A che punto siamo? A «Credo nello Spirito Santo». Riassumo: Dio avanti a noi nell’eternità è il Padre. Dio con noi (Emanuele) nella storia, che dopo aver vissuto la nostra vita nella sua, subito la nostra morte e anticipato nella Resurrezione ciò che è promesso e donato a noi nella vita eterna è andato a prepararci un posto «dove è anche Lui» ( Gv. 14,3) è il Figlio, Verbo eterno e Gesù di Nazareth, figlio anche di Maria, anche madre nostra. Mancava ancora lo Spirito…
Ma lo Spirito non solo «è Signore», ma anche «dà la vita». Esso già nella prefigurazione del Primo Testamento «aleggiava sulle acque» del caos iniziale ed era «ruàh», soffio vitale di ogni creatura viva, ma nella pienezza della Rivelazione che è dono di Dio stesso nei secoli, evocata per. esempio all’inizio della Lettera agli Ebrei, c’è la definitiva donazione misteriosa di questo Spirito stesso, creatore ed animatore totale. Esso appare come la presenza di Dio che feconda il grembo di Maria e che poi, un poi che i Vangeli ci raccontano tutto, è donato da Gesù stesso come «avvocato» e «con-solatore», cioè Colui che fa sì che noi non siamo mai soli. Gesù l’ha promesso a quei poverini, peccatori stralunati, meravigliati della sua storia e delle vicende che dopo quella “Cena”, l’ultima, l’avevano turbinosamente seguita in 43 giorni, fino al momento in cui i loro occhi lo avevano visto svanire mentre una voce dall’alto li esortava a non “stare a guardare il cielo”, ma ad andare verso il mondo, verso i fratelli…
Questa scena ci prepara alla rivelazione della gloria di Gesù, cioè al mistero stesso del suo dolore. Come nell’Antico testamento, scende una nube: questa è segno della presenza di Dio, e quando Dio si manifesta, il mondo rimane come nascosto, velato. Dio si manifesta come una nube, simbolicamente, non solo perché Lui è il mistero per eccellenza, l’Inafferrabile, ma anche perché, come quando scende la nebbia, le strade che prima ci sembravano così ovvie e normali, cioè la nostra vita di sempre, diventano invece impercorribili, e dobbiamo fermarci. Così quando Dio si manifesta, anche noi dobbiamo fermarci, perdiamo le nostre sicurezze, impariamo a ricercare e ad ascoltare.
«Sceglietevi oggi chi servire… Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore» (Gs 24,15). Al termine del lungo e faticoso cammino dell’esodo, quando il popolo di Israele è finalmente giunto alle soglie della terra promessa, in quel giorno – in quell’oggi – carico di speranza, Giosuè invita gli israeliti ad una scelta decisiva e responsabile per il Signore, per essere degni di vivere in quella terra raggiunta con tanta fatica. Unanime e deciso, il popolo risponde: «Noi serviremo il Signore » (v. 18).
Servire Dio, però, comporta una dedizione autentica e senza compromessi, perché Egli è il Santo. Per questo Giosuè vuole che il popolo sia ben consapevole della decisione che prende. Le scelte decisive non devono essere fatte sotto la spinta di un facile entusiamo o con la nascosta presunzione di essere capaci di compiere da soli grandi cose; tuttavia, non vanno neppure essere rinviate per paura; devono piuttosto essere prese davanti a Dio in tutta umiltà, chiedendo a Lui la grazia della fedeltà a tutta prova.
Il periodo quaresimale desidera sottolineare una fase critica che precede una trasformazione. Un tempo di gestazione per la nascita di nuovi pensieri e nuovi stili di vita. Un tempo di lavorio silenzioso in attesa della fioritura.
Nel definire il periodo della Quaresima, il vescovo Tonino Bello ha un’immagine stupenda e assai suggestiva. Dice: questo periodo quaresimale «inizia con uno sciampo alla cenere e finisce con la lavanda dei piedi». Così dalla testa ai piedi tutta la vita passa sotto il lavacro della purificazione sul senso del vivere e dell’impegno al servizio degli ideali nutriti dallo Spirito Santo nei momenti di preghiera, di generosità e di penitenza.
«Lo sciampo alla cenere» ha come elementi lo splendore dei rami di ulivo, benedetti nel giorno delle Palme, ma anche le piante dell’ulivo furono testimoni del patire in solitudine di Gesù nel Getzemani.