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Mercoledì, 19 Dicembre 2012 14:27

Dicembre: riserve, orto e prodotti spontanei Featured

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di Carlo Lapucci

Se a novembre si comincia a sentire sensibilmente la diminuzione del flusso degli alimenti che arrivano dalla terra sulla  tavola, a dicembre si avverte che la natura è entrata nel suo riposo annuale. Un tempo le massaie si difendevano con i diminuiti prodotti dell'orto e le riserve conservate: la frutta sui cannicci o secca, i pomodori appesi ai tralicci, carne e ortaggi sott'olio, sott'aceto, seccata, affumicata, funghi secchi, conserve, fagioli, ceci, lenticchie, castagne, fave, crepide, olive secche, pesce salato e altre risorse derivanti dai sistemi di conservazione elementare, come le uova che si mettevano sotto la cenere o sotto la sabbia per poterle consumare in questo periodo che le galline si riposano fino a gennaio.

 

Il porco, salvadanaio del contadino

La risorsa principale di questo periodo però è costituita dal porco che, a cominciare dall'arrivo del freddo stabile a novembre, poteva essere ammazzato, lavorato e salato portando una breve abbondanza sulle tavole.

Per San Tommè piglia il porco per lo piè.
La festa è il 21 dicembre.

Non c'era da esagerare perché la carne suina, salata e conservata in prosciutti, salumi e altri tagli era destinata a costituire parte della riserva di proteine dell'inverno e l'alimento destinato a insaporire e rendere mangiabili vegetali altrimenti poco appetibili: rape, patate, polenta, zucche, cavoli e le scarse verdure offerte dall'orto.

Tutto a suo tempo e rape in Avvento.

Così dice un proverbio riferendosi sia alle barbabietole che a forma di fittone crescono nel terreno e servono per fare lo zucchero, sia le cime di rapa che vengono colte nei campi e usate come verdura cotta e richiedono appunto un condimento sostanzioso che è dato dalla carne di maiale. Ed è questo il momento in cui la cima di rapa è saporita, addirittura una leccornia, ma non dura molto perché:

Di Befana la rapa è vana.

Comunque dicembre non era mese di penuria perché la terra fornisce ancora qualcosa, se il gelo non distrugge gli ortaggi dell'autunno.

Le feste natalizie

Sono abbondanti le risorse del pollaio: cappone, tacchino, piccioni, pesce di lago e fiume, capitone: tutti alimenti che, destinati a comparire sulla mensa alle feste natalizie con l'ultima abbondanza, aprono il periodo di magra dei primi mesi dell'anno.

Cappone di Natale, anguilla di quaresima.

Sottolinea il fatto che in quaresima, tempo di mortificazione, non si deve mangiare la carne anche se l'anguilla non è certo un piatto da penitenza, mentre il pranzo e la cena di Natale sono banchetti ricchi.
I dolci natalizi sono un capitolo sterminato della cucina italiana e ogni regione, ogni città, ogni luogo ha i suoi preparati particolari, spesso versioni diverse di una stessa ricetta, ma anche ghiottonerie che sono nate dalle particolari produzioni di un paese o che sono state portate di lontano, come i dolci  tipici dei comuni mercantili, quali Siena, Firenze, Lucca, o quelli delle repubbliche marinare, Venezia, Genova, Amalfi, Pisa, che provengono dagli approdi più remoti del Mediterraneo.
Anche in tempo di magre risorse la fantasia escogitava mille modi per rendere ghiotti i prodotti più umili.
Quando le caramelle non c'erano o costituivano solo un sogno, i ragazzi ciucciavano con gusto le castagne secche e le olive salate che in dicembre si raccolgono e possono essere asciugate nel forno.

Le olive cominciano a far olio quando hanno avuto la novena di Natale.

Il periodo della raccolta delle olive coincide in parte con la novena di Natale che si tiene per nove giorni consecutivi dal 15 al 23 dicembre.

Il sostegno dell’orto, dei boschi, dei campi e delle macchie

L'orto continua a dare aiuto, soprattutto se la stagione è clemente: cardi imbiancati, porri, sedani, cavolo nero, cavolfiore, spinaci, bietole, finocchi (che durano fino ad aprile), raponzoli (ravanelli), indivia imbiancata, gobbi, radicchio da taglio, lattuga bruna.
Si tenevano un tempo ai bordi delle aie e lungo le viottole alberi da frutta che crescevano senza bisogno di cure, che danno frutti all'inizio della stagione fredda. Si raccoglievano nespole, kaki, mele cotogne, melagrane. Sulle siepi e nelle macchie si raccoglievano scarnigie, bacche commestibili che ornano le macchie nei mesi gelidi e sono dette la dispensa degli uccelli, essendo in questo tempo una delle poche loro risorse alimentari. Sono di poco valore e si raccolgono per farne marmellate.
Molto usato era il topinambur (Helianthus tuberosus), ottimo in questo mese. La pianta alta circa due metri, cresce in luoghi umidi, lungo i fiumi. La raccolta cominciava col freddo e serviva come integrazione alimentare. I tuberi si usano per dare sapore ai minestroni; si mangiano crudi, in insalata, tagliuzzati e conditi oppure lessi come le patate o con la fonduta.
È buono il crescione dei prati, un'insalata selvatica la quale si usa di più in un misto con altre erbe ed è buona anche la scarola.
È il tempo di raccogliere bacche di ginepro per insaporire i sughi e con i primi freddi intensi si cominciano a trovare nei boschi i funghi invernali che sono di diverse specie: Lardelli, Ordinali grigi e violacei, Ginghi detti Zolfini, Finferli, Prugnoli, Steccherini dorati. Si possono trovare con fortuna anche i Leccini, specie di boleti che crescono vicino ai lecci, non eccellenti, ma buoni.

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