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Mercoledì, 08 Febbraio 2012 14:04

Sui detriti dell’arcadia si innesta il germe della carità

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di Fabio Pallotta

Il Gianicolo come prima dimora

Era ottobre e novembre 1903 don Guanella passa molti giorni a Roma ed ha modo di frequentare la Con­fraternita dei Lombardi in San Carlo al Corso; costoro gli si offrono come protettori dell’Opera di Monte Mario e, grazie ad essi, entra in contatto con mons. Augusto Bartolini, eccellente dantista e brillante oratore, che era Custode generale dell’Accademia letteraria dell’Arca­dia. Costui, alla notizia che don Guanella cercava una sede per le sue Suore, offrì in affitto per tre anni il celebre palazzo presso a San Pietro in Montorio che era una sede degli Arcadi.
Si trattava di un acquisto fatto al Gianicolo grazie ad un regalo di 4000 scudi di Giovanni V del Portogallo, anche lui arcade, nel quale Antonio Canevari aveva architettato il famoso Bosco Parrasio, con al centro un palazzo sontuoso davanti al quale si apriva un largo emiciclo protetto da alberi molto frondosi, fra zampilli d’acqua alimentati dalla vicina Fontana Paola, che irrigavano gli orti.

Don Guanella aveva avuto un’idea geniale: per questa Casa delle Suore a Roma non aveva soldi, essendosi già svenato per la Colonia di Monte Mario ed essendo in corso mille altre spese. Inoltre non voleva lasciare sole le sue suore nella capitale; così stava lavorandosi da tempo il suo vecchio amico mons. Baroni, arciprete emerito di Villanova del Ghebbo che da poco più di un anno si era ritirato in casa nostra di Fratta Polesine promettendo di destinare i suoi beni alle fondazioni guanelliane. Don Guanella cercava di prendere tre piccioni con una fava: un cappellano per le suore, uno sponsor all’altezza delle spese romane e un suo uomo fidato su Roma; mons. Baroni riuniva tutte e tre queste caratteristiche.
Peccato avesse un’età da riposo e una salute molto provata. Non se ne fece nulla.
Il 2 Gennaio del 1904, in questo palazzo nobile e artistico, ma già in lento disfacimento, entrarono così le prime quattro suore e, subito dopo, sei bisognose. Con loro c’era il buon Tonio, un uomo tuttofare della Colonia di Monte Mario: aiutava le suore nell’allestimento del Ricovero e dormiva di notte in quella Villa Montorio che aveva subito molti furti nel tempo in cui era stata vuota.
Furono inizi difficili perché l’opera nuova stentava ad attecchire; il Palazzo degli Arcadi sarebbe stata comunque una sede provvisoria per numerose ragioni, ma soprattutto -come scriveva il guanelliano don Cugnasca in una delle prime Storie della Fondazione-  “perché le opere della Provvidenza per prosperare hanno bisogno di casa propria indipendente”. Di fatto nel Dicembre 1905 don Guanella avvisava mons. Bartolini che a fine 1906 sarebbe scaduto il triennio di affitto e che non intendeva rinnovarlo.
Don Guanella, pur essendo l’apostolo dei poveri, non era refrattario ai ricchi e ai nobili salotti, come all’Accademia degli Arcadi e al suo intorno. Spesso anzi li frequentava per mettervi in circolo il virus della carità. Non poche volte ne restava deluso perché soprattutto fra i ricchi trovava chiusura ed egoismi.
Avvenne per esempio, a Maggio del 1904, che la Principessa Carlotta dei nobili Antici-Mattei, un casato ricco della nobiltà romana, gli raccomandasse una ragazza disabile e da più parti giungevano pressioni a don Guanella perché la ospitasse gratuitamente nella casa di Milano. Non tardò la risposta, chiarissima. Anzitutto: perché a Milano? Se è di Roma resti a Roma; e poi, se può… che paghi!
“Quanto alla deficente raccomandata dalla Signora Antici in questa Casa non è un     comparto adatto e bisognerebbe mandarla in campagna. Sarà meglio che versi un mensiletto di £ 15 e la collochi al Montorio. Faremmo torto alla Divina Provvidenza ricevere raccomandata affatto gratuita dalla Signora Principessa che può disporre con tanto agio.
Questo è principio al quale non possiamo rinunciare”.
Una Villa, con quegli addentellati di nobiltà ricca, che strideva con una zona come quella del Montorio allora appartenente alla Parrocchia trasteverina di Santa Dorotea pullulante di miserie di ogni tipo. Per don Luigi strideva anche con la povertà sobria e meravigliosa delle sue Suore; gli ambienti per lui dovevano aiutare a comunicare lo scopo; le suore erano nel posto sbagliato e non sarebbero rimaste a lungo lì.

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