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Wednesday, 21 September 2016 09:45

La volontà di essere specchio dell’amore di Gesù Featured

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Il venerabile Aurelio Bacciarini

di Angelo Forti

La vocazione sacerdotale e il suo essere prete per Bacciarini costituiscono la sorgente di tutta la sua ascesi spirituale. Il sacerdozio per Bacciarini fu l’unica ragione della vita: era conquistato dalla dimensione del servizio a Cristo a favore di un'umanità da salvare. L'Eucaristia, celebrata e consumata, per don Aurelio era la sintesi non solo dei misteri della vita di Cristo, ma era il suo modo di condividere l'esperienza di Gesù a Betlemme, sul monte Tabor, nel Cenacolo, al Getsemani, sul Golgota e nella tomba vuota del sepolcro visitato da Maria Maddalena al mattino di Pasqua.

La carità pastorale ha segnato l'anima del suo ministero a servizio dell’effusione dello Spirito, che abitualmente dona la sua grazia, ma richiede anche che un terreno sia preparato dalla preghiera e dal sacrificio per raccogliere i semi del divino. «Diventare un vivente, svuotato del proprio io per ospitare la presenza dello Spirito» era questo il proposito radicale di Bacciarini. Questa presenza del divino traspariva dal suo volto e dalla sua anima.
Afferma Maria Motta, la prima superiora della Compagnia di Santa Teresa: «Sul suo volto brillava la continua unione con il Signore: la sua vita di preghiera, di rettitudine, la sua angelica purezza; non ci si allontanava da lui senza provare un conforto spirituale che non si provava salutando altre persone pur buone». Ha scritto Pascal che nel mondo esistono tre categorie di individui: «quelli che servono Dio dopo averlo cercato, quelli che si sforzano di cercarlo senza ancora trovarlo, quelli che vivono, senza cercarlo e senza averlo trovato.

I primi sono ragionevoli e felici; gli ultimi sono pazzi ed infelici; quelli di mezzo sono infelici e ragionevoli». Aurelio Bacciarini appartiene alla prima categoria; ma il suo cuore di sacerdote l'ha portato a condividere l’amarezza dell'infelicità e la pazzia degli uni e degli altri. Come sacerdote abitava il cuore della verità, ed esigeva dai suoi fedeli una resa incondizionata all'amore di Dio; tuttavia camminava anche alla periferia della Chiesa, sulla frontiera dell'ortodossia in cerca di anime; il suo sacerdozio lo collocava sulle strade degli uomini come ambasciatore di Cristo. La casa del vescovo era la casa del popolo, ma anche le case dei poveri erano la casa del vescovo. Da sempre, ed in ogni circostanza, egli era proiettato verso le anime per conquistarle a Cristo. Quando fu parroco ad Arzo, la gente, per motivazioni molto umane e poco pastorali, non gradì la sua nomina.
Tra i nemici più sordi c'era anche il sindaco. Quando ritornò ad Arzo da vescovo, la prima visita la fece proprio all'ex sindaco ammalato che gli riconobbe zelo e rettitudine. La passione per le anime lo divorò da parroco come da religioso. Questo zelo ardeva nelle sue arterie sia durante il governo in qualità di superiore generale di una congregazione religiosa, come da vescovo. Mai ha disgiunto la sua vita dall'impegno sacerdotale di annunciare il mistero di Dio agli uomini, di coltivare la comunione e di testimoniare la carità verso i poveri.

Tutta l'organizzazione era al servizio del ministero apostolico. Mai avrebbe permesso che strutture o iniziative pastorali andassero a detrimento del compito di portare a tutti salvezza e misericordia. Nel percorrere la scala del mistero di una esistenza umana, sempre ci si imbatte in gradini invisibili; sono quelli della grazia divina, che rompono la logica umana ed imprimono ai giorni dell'esistenza un balzo verso l'alto. La grazia è come l'aria per le ali di un aereo, la linfa nello stelo di un fiore, come la luce di un diamante che riflette, seppur in pallida dimensione, il fulgore del sole. Bacciarini era consapevole che sul fronte dell'esistenza da «una parte c'è l'inferno o il cielo, dall'altra non c'è che la vita che è la cosa più fragile che esista»; tuttavia questa fragile realtà è anche un prezioso involucro che contiene la stessa vita divina.
Il santo, quindi, è colui che ha scelto la fragilità della vita per condividere la miseria dei fratelli, nel compatire chi ha sbagliato e nel sopportare nella solidarietà la zavorra del peccato degli uomini. In qualsiasi modo il santo non è un uomo alla moda; egli, come un profeta di Dio, ha una vita scomoda: come innamorato di Dio guarda lo scorrere della vita in una prospettiva diversa da quella degli uomini e ha sempre l'indice puntato verso lo zenit di Dio. Per questo solo le anime di Dio sanno instaurare delle affinità elettive che spingono a completare la pallida immagine di Dio riflessa nel grande affresco della vita degli uomini.

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