Altre forme di devozione sono difficilmente definibili per una caratteristica piuttosto rara. Si tratta infatti di una consuetudine dalle origini assai incerte, facili a confondersi con altri usi e pratiche. Quando ci si trova di fronte a questa incertezza ormai quasi per abitudine ci si rivolge al passato pagano: molte feste cristiane infatti prendono le mosse da culti precedenti del paganesimo che hanno suggerito la sostituzione con una festa cristiana, ovvero sono stati intenzionalmente sostituiti con ricorrenze cristiane. Il fatto non è da escludere: una connessione simbolica, anzi, un nodo di simboli viene a stringersi nel periodo in cui la vita della terra esplode nella sua massima espressione di forza e di bellezza, come il Verbo incarnato nella Vergine prorompe dalla tomba e vivifica il mondo di forza e salute.
L’abbondanza dei fiori invita all’omaggio più naturale che esprime un amore umano o un amore spirituale: era costume pagano raccogliere i fiori in ghirlande per ornare le statue delle divinità o deporle ai loro piedi, soprattutto della dea Flora. Se così fosse la nostra pratica si collegherebbe ai romani Ludi floreales o Florealia che risalgono all’età repubblicana e sono rimasti vivi in forme diverse nel periodo medievale con le tradizioni di ornare le statue di fiori, disseminare le zone sacre con fiori recisi o petali, più o meno come oggi si usa ancora in occasione di certe feste come il Corpus Domini: le infiorate, le piogge di fiori, le strade fiorite, ma non vi sono elementi sicuri per affermarlo.
Qualcuno trova un embrione della connessione tra Maria e il mese di maggio tra il secolo XIII e XIV. Si tratta anche in questo caso di una debole traccia che pare non sufficiente per stabilire una connessione certa, insieme alla testimonianza del mistico domenicano Suso che parla di una corona di rose dedicata alla statua di Maria.
È la rosa appunto un altro elemento di questo nodo simbolico. Si tratta del fiore che per la sua bellezza, il suo profumo, la forma viene connesso alla figura di Maria, al punto che uno dei suoi epiteti è Rosa mystica: un recinto splendido che racchiude il più grande mistero della nostra fede. Maggio è detto giustamente il “mese delle rose” dal momento che nelle nostre terre fioriscono in questo periodo belle e numerose.
L’uso di ornare in questo tempo le statue dei santi e i tabernacoli, le edicole sacre con mazzi, serti, corone di fiori è un’altra di queste devozioni di maggio tuttora praticata, ma secondo Mario Righetti (Storia liturgica) la memoria più antica del mese mariano risale al 1668 ed è dovuta all’iniziativa dei domenicani di Fiesole, i cui novizi usavano in questo mese “cantare alla Vergine”, così come un tempo era uso da parte dei giovani (e lo è tuttora) cantar maggio alle ragazze, offrendo omaggi di fiori. Si hanno successive testimonianze di usi di recarsi alla chiesa parrocchiale per cantare alla Vergine nell’ora vespertina e l’usanza conobbe in seguito una diffusione rapidissima anche per opera di un piccolo libro Il mese di Maria o Il mese di maggio del gesuita Alfonso Muzzarelli nel 1785.
Altra caratteristica di questa devozione è d’aver avuto origine ed essersi radicata come forma del culto privato o domestico praticamente fino alla metà del secolo XVIII.
Il fulcro di tutte le pratiche era naturalmente il rosario che vide la sua diffusione quasi contemporaneamente alla pratica del mese di maggio. La corona del rosario era parte consistente della devozione domestica, il modo più semplice per tutti di pregare, quando la famiglia era unita dopo la cena, ovvero quando l’individuo era solo o nelle difficoltà: in viaggio, nelle attese, nelle malattie. Tale pratica ha attestazioni antiche e radicamenti (in forme diverse) anche in altre religioni. Era la preghiera che collegava la misericordia della Vergine anche al culto dei defunti, in suffragio dei quali veniva spesso recitata nelle famiglie colpite da lutti. La corona del rosario, che si regalava per la prima comunione o per le nozze, si pone ancora nelle mani dei morti componendoli per la sepoltura. In sostanza, maggio può dirsi con ottobre un secondo mese del rosario, che una volta si recitava in forma solenne nelle chiese, oppure dimessamente all’aperto, alle varie immagini, ai tabernacoli della Vergine, da gruppi di fedeli, con qualche lumino e qualche canto.
Nel periodo in cui il mese mariano comincia a diffondersi, la pratica del rosario vede la sua massima espansione in occasione della battaglia di Lepanto (1571) quando per invito del papa fu recitato dalla cristianità e divenne bandiera della vittoria sui turchi. Le due pratiche sono state sempre patrimonio della preghiera degli umili, degli analfabeti. Così le due pratiche si sono diffuse quasi compenetrandosi: la recita delle Litanie Lauretane che era una devozione del mese di maggio si è associata al rosario.
Non sono da dimenticare in questo periodo altre forme di devozione che si usano in questo mese, come le penitenze volontarie: piccoli sacrifici che si accettano e si uniscono alle preghiere con un’intenzione o la richiesta d’una grazia; i fioretti, modeste rinunce che fanno i bambini, i brevi pellegrinaggi ai santuari mariani, le indulgenze, le offerte.
La Chiesa ha accolto largamente il mese di maggio dal culto domestico e lo ha posto tra le sue forme di devozione, tanto che la pratica è entrata se non ufficialmente nella liturgia, nel vasto spazio dell’anno liturgico ed è divenuto un elemento efficace e diffuso per la santificazione del tempo.
Considerata nel suo insieme, la devozione del mese di maggio non pare avere dirette connessioni storiche con le feste floreali o altre tradizioni pagane, e nemmeno con le usanze medievali che si sono espresse e sono continuate se mai nella tradizione del maggio popolare. Difficile è trovare consonanze o richiami a manifestazioni del genere, come l’uso di proclamare la regina del maggio o la regina dei fiori: la pratica nasce con fini modesti di devozione semplice e privata, vive a lungo come appartata, in un ambito specificamente italiano, e da questa zona poi si è diffusa. La sua caratteristica è quella di prendere forme diverse nei luoghi dove si pratica, quasi senza regole, affidandosi allo spontaneo amore del popolo per la Vergine Maria.