione della dimensione umana con il divino, del tempo con l'eternità.
I fatti non forzano mai la mano al miracolo: sono eventi umani che narrano cose del tempo viste però in un'altra dimensione: dicono che l'uomo può superare i suoi limiti di egoismo e di grettezza, può infrangere l'involucro della logica d'individualismo e d'indifferenza e, come un germe esce dalla terra, sollevarsi nella dimensione dell'amore, della carità nella luce di Cristo.

Questo è il miracolo continuo che si legge nel minuscolo «leggendario»; questo è ciò che Don Guanella seppe fare, seppe credere e per noi resta difficile. La fede incrollabile nella Provvidenza, poiché questa si serve in genere della mano degli uomini, è la fiducia del possibile rapporto tra Dio e l'uomo, è la certezza che l'uomo può raggiungere la luce di Dio e con questa vedere le cose del mondo. È perciò un atto di fede in Dio e nell'uomo: gl'interventi di soccorso materiale che Don Guanella riceve continuamente e che pare attendere come eventi naturali, non sono altro che il frutto della sua fede che- Dio può rivelarsi sempre nell'uomo come amore per i fratelli; e che nell'uomo vive sempre l'amore di Dio, capace, una volta liberato e attivato, di muovere le montagne.
Mi pare allora si possa dire che non è molta la differenza tra questo « leggendario moderno» e uno antico: si tratta di aspetti formali e cambiano solo i segni del linguaggio.
Un tempo si parlava a gente semplice e indòtta in termini miracolistici; oggi parlano le testimonianze della vita quotidiana, illuminate dalla visione religiosa e dal comandamento della Carità.
Sembra dunque essere questa la dinamica di un corpus di «atti», e in ciò si rivelano anche i termini della nascita d'un «leggendario», antico o moderno che sia. Al centro c'è un elemento propulsivo che è la figura storica, capace di muovere e attivare la memoria come bisogno d'un tramite tra il tempo e l'eterno, capace di richiamare la citazione affettuosa, la presenza nelle parole quotidiane, per cui, il beato, salito al cielo, mantiene la sua presenza tra chi lo conobbe e si rivela a chi, per suo tramite, cerca la via verso l'eternità.
In questo senso in un leggendario il dato storico, il fatto positivo sono superati dall'importanza di quello che videro i testimoni: in un certo senso importa soprattutto cosa il Santo è stato per loro, cosa attivò in loro questa figura per essere tramite tra la loro coscienza e Dio.
La nostra mentalità, più scientista che scientifica, corre in cerca di formule, dati su cui fermare una verità assai improbabile, quando si parla di testimonianze umane. Qui ognuno ricorda il suo miracolo, poco interessandosi di circostanze e particolari: una coscienza ha avuto pace, una vita ha avuto senso, una disperazione ha avuto luce; un derelitto ha avuto amore, un affamato ha avuto pane.
I fatti qui narrati sono vicini a noi e quindi spesso sono forniti anche di circostanze e particolari, che ho lasciato: come i nomi delle persone e delle località, affinché le testimonianze avessero la loro integrità originaria, non mi sono preoccupato di smentirli o verificarli, sembrandomi questa filologia estranea a un testo di questo genere, che mira soprattutto a un'altra fedeltà; l'immagine, quindi, di Don Guanella, che viene comunicata, non è tanto in termini di dati storici, quanto di testimonianza d'un incontro che è avvenuto sì su questa terra, ma si è mosso anche al di là di questa dimensione.

 

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