di Cesare Perego
Il tema del lavoro, in particolare del lavoro agricolo, fu sempre presente al cuore e alla mente di don Luigi Guanella. Originario di un villaggio montano della Valtellina (Fraciscio, a 1350 s.m.), conobbe fin da piccolo il valore della lavoro nell'ambito familiare e la sua importanza per la crescita sociale. Sperimentò le fatiche e i rischi del lavoro manuale; poté costatare l'angoscia di quanti senza una occupazione erano costretti a lasciare il paese per emigrare in terre lontane.
Il suo primo biografo, d. Leonardo Mazzucchi, così descrive il rapporto di Don Guanella con il lavoro: "l'attività febbrile ed instancabile fu il carattere principale della vita penitente e mortificata di Don Guanella, conforme alla sua educazione, alle sue doti fisiche e morali, alle esigenze dei tempi; e già illustrammo come ne facesse un programma di vita per i suoi Figli e le sue Figlie spirituali: lavorare, lavorare, lavorare fino a recarsi al riposo la sera stanchi e bastonati, vittime di santa operosità sull'altare della carità cristiana. Ogni volta che don Luigi ricordava la sua vita da adolescente, quando con i genitori passava le vacanze lavorando e non si permetteva nessuno svago che non fosse suggerito da qualche scopo virtuoso di far del bene altrui, aggiungeva con semplicità: «Fu la Provvidenza a darmi genitori di virtù, che m'infondessero spirito di lavoro e di sacrificio».... Tutti coloro che conobbero Don Guanella videro come non si desse mai riposo un istante né da chierico, né da giovane sacerdote, né da vecchio affaticato: operosità continua, ininterrotta, estenuante, intellettuale, morale, corporale, di mente, di cuore, di penna, di moto".
Le comunità da lui fondate erano un riflesso della sua operosità: si presentavano quali formicai industriosi dove ciascuno aveva un compito da svolgere, offrendo il proprio contributo al buon funzionamento dell'insieme e al benessere dei singoli. Dal superiore, ai confratelli e alle consorelle, fino al più umile degli ospiti, tutti si sentivano impegnati nelle più svariate attività manuali, interrotte solo dai pasti frugali, dagli spazi dedicati alla preghiera fervorosa, allo svago edificante e al necessario riposo.
Risulta impossibile, nello spazio ridotto di un articolo descrivere le molteplici attività lavorative da lui volute e intraprese durante la sua vita e all'interno delle sue istituzioni. Un elenco, comunque incompleto e che esclude le normali attività domestiche nelle Case, comprende l'insegnamento negli asili e nelle scuole, l'istruzione professionale e artigianale, l'assistenza nei ricoveri, le bonifiche e le colonie agricole, gli alpeggi e le case di soggiorno, l'attività pastorale in parrocchie e le cappellanie...
Un chiaro esempio dell'attenzione di don Luigi Guanella al mondo del lavoro furono le colonie agricole; ne avviò diverse: a Fratta Polesine, a Trenno Milanese, ad Arcevia nelle Marche, a Monte Mario in Roma. La più nota e significativa resta, comunque, la colonia agricola di Olonio S. Salvatore. Si trattò di un'operazione vasta e complessa nella quale don Guanella riuscì a coinvolgere numerose personalità del clero lombardo e noti professionisti del mondo cattolico, nonché vasti strati della popolazione della bassa Valtellina, della Valchiavenna e dell'alto Lago di Como.
L'originalità e la grandezza dell'iniziativa sta nei molteplici effetti positivi che ne conseguirono: la bonifica di terreni paludosi e malarici, la fondazione di un paese di agricoltori e artigiani, la costruzione di una chiesa dedicata al SS. Salvatore e alla Madonna del lavoro, il coinvolgimento nell'impresa dei disabili mentali con positivi risvolti per il loro recupero ed inserimento sociale.
Il 24 ottobre del 1900 (lo racconta lui stesso), "Don Luigi Guanella con un drappello di buoni figli (così egli chiamava gli insufficienti mentali) della casa della Divina Provvidenza, partiva da Como alla volta del Pian di Spagna. Sul battello e a Colico la brigatella era guardata con senso di compatimento, e all'orecchio del povero prete giunsero ripetute e distinte queste parole: povera Colonia, se ti fondi su cotali lavoratori!".
Qualche tempo dopo, sul bollettino «La Divina Provvidenza» si osservava, non senza compiacimento: "Noi li chiamiamo buoni figli, e li amiamo e ci occupiamo di loro per toglierli dall'avvilimento in cui li pone il loro stato. A ciò giova assai il dar loro un'occupazione e per questo ne abbiamo collocati un certo numero alla Colonia. Ivi sono applicati al lavoro dei campi che essi compiono con immenso loro conforto, vorremmo quasi dire con legittimo orgoglio, perché vedendosi capaci ed utili a qualche cosa, si sentono riabilitati". Possiamo perciò affermare, con d. Piero Pellegrini, che "la bonifica e la casa di Olonio segnano, per la storia della congregazione guanelliana, un momento determinante per l'interesse dedicato alla cura e alla rivalutazione degli insufficienti mentali": centodieci anni "di storia di questa casa rappresentano un po' il compendio della corrispondente storia dell'Opera intera".
Scriveva don Guanella nel 1884: "Siccome per te forse è difficile impresa attendere al lavoro egualmente che alla preghiera, così è bene che scelga le tue ore per le orazioni quotidiane e le altre ore che rimangono per i lavori della giornata. In questo modo il lavoro ti dispone per la preghiera e la preghiera consacra il tuo lavoro". In questo modo egli riassume il suo programma di preghiera e di lavoro, secondo l'esempio dei monaci benedettini che spesso amava ricordare; il lavoro doveva servire a creare una civiltà cristiana. E quando si decise a metter mano alla sua impresa più ardita di lavoro e di assistenza ai più bisognosi e difficili dei suoi poveri, ritenne necessario affidarsi con fiducia alla Madre di Dio, invocata come Madonna del Lavoro.
Don Luigi Guanella era devotissimo della Madonna. Tra i tanti titoli con cui il popolo cristiano onora la Madre di Dio, ebbe le sue preferenze: prima di tutto l'Immacolata, la Madonna della sua adolescenza, quando fu proclamato il dogma (1854) e avvennero le apparizioni a Lourdes (1858); la Madonna della Provvidenza che conobbe a Roma in S. Carlo ai Catinari e che accompagnò l'espandersi delle sue fondazioni nell'età matura; la Madonna del Lavoro, legata alla creazione delle colonie agricole e al recupero delle persone disabili.
D. Piero Pellegrini, riferendosi all'iniziativa di don Guanella di diffondere la devozione della Madonna del Lavoro, osserva che egli "volle mettere sotto il manto materno di Maria tutte le ansie, le speranze, i dolori e le attese, i lutti e i contrasti come i benefici e le gioie che dal lavoro l'uomo può ricevere. In modo particolare intese affidare alla protezione di Madonna i più deboli, i più esposti alla sopraffazione, i più incapaci di competere in questa dura e spesso violenta lotta per la vita; poter quindi affermare e garantire un posto per tutti: per il contadino delle sue montagne, per l'emigrante, per l'operaio, per le giovani filandaie delle industrie del lago e della pianura, per i suoi alunni, per gli artigiani: sarti o falegnami o fabbri o tipografi."
Una massima o programma di vita che don Guanella soleva additare ai suoi discepoli era "Pregare e patire". A pensarci bene potremmo tradurre in "Pregare e lavorare", "Pregare e faticare". Il lavoro con gli altri e per gli altri, affrontato con serietà e costanza, sorretto da preghiera continua, è stata la vera penitenza nella sua vita instancabile e lo deve essere per quanti sono, a vario modo, suoi discepoli.