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Mercoledì, 14 Marzo 2012 10:10

Un inno di benedizione e un'invocazione di aiuto

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di Ottavio De Bertolis

Proseguiamo la nostra riflessione sulle parole della più comune preghiera cattolica dopo il Padre nostro, seguendo in fondo lo stesso metodo indicato da S. Ignazio nel così detto “secondo modo di pregare”, quando ci invita a riflettere e a gustare intimamente le singole parole delle preghiere vocali a noi note. “Benedetta tu tra le donne”: com’è noto, l’ebraico non ha il superlativo negli aggettivi, e pertanto ricorre ad una perifrasi: così questa espressione in realtà significa “tu sei la benedettissima”, il che in qualche modo ci collega a quanto detto appena prima, ossia “piena di grazia, il Signore è con te”. Tuttavia queste parole non sono dell’Angelo che saluta la Vergine, ma di Elisabetta, nell’episodio della visitazione.

E’ significativo che l’evangelista Luca dica espressamente che Elisabetta, piena di Spirito Santo, esclamò: “Benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo seno”. Sembra quasi che intenda dire che noi non possiamo nemmeno dire queste parole se non mossi dalla grazia dello Spirito; del resto, Paolo afferma che nessuno può dire che Gesù è il Signore se non nello Spirito Santo, ed è significativo che proprio al centro dell’Ave Maria, a complemento dell’espressione di Elisabetta c’è il nome di Colui che è il frutto benedetto del seno di Maria, Gesù. Il Nome di Gesù è al centro dell’Ave Maria: e possiamo ricordare che al nome di Gesù si piegherà ogni ginocchio, nei cieli, sulla terra e sotto terra, e noi in qualche modo anticipiamo e realizziamo questa adorazione universale del Nome di Gesù quando recitiamo l’Ave Maria. In questo senso, avviciniamo tutto il mondo a Gesù, lo attiriamo a Lui, in qualche modo facendolo prostrare dinanzi a Lui: ogni volta che recitiamo questa preghiera una parte del dominio del male viene distrutto, in noi e attorno a noi. Ancora, chi prega con questa preghiera si avvicina alla tradizione orientale, quella che è nota come “la preghiera del pellegrino russo”, cioè l’invocazione del Nome di Gesù infinite volte. Così noi, in tutti i giorni della nostra vita, in mezzo alle vicende ora gioiose e ora dolorose della nostra vita, nella grazia come nel peccato, nella salute come nella malattia, invochiamo il Nome di Gesù perché “è per noi rifugio e forza, aiuto sempre vicino nelle angoscie”, come dice il Salmo. Tutti questi motivi mi sembra che ci possano spingere a ripetere anche noi infinite volte “benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù”, sapendo che non è possibile non essere sotto l’azione dello Spirito Santo se benediciamo la madre di Gesù. Infatti la benedizione alla Madre ricade sul Figlio; anzi, siccome il Figlio è il benedetto per eccellenza, della sua benedizione ricolma anche la madre. In altri termini, siccome benediciamo il Figlio, allora benediciamo la madre, non viceversa.
La clausola finale è preghiera della Chiesa, un’aggiunta molto utile, perché chiediamo a Maria di pregare per noi: non c’è altro da chiederle, perché sa Lei quello che deve chiedere. Ogni volta che preghiamo così, Maria prega per sei miliardi di persone, quanto abitiamo in questo nostro mondo, a tacere poi di tutti i defunti, per i quali pure prega. Ci mettiamo come un mendicante alla porta di una signora ricca e buona, e bussiamo perché sappiamo che a chi bussa sarà aperto, e chi chiede ottiene. Non occorre che chiediamo niente, perché Maria sa i nostri bisogni, ma possiamo anche rivolgerle le nostre domande, perché possiamo parlare con Lei come parleremmo alla più grande nostra amica, alla nostra sorella per eccellenza, a colei che ci ha dato la vita, che è Gesù, ed è quindi veramente nostra madre, più di quanto lo sia nostra madre secondo la carne. E la preghiamo per i due grandi momenti della nostra vita: “ora”, cioè ogni istante, chiedendo di vivere bene quest’ora presente, il momento che viviamo, e “l’ora della nostra morte”, nella lotta finale. Chi dice il rosario ogni giorno raccomanda se stesso (e anche tutti gli uomini, perché non dice “prega per me”, ma “per noi”) cinquanta volte al giorno: ne sperimenterà i benefici, in ogni ora, e nell’ora della sua morte. La devozione a Maria, come la fede, è un’esperienza da fare, e non solo un’idea da avere: speriamo che queste piccole osservazione possano essere di aiuto per entrare in questa via semplice  e sicura per giungere a Gesù.

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