La vita di ciascuno di noi è un pellegrinaggio è la ricerca del volto di Dio; i passi del pellegrinaggio sono le ali della speranza che sanno colorare di fiducia il nostro avvenire, l’essenza del pellegrinaggio oltre al piacere di viaggiare insieme, di vedere cose nuove, se riusciamo fare un buon pranzo, ma il cuore del pellegrinaggio è l’incontro con Dio che si è manifestato in Gesù Cristo.
Da san Giuseppe impariamo una cosa essenziale: Dio opera la sue meraviglie nel silenzio.
In un mondo affollato di suoni, rumori, voci abbiamo bisogno di uscire un momento per incontrasi con noi stessi, scoprire il mistero dell’azione di Dio nella nostra vita.
Scriveva Romano Guardini che «solo nel silenzio giungo davanti a Dio e solo nel silenzio conosco me stesso»
Girolamo Savonarola, questo intrepido e zelante frate fiorentino del convento di San Marco, diceva che «la preghiera ha per padre il silenzio e per madre la solitudine».
Madre Teresa di Calcutta è stata una donna di grande carità e amore verso i poveri e ha potuto fare questo proprio perché aveva le giornate intessute di preghiera. Proprio stamane la prima lettura di Giovanni ci diceva che «chiunque è nato da Dio è santo (non commette peccato) perché in lui dimora un seme divino». E’ questo germe divino che dimora in noi che si fa energia, forza, coraggio, perseveranza, ardore e zelo; come ogni seme nasce da un terreno fertile, così la santità cristiana davvero ha il silenzio come padre.
Un giorno Madre Teresa di Calcutta mandava ad una persona animata dalla ricerca del volto di Dio questi simbolici cinque frutti da seme fecondo: « Il primo frutto del silenzio è la preghiera. Il frutto della preghiera è la fede. Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace».