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Saturday, 04 November 2017 13:25

Trasmissione radio - dicembre 2017

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Come sempre un cordiale bentrovati in questo tempo dedicato alla preghiera, alla riflessione, a riscaldare il cuore nel clima sereno e gioioso della casetta di Nazareth.

La Provvidenza oggi ha voluto che potessimo stare insieme a san Giuseppe e anche alla sua giovane sposa Maria in questa solenne vigilia della sua immacolata Concezione. 

Domani celebriamo l’inizio della realizzazione un sogno di Dio presente nel suo amore sin dall’eternità.

Quel sogno era incominciato a farsi realtà con Adamo ed Eva, ma quasi subito si è infranto con un atto di gelosia dei nostri progenitori: la voglia di essere anche loro simili, uguali a Dio. Il tentatore ha suggerito che il mangiare del frutto proibito avrebbe dato a loro la possibilità di essere come Dio. 

Sappiamo che non fu così. Infatti il peccato nella sua essenza è un comportamento sbagliato perché è il rifiuto di coltivare un bene, anzi è la distruzione di un bene, di un qualcosa di buono che ha la sua origine e fonte in Dio stesso.

Il peccato è il rifiuto ad accogliere l’amore di Dio, è voler tagliare il cordone ombelicale che ci lega a Dio dal quale riceviamo il tempo della vita, un tempo sempre gravido di eternità, un tempo sorgente di gioia, di speranza e di responsabilità sia nei confronti della nostra vita e anche della vita del mondo che ci ospita.

Nel cuore delle persone da sempre è viva la nostalgia di una rapporto sereno e gioioso nei confronti della vita stessa, ma tutti noi portiamo nell’animo una goccia di quel veleno che ha inquinato l’animo di Eva e di Adamo.  Troppe volte dimostriamo che non abbiamo fiducia in Dio, la diciamo solo a parole, ma non con il nostro comportamento. Anche noi siamo ammaliati dalle suggestioni terrene, di dominio, di onnipotenza, preferiamo ascoltare la voce del “serpente” come Eva  nel paradiso terrestre e ci fidiamo più della menzogna che della verità.

 Ad un certo punto della storia del popolo ebraico, dopo secoli di affinamento, di sensibilizzazione ad un’attesa del Messia, giunto la “pienezza dei tempi” come dice san Paolo, Dio decide di recuperare il suo sogno di comunione e di condivisione con la vita degli uomini e delle donne e così decide di far nascere Maria senza quella “goccia di veleno” che avvelenava i rapporti con Dio, padre e creatore, ricco di bontà e di misericordia.

Entra così nella storia dell’umanità questa creatura immacolata, destinata a prestare la sua carne  a Dio per far nascere suo figlio che condividesse l’esperienza umana, imparasse la legge del soffrire, conoscesse il sapore delle lacrime e pagasse, stracciandola definitivamente, la cambiale del debito umano nei confronti di Dio.

 L’immacolata Concezione è come l’aurora di un mondo rinnovato e costantemente da rinnovarsi con l’intervento di Dio e anche con la nostra collaborazione.

Accanto alla Vergine Immacolata, anche in questa circostanza  Dio ci fa comprendere che per agire nella storia ha bisogno dell’uomo. Ha bisogno del grembo di Maria per donarci suo figlio e ha bisogno di noi per aiutarlo a far crescere quei frutti di bontà che ha seminato con amore paterno nel cuore delle persone create a sua immagine e somiglianza.  

 In questa fondamentale circostanza per le sorti dell’intera umanità, il Creatore ha investito di una missione assai impegnativa anche san Giuseppe.

San Giuseppe è chiamato a camminare accanto alla Vergine Maria e, poi soprattutto, a stare accanto a Gesù come “ombra del Padre”. 

San Giuseppe riceve da Dio quel patrimonio della saggezza divina che lo abilita ad essere padre, maestro, educatore e modello di vita per Gesù. Non dobbiamo dimenticare che «il vero padre è colui che apre il cammino con la sue parole» e il suo esempio per divenire così motivo di imitazione. 

Mi sembra bello in questo giorni in cui la chiesa ambrosiana ha celebrato la festa di san Ambrogio pregare il Padre con una preghiera propria della liturgia ambrosiana.

Padre onnipotente e misericordioso, il tuo unico Figlio,

venendo ad assumere la nostra condizione di uomini,

volle far parte di una famiglia

per esaltare la bellezza dell'ordine da te creato

e riportare la vita familiare

alla dignità alta e pura della sua origine.

Nella casa di Nazareth regna l'amore coniugale intenso e casto;

rifulge la docile obbedienza del Figlio di Dio

alla vergine Madre e a Giuseppe, l'uomo giusto a lei sposo;

e la concordia dei reciproci affetti

accompagna la vicenda di giorni operosi e sereni.

O Famiglia, nascosta ai grandi della terra e alla fama del mondo,

più nobile per le sue virtù

che non per la sua discendenza regale!

In essa, o Padre, hai collocato le arcane primizie

della redenzione del mondo.

Per questo disegno di grazia,

mentre guardiamo con venerazione e speranza

gli esempi della santa Famiglia,

eleviamo a te, o Padre, la nostra lode di figli.

(liturgia ambrosiana)

 Tutus tuus sum, Maria di Marco Frisina 

E’ la confessione dell’amore nostro, ma soprattutto di Giuseppe a Maria, le dice:  sono tutto tuo, tua sei la mia delizia, la mia gioia di vivere; tu sei la madre della nuova umanità redenta da Gesù.

 Nel grande scenario della storia dell’umanità redenta, che inizia un nuovo percorso della redenzione con il concepimento di questa creatura di luce, che è appunto la figura di Maria, nel progetto di Dio entra anche Giuseppe che si innamorerà di questa stupenda fanciulla, la quale riflette dal suo candore interiore una bellezza singolare che fa innamorare perdutamente il giovane falegname di Nazareth, Giuseppe. 

Da subito Giuseppe avverte nei confronti di Maria un’affinità elettiva, non sono due giovani abitanti per caso in una paese della Palestina, ma due persone penate e amate da Dio dall’eternità.

Le coordinate di un grande sogno, sognato da Dio, si vanno collegando per far affiorare un piano, un progetto, un futuro che si va disegnando già nel matrimonio di Anna e Gioacchino. In questo sogno è chiamato  a giocare un ruolo di protagonista anche quel carpentiere di Nazareth, di nome Giuseppe. Il sogno di Dio per Maria è abitato da un altro sogno  delicato e gentile: l’innamoramento di Giuseppe nei confronti della dolce fanciulla di Nazareth. 

La figura di Giuseppe inizialmente negli evangeli si presenta  come giovane fidanzato, innamorato di Maria al quale è riservato il compito di essere padre affidatario di Gesù, carpentiere e maestro del lavoro.

Questi compiti eccellenti  di san Giuseppe nei confronti di Gesù non sono tanto lontani dal nostro ruolo di cristiani nel mondo.

Molti tratti della nostra vita, i nostri problemi , le nostre vicende camminano in parallelo alle vicende di san Giuseppe. 

I sogni di un fidanzato di oggi  che si confronta con i sogni della sua fidanzata,  che progettano insieme il futuro, che travasano nei loro animo quel pullulare impetuoso di sentimenti e trasformano il loro “io” in un “noi” condiviso. È un cammino che ha fatto Giuseppe con Maria.

Giuseppe  ha vissuto con delicatezza la tradizione nobile del casato del Re David, ha espresso la nobiltà del suo animo. 

Investe il capitale del suo essere uomo-giusto davanti a Dio con l’apertura ad un grande amore che cambia la direzione di una vita, sognata e sperata, in un servizio fedele ai progetti di Dio. 

Giuseppe è un uomo silenzioso ma dà una grande e attenta disponibilità all’ascolto della Parola che gli è stata data in custodia Gesù, la parola per eccellenza incarnata in una fragile creatura umana.

Giuseppe è un giovane che sa amare e, nel trauma di un amore che cambia prospettiva, egli si interroga, domanda, vuol capire, liberarsi dal dubbio che lo angoscia, e, alla fine, l’Amore con la A maiuscola innalza il suo amore sino ai vertici inimmaginabili per una creatura umana.

In quei momenti  Giuseppe impara ad amare senza possedere, a collaborare senza dominare, ad abitare dove l’angelo lo conduce.  

Giuseppe prova il disagio dell’esilio dimorando, in Egitto, in terra straniera. Richiamato in Palestina, riparte dall’Egitto portandosi nel cuore sentimenti e le aspettative  del suo popolo nel lungo viaggio verso la terra promessa. 

Tornato a Nazareth riprende a lavorare, a collaborare nell’educazione di Gesù, ad avviarlo in un apprendistato di lavoro manuale. 

 Nella piccola famiglia di Nazareth Giuseppe si allena a trasfigurare il lavoro quotidiano in collaborazione al piano di Dio.

Per questo motivo san Giuseppe è stato nominato patrono della Chiesa universale e, Giovanni XXIII, nel sogno di riformare la Chiesa secondo i desideri di Gesù, il divino maestro, non solo ha dedicato nella navata sinistra della basilica di san Pietro un altare dedicato al papà terreno di Gesù , ma anche ha promosso san Giuseppe a capocantiere del laboratorio del Concilio ecumenico Vaticano II.

 Come Gesù con la sua incarnazione ha attraversato la totalità delle esperienze umane - eccetto il peccato – così san Giuseppe ha vissuto da essere umano inserito in una storia umana-divina e il suo cammino diventa esemplare per i nostri cammini; i suoi sogni di partecipazione alla redenzione si allargano e combaciano con i nostri sogni.

 Possiamo davvero affermare che San Giuseppe “siamo noi” e noi, chiamati a costruire la storia di salvezza ne nostri tempi, siamo come san Giuseppe  accanto a Gesù, collaboratori nell’edificare una storia di salvezza e sagaci fabbricanti nel rendere presente il Regno di Dio tra noi.

Preghiera a san Giuseppe dormiente


 In questa vigilia della festa dell’Immacolata vogliamo onorare Maria parlando anche del suo sposo. Hanno vissuta tanti anni assieme; hanno pregato insieme, hanno sognato insieme, hanno condiviso gioie e speranza insieme. Non c’è stato nulla che riguardasse Gesù che non fosse stato deciso e soprattutto vissuto insieme.

 Per troppo tempo la figura di Giuseppe è stata lasciata fuori dal palcoscenico della storia della salvezza, come se fosse una figura scialba, sbiadita, da tenere sempre in secondo piano, dietro le quinte. Una comparsa indispensabile del quale si notava la presenza solo per far i tornare i conti, rispettando così il codice che vietava l’adulterio con la grave conseguenza della lapidazione nei confronti dell’adultera. 

 La spiritualità di san Giuseppe consiste nel cogliere quegli esili fili di luce che tessono la sua vita e con la grazia dello Spirito Santo farli diventare una sorgente di energia. 

Spesse volte davanti alle contrarietà, alle cose che non abbiamo scelto noi  abbiamo spessissimo la tentazione di agire con sdegno o di lasciar perdere tutto: non accettiamo le decisioni degli altri noi nostri confronti, anche se venissero dall’alto.

Il sogno per san Giuseppe è sempre stato accogliente, perché permetteva a lui e permette noi di essere pro-vocati. 

Questa parola “pro-vocazione” significa essere sollecitati a uscir fuori  dalle nostre sicurezze, molte volte preconcette, già confezionate secondo “ nostra immagine e somiglianza”, la pro-vocazione serve a farci accettare le proposte dell’altro per cogliere l’anima, il cuore del messaggio.

 Noi usiamo spesso la parola “mistero”, l’adoperiamo molte volte nel nostro parlare, “mistero” significa che dentro a quella realtà di cui parliamo è presente un elemento che sfugge alle nostre capacità mentali di intendere, ma questo elemento “misterioso” agisce sottotraccia, nascosto dal nostri intendimenti.

 La vita di Giuseppe è una finestra aperta sul mondo della salvezza: Giuseppe al sì di Maria coniuga anche il suo sì. 

Giuseppe è stato per lunghi anni sulla terra padre affettuoso di Gesù, l’ha accompagnato  nella strade della vita  sino alla soglia della sua vita pubblica, manifestandosi il messia atteso da secoli del suo popolo. 

Giuseppe ha svolto con grande lealtà e responsabilità il suo ruolo di padre. Ha insegnato  a Gesù un mestiere, lo ha cercato quando Gesù nel tempio di Gerusalemme ha lasciato trasparire la missione che Dio gli ha affidato. Anche dopo quell’episodio dello “smarrimento”, ritornati a Nazareth nella fase di adolescenza - dice l’evangelo - che cresceva in età, in grazia e sapienza.

 Gesù è stato sempre nel laboratorio con il padre e guadagnarsi il pane per vivere.

La figura di Giuseppe non dimostra la sua “virilità”, in suo essere capofamiglia nell’affermazione di se stesso, ma dimostra la sua responsabilità nel custodire e far crescere quel patrimonio di grazia che Dio-Padre gli aveva affidato e che Gesù lentamente andava preparando per iniziare al momento opportuno la sua missione. 

 Anche qui possiamo ripetere che “Giuseppe siamo noi” nel tentare di recuperare il ruolo del padre nell’educazione dei figli.

È stato scritto che «si sta estinguendo la stirpe dei padri. Da tempo noi generiamo degli orfani, essendo stati incapaci di diventare noi stessi dei padri». Anche noi costatiamo che la crisi dei giovani molte volte ha le radici nell’assenza della figura paterna nella loro educazione.

 Il monumento al ruolo di padre amorevole di san Giuseppe,  non è onorato con le bande e gli applausi di solito riservato ad un “manager”, ma è onorato, lodato e ammirato per la sua silenziosa custodia del prezioso capitale che Dio-Padre gli aveva affidato con il compito di far crescere in umanità di Gesù. Quella vita che Gesù gestirà con fedeltà assoluta al progetto del Padre eterno per raggiungere il fine per cui era stato invito in terra: redimere la creatura umana. Gesù ha realizzato lo scopo della sua venuta tra noi, pagando con la moneta dell’amore la cambiale dei nostri debiti accumulati dagli uomini disertando, fuggendo, privatizzando il ruolo a noi assegnato nella vita.

Preghiera per i padri


 Sappiamo che con la festa dell’Immacolata concezione di Maria, Dio inizia a tracciare le linee di un futuro di riscatto dell’umanità. Dio decide che è giunto il tempo di entrare concretamente nella storia umana e decide di prendere carne nel grembo verginale di Maria. 

In quel momento Dio segna il vertice della sua condivisione nei confronti della nostra povera umanità ferma in una stagno, prigioniera delle sabbie mobili di un egoismo esasperato.

In quel momento della Concezione immacolata di Maria , Dio ha allungato il suo sguardo anche su san Giuseppe.

Nella sua predicazione san Bernardino da Siena fu molto attento alle vicende della casetta di Nazareth e nei suoi scritti leggiamo: «Se poni san Giuseppe dinnanzi a tutta la Chiesa di Cristo, egli è l’uomo eletto e singolare, per mezzo del quale e sotto il quale fu introdotto nel mondo il Salvatore in modo ordinato e onesto. 

Se dunque tutta la santa madre Chiesa è debitrice alla Vergine Maria, perché fu stimata degna di ricevere il Cristo per mezzo di lei, così, dopo di lei la Chiesa deve a Giuseppe una speciale riconoscenza e riverenza. Giuseppe, infatti, segna la conclusione dell’Antico Testamento e in lui i grandi patriarchi e i profeti conseguono il frutto promesso. San Giuseppe, solo lui ha potuto godere della presenza fisica di colui che la divina condiscendenza aveva loro preannunciato».

La Vergine Maria ha pronunziato il suo “sì” all’Angelo Gabriele e, come un’eco perenne, il suo “sì” si è prolungato sino al termine della sua vita. Maria ha sempre pronunciato “sì” e lo ha ripetuto nei momenti di gioia nella vita di suo figlio Gesù; ha detto “sì” con il cuore affranto e con gli occhi gonfi di lacrime sul Calvario, ai piedi della Croce, e lo ha ripetuto dopo la risurrezione stando nel cenacolo, accanto agli apostoli, condividendo il parto gioioso del suo figlio Risorto da morte e vivo nell’animo di discepoli. Anche per noi battezzati si rinnovava il “sì” di Maria, ogni cristiano che esce dal fonte battesimale entra nel suo cuore di madre.

 Durante la vita pubblica di Gesù, Giuseppe non appare nelle pagine dell’evangelo. Sembrava che al sua presenza fosse necessaria soltanto nella fase terrena della vita di Gesù, ma dal cielo egli continua la sua custodia del corpo visibile dei credenti raccolti nella Chiesa.


Preghiera  

Facciamo nostra questa preghiera che il beato Giovanni XXIII che fu battezzato con il nome di Angelo Giuseppe, ha . 


O beato san Giuseppe, che Dio ha scelto per portare il nome e svolgere il ruolo di padre agli occhi di Gesù, tu che sei stato dato da Lui come sposo purissimo a Maria sempre Vergine e come capo della Santa Famiglia sulla terra, tu che il Vicario di Cristo ha scelto come Patrono ed Avvocato della Chiesa universale, fondata da Cristo Signore stesso, con la fiducia più grande possibile io imploro il tuo aiuto potentissimo per questa stessa Chiesa che lotta sulla terra.

Ti supplico, proteggi, con una sollecitudine particolare e con questo amore veramente paterno di cui ardi, il Pontefice romano, tutti i vescovi ed i preti uniti alla Santa Sede di Pietro.

Sii il difensore di tutti quelli che penano per salvare le anime che sono angosciate ed immerse nelle avversità di questa vita.

Fa’ in modo che le persone si sottomettano spontaneamente alla Chiesa che è il mezzo assolutamente necessario per ottenere la salvezza.

Degnati di accettare, santissimo Giuseppe, il dono che ti faccio. Mi voto completamente a te, affinché tu voglia essere, sempre, per me un padre, un protettore ed una guida lungo il cammino della salvezza. Dammi un cuore puro, un amore ardente per la vita interiore. Fa’ che io stesso segua le tue tracce e che rivolga tutte le mie azioni alla grande gloria di Dio, unendole agli affetti del Divino Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato della Vergine Madre.

Prega infine per me, affinché io possa partecipare alla pace ed alla gioia di cui tu hai goduto un tempo, morendo così santamente. 

Amen


San Giuseppe nell'interpretazione patristica dei primi secoli

Nel primo millennio non si può ancora parlare di un vero discorso teologico attorno alla figura di san Giuseppe.  Giuseppe viene nominato nella storia della salvezza e considerato come padre legale di Gesù e come "uomo giusto", che ha una particolare posizione nella vita del Figlio primogenito di Maria.

I primi grandi teologi nella storia della Chiesa si occupano di San Giuseppe per cancellare certe idee fantastiche tramandate con gli evangeli apocrifi, pur avvertendo di non distruggere la venerazione e la devozione del papà terreno di Gesù, gli scrittori antichi all’interno delle comunità cristiana hanno voluto presentare la figura di Giuseppe nella chiara luce dei testi evangelici. Per questo, il loro scopo principale è consistito nell'arrivare a un accurato esame della genealogia del Figlio di Dio, descrivere teologicamente il matrimonio di Giuseppe e Maria come della costituzione di questa singolare famiglia composta d Giuseppe, Maria e Gesù, quella che chiamiamo “Sacra Famiglia”. 

 Approfondendo possiamo accennare che sono i tre eventi essenziali che descrivono l'impianto del piano della salvezza di Dio, nel quale Giuseppe ha il suo ruolo e anche la sua missione di partecipare ad essa con un livello singolare, esclusivo: solo a lui era riservato quel ruolo e a nessun altro uomo. 

Questi tre momenti essenziali ritornano in tutte le loro ricerche degli antichi scrittori. Talvolta è stato necessario aggiungere delle riflessioni riguardanti  Gesù. Gesù e l’attore principale, è il protagonista attorno al quale si sviluppa tutta la storia. Allora per poter interpretare le leggi sul matrimonio nella legislazione giudaica di allora era necessario procedere con delle ipotesi che riguardano la legge del matrimonio, il carattere della giustizia per la quale Giuseppe è definito dall’evangelo “uomo giusto”. Il valore e il peso dei suoi sogni che movimentano la sua vita di giovane fidanzato e di giovane padre. 

Il primo autore che mette nello scenario delle riflessioni teologiche su san                                                                                                                                                                                                                              Giuseppe è Giustino, il grande apologeta del secolo secondo.  Qualche decennio dopo troviamo Origene in un'omelia ha voluto mettere in luce che «Giuseppe era giusto e la sua vergine era senza macchia. La sua intenzione di lasciarla si spiega per il fatto di aver riconosciuto in lei la forza di un miracolo e di un mistero grandioso». Per san Giuseppe era un onore troppo grande e si riteneva indegno. «San Giuseppe si umiliò, dunque, dinanzi a un'opera così grande ed inesprimibile, cercando di allontanarsi, come anche san Pietro si umiliò dinanzi al Signore dicendo: "Signore, allontanati da me, sono un peccatore"». Oppure Giuseppe sentì nel suo animo nascere un sentimento di non essere degno di accettare una così importante missione, sentimenti che Gesù avrebbe poi sentito dal comandante di una guarnigione romana che gli chiedeva di guarire il suo servo e trovato Gesù, disposto ad andare a casa sua, si sentì rispondere: "Signore, non degno di vederti entrare in casa"».

Origene continua ad accennare all’umiltà di san Giuseppe ricordando l'esempio di santa Elisabetta che disse alla beata Vergine: «Chi sono io, che da me viene la Madre del mio Signore?». Così il giusto Giuseppe si umiliò.

 In questo 7 dicembre in cui festeggiamo la memoria di sant’Ambrogio, la Chiesa lo prega così: «O Dio, che nel vescovo sant'Ambrogio ci hai dato un insigne maestro della fede cattolica e un esempio di apostolica fortezza, suscita nella Chiesa uomini secondo il tuo cuore, che la guidino con coraggio e sapienza». Allora mi sembra doveroso  accennare che tra gli scritti del santo vescovo milanese (che ricordiamo fu provvidenziale artefice della conversione di sant’Agostino) troviamo delle riflessioni sulla verginità di Maria, sul matrimonio di Giuseppe con lei, sulla vera paternità giuridica di Giuseppe nei confronti di Gesù. 

Con sant’Ambrogio alcuni scrittori antichi si soffermarono a descrivere il ritorno della santa famiglia dall’Egitto in Palestina.

Circa la disponibilità di san Giuseppe ad obbedire ai comandi di Dio a ripercorrere idealmente la strada dell’esodo del popolo ebraico verso la terra promessa sant’Ambrogio ha delle annotazioni assai interessanti.

Sant’Ambrogio nel vivo desiderio di presentare Giuseppe come “uomo giusto”,  sottolinea che quando l'evangelista spiega «l'immacolato mistero dell'incarnazione», vede in «Giuseppe un giusto che non avrebbe potuto contaminare il santo tempio dello Spirito, cioè la Madre del Signore fecondata nel grembo dal mistero».

Nel commento classico del Vangelo, fatto poco dopo il Natale da sant'Agostino nel suo Sermone sulla Genealogia di Cristo, vengono riprese preziose notizie e opinioni anteriori. 

«Per narrare come nacque e apparve Gesù tra gli uomini», va considerata la sincera, non finta giustizia di Giuseppe, che aveva deciso di «ripudiare Maria in segreto perché non voleva esporla al disprezzo. Come marito Giuseppe, è vero, si turba, ma poiché è giusto non incrudelisce. Tanto grande è la giustizia di quest'uomo che non volle tenersi un'adultera né osò punirla esponendola al pubblico discredito. Decise di ripudiarla in segreto - dice la Scrittura - poiché non solo non volle punirla, ma nemmeno denunciarla. Considerate com'era autentica la sua giustizia!». 

Anche in un’Omelia dello Pseudo-Origene  lo scrittore domanda a Giuseppe: «Ma, Giuseppe, perché hai dei dubbi? Perché hai pensieri imprudenti? Perché mediti senza ragionare? È Dio che viene generato ed è la vergine che lo genera. In questa generazione sei tu colui che aiuta (questa creatura a nascere) e non colui dal quale essa dipende. Sei il servo e non il signore, il domestico e non il creatore. Di conseguenza, mettiti disponibile ad aiutare, a servire, a custodire, a proteggere il Figlio che nascerà e Maria, colei che lo partorisce. Anche se essa è chiamata tua moglie o se viene considerata come tua fidanzata, non è la tua donna, bensì la madre scelta da Dio per il suo unigenito».

L'anonimo continua a invitare Giuseppe con le parole dell'angelo a «non aver timore di ricevere Maria come un tesoro celeste, di non turbarsi ad accettarla come un tempio onorabile, come la dimora di Dio. La tua missione consiste nel vegliare su di essa e di aver cura di lei durante la fuga in Egitto e poi nel ritorno in terra d'Israele. Quanto al bambino che nascerà, il tuo ruolo si limita a dargli il nome di Gesù, un nome che tu non devi inventare, perché egli lo possiede da tutta l'eternità. Il suo nome è salvatore».

 Dopo cammino tra gli scritti dei padre della chiesa, ritorniamo al giovane  Giuseppe con una ipotetica lettera dal fidanzato Giuseppe alla fidanzata Maria.

Leggiamo con gli stessi sentimenti di Giuseppe, innamorato a Maria, come un omaggio nel festeggiare il giorno del suo concepimento nel grembo di Anna.

"Dimmi, Giuseppe, quand'è che hai conosciuto Maria? Forse un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio con l'anfora sul capo e con la mano sul fianco, snello come lo stelo di un fiordaliso?

O forse un giorno di sabato, mentre conversava con le fanciulle di Nazareth in disparte o sotto l'arco della sinagoga? 

O forse un meriggio d'estate, in un campo di grano, mentre abbassando gli occhi splendidi, per non rivelare il pudore della povertà, si adattava all'umiliante mestiere di spigolatrice?

Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua prima benedizione, e tu non lo sapevi? 

E la notte tu hai intriso il cuscino con lacrime di felicità. Ti scriveva lettere d'amore?  Forse sì!

Poi una notte hai preso il coraggio a due mani e sei andato sotto la sua finestra, profumata di basilico e di menta e le hai cantato sommessamente le strofe del Cantico dei Cantici: "Alzati amica mia, mia bella e vieni, perché ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato, e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. 

Alzati amica mia, mia bella e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave e il tuo viso è leggiadro. 

E la tua amica, o Giuseppe,  la tua bella si è alzata davvero, è venuta sulla strada, facendoti trasalire, ha preso la tua mano nella sua e, mentre il cuore ti scoppiava nel petto, ti ha confidato, lì, sotto le stelle, un grande segreto. 

Solo tu, il grande sognatore, potevi capirla. 

Ti ha parlato di Yahvé.  Ti  ha detto di un angelo del Signore. Ti ha raccontato di un mistero nascosto nei secoli e, ora, nascosto nel suo grembo. Di un progetto più grande dell'universo e più alto del firmamento che ci sovrastava.

Ma poi, Maria, a un certo punto, ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio e di dimenticarla per sempre, perché il suo destino era cambiato per sempre.

Fu allora che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti, tremando: "Per me, Maria, rinuncio volentieri ai miei piani. Voglio condividere i tuoi, Maria, purché mi faccia stare con te".

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