Quando nel 1875 don Luigi si reca da don Bosco a Torino, Caterina ritorna a Fraciscio e assiste la madre fino alla morte.
Nel 1877 don Lorenzo Sterlocchi, parroco di Campodolcino e suo direttore spirituale, erige canonicamente la Pia Unione delle Figlie di Maria e Caterina ne è la direttrice.
Si distingue come maestra di spirito, consigliera saggia e illuminata: “pareva godesse del privilegio dell’intuizione dei cuori” (don Guanella).
Nell’ultimo periodo di vita coltiva in cuore il desiderio di fondare un piccolo Istituto per donne nubili che, avendo fatto il voto di verginità, potessero vivere insieme dedicandosi all’apostolato caritativo in favore dei poveri. Ma la malattia e poi la morte le impediscono la realizzazione del progetto. Caterina muore il 13 giugno 1891.
Immersa in Dio, seppe illuminare il quotidiano con la fede dei semplici, con l’amore dei puri di cuore; si fece carico dei fratelli e delle sorelle sofferenti vivendo nell’umiltà e nel nascondimento.
Don Guanella non esitò a definirla “ispiratrice e cooperatrice” della sua opera dichiarando che egli stesso, “stando in difficoltà continue e gravi”, ne sperimentò lo “speciale conforto e quasi sensibile cooperazione di fede e di carità”.
Su invito del Papa san Pio X, ne avviò il processo di canonizzazione.
Caterina – come testimonia don Leonardo Mazzucchi – “lasciò alle istituzioni guanelliane il suo spirito, l’esempio delle sue virtù e dei suoi patimenti, la preziosa protezione celeste”. Ed ora alcuni bozzetti narrati dalla voce viva del Fondatore. Quasi sfogliando l’album di famiglia, don Guanella ci svela qualcosa di bello che ha legato i due fratelli in vita e più ancora dopo la morte. Ascoltiamo.
Dall’album di famiglia: ricordi d’infanzia
e della giovinezza
“Nostro padre per il suo carattere si faceva più temere che amare, e talvolta, specialmente nei casi avversi, passava i limiti. Allora Caterina si faceva leone ed era capace di fare la predica anche al padre e di persuaderlo che bisognava prendere le cose come il Signore voleva e permetteva e che, ad ogni modo, bisognava fare di necessità virtù. Il Signore aveva colmato la casa di tante benedizioni: ora se aveva ricevuto da Dio tante grazie, come non rassegnarsi nelle disgrazie?
Io ricordo benissimo la condotta della sorella e ne rimanevo fin d’allora edificato e ammirato. Mentre in queste circostanze i maggiori fratelli s’ammutolivano oppure se la svignavano, la sola Caterina si fermava, parlava e sapeva disarmare l’ira del padre”.
“Ricordo che Caterina ancora fanciulla, invitava me e persone della stessa età ad assistere alle prediche che faceva una nostra cugina. Questa fanciulla di felicissima memoria e di pietà, stando sull’Alpe di Gualdera, saliva sopra un rialzo e declamava con vero trasporto dei brani interi di predicazione sentita. Ricordo che mia sorella stava con vera devozione come se fosse in chiesa e voleva che gli altri vi stessero con uguale fervore, perché diceva: – Anche questa è parola di Dio –. L’ascoltava dunque col retto fine di unirsi più intimamente a Lui”.
Insieme nell’apostolato…
“In Savogno io avevo molte contraddizioni nell’esercizio del ministero e specialmente nell’ampliamento della chiesa e di opere varie come in accompagnare ogni anno ricoverati o vocazioni religiose al Cottolengo, da don Bosco. Caterina mi ripeteva: – Bisogna farsi coraggio e non badare alle dicerie: confidiamo in Dio: con la preghiera tutto si ottiene–.
So poi che al riguardo pregava lei e faceva pregare molte persone”.
“Ricordo le molte cure che mia sorella usava verso certi disabili (originale: deficienti) del paese, del comune e del Mandamento di Chiavenna, per il cui collocamento ero io stesso interessato presso il Cottolengo di Torino, dove mi recavo le due o tre volte ogni anno con una comitiva di tali infelici. Non è da dire con quanta fede di quei miseri ne parlava a me stesso, con quanta fede ne parlava ai parenti, come godeva nel saperli ricoverati. Si dava poi cura per aiutare a provvedere loro un discreto corredo”.
“Una volta all’anno io per due o tre giorni andavo soggetto a un gravissimo male di angina tonsillare: mi accorgevo delle pene che mia sorella soffriva per me internamente, delle preghiere che faceva. Si mostrava appassionata e confidente.
Io non sono lontano dal credere che Caterina nel suo desiderio, certamente, e anche nelle sue pene interne, si facesse vittima per me, tanto che io al terzo giorno mi trovavo guarito e nel medesimo giorno ritornavo alle mie occupazioni di ministero.”
… e anche dopo la morte
“Dopo la morte della sorella, il Don Luigi si sentì ispirato di ritrarne il ritratto benché dovesse ricorrere a Chiavenna 13 Chilometri di via e incontrarne relativo dispendio, tanto intimo provava il senso che la sorella non era donna di virtù comune, ma molto straordinaria”.
“Io ho sempre venerato la mia defunta sorella e ne desidero l’onore degli altari per la gloria di Dio”.
“Io poi che di Caterina vivente ebbi sempre sensi di alta stima, dopo la morte, la stima si mutò in venerazione, tanto che in ogni impresa di qualche importanza e nelle difficoltà della vita, la invocai bene spesso in spirito e ne provai vivo giovamento”.
Un esempio. L’intercessione di Caterina per la Chiesa di S. Giuseppe al Trionfale …
In questo anno speciale che vedrà la canonizzazione di don Luigi, non ci sembra fuori luogo il pensarli più che mai uniti nella gioia del Paradiso: santi tra i santi.
Il gioco ingenuo di fanciulli - fare la minestra per i poveri -, l’appassionata collaborazione nell’attività pastorale di Savogno, la mediazione mite, ma tenace e persuasiva di Caterina a fianco di don Luigi, hanno raggiunto l’apice del successo agli occhi di Dio.
E per noi, Caterina e don Luigi, fratelli carissimi, divengono intercessori potenti presso il Padre.
Guardiamo a loro con ammirazione e fiducia!