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Wednesday, 17 December 2014 13:51

Guido Gonella

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Un politico al servizio della ricostruzione nel dopoguerra

di Gabriele Cantaluppi

Guido Gonella nacque a Verona nel 1905. Si laureò  in Filosofia e in Scienze giuridiche, diventando docente universitario di Filosofia del diritto nelle Università di Bari e di Pavia. Negli anni Trenta collaborò all’Osservatore Romano su cui,dal 1933 al 1940,curò la rubrica “Acta diurna" che diventò una centrale di notizie provenienti da ogni parte del mondo,dalla quale attinsero tutti i corrispondenti stranieri.
In stretto rapporto con De Gasperi e con altri esponenti democristiani, fino al 1946 diresse il quotidiano “Il Popolo”, organo ufficiale del partito. Componente dell’Assemblea costituente,fu deputato dal 1948 al 1972 e senatore dal 1972 al 1983; ministro della Pubblica istruzione, di Grazia e Giustizia e della Riforma burocratica. Nel 1976 rappresentò l’Italia al Consiglio d’Europa per poi essere eletto al Parlamento europeo nel 1979. Morì a Nettuno nel 1982.
Chissà cosa avrebbe detto oggi Guido Gonella vedendo i progressi tecnologici dell’informazione, dovuti alla telematica, lui che aveva presagito: “Già lo vediamo attraverso la televisione quanto sta cambiano il mondo dell’informazione e chissà quanto cambierà ancora... Non si può prevedere; è l’avvio di un cammino”. E invitava i giornalisti ad accogliere le novità in questo campo, salvando però l’etica della comunicazione: “l’inderogabile dovere della verità e del rispetto per le persone, la lealtà e la buona fede; l’umiltà di ammettere con la rettifica un errore commesso. Sono ingredienti di base irrinunciabili”. Maestro di giornalismo, si è sempre battuto per la libertà di stampa e l’autonomia dei giornalisti. Scrisse che il diritto di cronaca è condizionato ad un dovere fondamentale: quello di conoscere i fatti che si narrano.
Va anche ricordato il suo impegno importante nell’approvazione della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti - tuttora in vigore - di cui fu tra l’altro il primo presidente. Il disegno di legge n. 1563 del 1959 riguardante la legge istitutiva dell’Ordine,fu infatti presentato da Gonella in qualità di ministro della Giustizia.
 
Gonella fu profondamente cattolico nella formazione e nell’attività, plasmato dal forte influsso della famiglia di origine, ma anche dall’ambiente sociale della sua Verona del tempo, dove ebbero origine istituti cattolici sorti a cavallo dell’Ottocento e il Novecento, gli Stimmatini, le Opere di don Calabria e di don Mazza,  le Figlie della Carità di Maddalena di Canossa.
Dalla famiglia imparò “la radicale uguaglianza di ciascuno riguardo a bisogni, diritti e doveri” e “la convinzione della necessità di principi e regole per la convivenza e il rispetto reciproco”. 
Furono queste convinzioni a indurlo, come ministro della Giustizia a sostenere le tesi sulla responsabilità dei magistrati in materia di errori giudiziari,il divieto di sciopero in questo delicato settore e il divieto di iscrizione dei giudici ai partiti,preoccupandosi anche della lentezza delle procedure. Si occupò inoltre del sistema penitenziario e del sovraffollamento carcerario,un problema ancor oggi irrisolto ed anzi aggravatosi.
La sua tesi su “Charles Maurras e la critica all’individualismo” discussa alla neonata Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dopo un periodo di studi all’Università di Padova, era pienamente consona ai suoi principi di democrazia e di partecipazione al bene comune. In vista dell’impegno politico sempre più coinvolgente, ottenne una seconda laurea alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma, diventando assistente volontario presso la cattedra di Filosofia del Diritto del prof. Giorgio del Vecchio.
Nel 1933 monsignor Giovanni Battista Montini, Assistente ecclesiastico della FUCI, gli affidò la rubrica estera dell’Osservatore Romano “Acta Diurna”. Gonella era profondamente antifascista e anticomunista, ma soprattutto aveva le idee ben chiare sul rapporto fra politica e Azione Cattolica. Scrive infatti: “L’essere l’Azione Cattolica  apolitica non significa che i suoi membri non possano fare della politica. Guai se i cattolici si ritirassero dalle trincee politiche. Politica non è lotta elettorale, ma è soprattutto rivendicazione dei problemi sociali e morali di uno Stato”. E ancora: “Il libero popolo cristiano ha il diritto e il dovere di far sentire le sue sante aspirazioni là dove la massoneria e l’anticlericalismo muovono le loro battaglie”.
I suoi articoli avevano il pregio di offrire un’informazione libera e oggettiva, perché egli poteva attingere ai giornali internazionali e ai colloqui con gli esponenti del corpo diplomatico che arrivavano alla Santa Sede. Superando la censura fascista, riusciva a imporsi  come voce libera del giornalismo italiano anche presso ambienti non cattolici.
Per lui lo spirito militaristico imposto da Hitler e dal fascismo “alla disciplina spontanea della coscienza sostituisce l’imperativo esterno e formale”.
Le sue chiare prese di posizione irritarono Mussolini che il 10 settembre 1939 lo fece rinchiudere nel carcere di Regina Coeli , dal quale fu liberato dopo cinque giorni grazie all’ intervento del Vaticano.
La sua rettitudine gli costò anche la perdita dell’insegnamento all’Università di Bari, restando all’Osservatore Romano fino al 1940, quando cessò la rubrica degli Acta Diurna. Poteva asserire che in quei tempi tristi “la generosità del sacrificio è l’unica fiamma che illumina una notte così buia”.  In politica sostenne l’idea di partito d’opinione e contrastò la tendenza della DC di dividersi in correnti; quella DC che per lui, prima di essere un partito,era apostolato sociale. 
L’entrata degli Alleati a Roma nel 1944 suscitò un enorme entusiasmo e il quotidiano “Il Popolo”, giornale del neonato partito, ebbe in Gonella nominato direttore da De Gasperi  un’edizione straordinaria che riscosse grande successo.
I rappresentanti del nuovo partito cattolico si riunirono nella terza settimana di luglio a Camaldoli e anche Gonella partecipò alla stesura del “Codice di Camaldoli”, una specie di programma da cui furono riprese molte norme che entrarono nella Costituzione della Repubblica. 
Non solo l’Italia aspirava a un maggior ordine politico e morale, dopo le stragi della guerra, ma anche l’Europa, e tutti avvertivano il bisogno di trovare vie e modi che garantissero la pace tra le nazioni del continente.
Gonella diede significativi contributi all’ideale dell’europeismo di ispirazione cristiana, sia con gli scritti, sia con l’attività vera e propria all’interno del Parlamento Europeo.  Due erano i suoi punti fermi: superare la sovranità assoluta degli Stati e valorizzare il ruolo delle società internazionali. Il suo messaggio proponeva la necessità  di giungere, attraverso la collaborazione tra gli Stati, a un meccanismo internazionale che consentisse di scongiurare nuovi conflitti, nel rispetto e indipendenza di ciascun Stato.
Sua fonte di ispirazione alla ricerca del nuovo era l’orizzonte della Città di Dio, già presente nella storia, ma come germe in attesa di sviluppo. Nel Convegno del partito dell’aprile 1946 illustrava chiaramente le linee che avrebbero dovuto caratterizzare la nuova Costituzione, sulla base dell’ispirazione del cattolicesimo democratico: le libertà costituzionali e il primato della morale. In un discorso, detto delle 27 libertà, affermava chiaramente la priorità della persona e dei suoi diritti sullo Stato: anzi, i diritti sociali sono estrinsecazione di quelli dell’individuo.
Ministro della Pubblica Istruzione dal 1946 al 1951, cercò di risollevare la scuola italiana dalla situazione disastrosa dell’immediato dopoguerra, impegnandosi a trovare soluzione ai problemi istituzionali e ai bisogni quotidiani. La realizzazione dei valori morali della persona e la costruzione della struttura istituzionale dello Stato trovavano in lui un aspetto fondamentale nell’elaborazione dell’istruzione e nella crescita culturale delle nuove generazioni.
Per questo diede impulso anche alla scuola professionale perché, abolito il rischio di uniformità minimista, ciascuno potesse conseguire il più alto livello di cui sarebbe stato capace.
Per ben nove volte, dal 1953 al 1973 ricoprì la carica di ministro di Grazia e Giustizia, sforzandosi di difendere l’autonomia della magistratura da ogni ingerenza politica e di adeguare il Codice Penale non solo alla Costituzione italiana, ma anche a quella europea e alla Convenzione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
In tutti gli incarichi, numerosi e a volte prestigiosi, che gli vennero affidati, il suo intento era di costruire una società basata sulla centralità della persona e sul rispetto della dignità dell’uomo, concretamente ed eticamente inteso.
Ancor oggi il suo messaggio ci ricorda che la politica è una diaconia in funzione del bene comune e che la fede, per quanti vogliono impegnarsi da cristiani, offre un significativo apporto nella costruzione di una polis migliore.
Anche i suoi avversari poterono riconoscere che egli seppe vivere il suo ideale politico “con inesausta passione, anche polemica, ma illuminata da un’alta cultura e coscienza morale, da spirito di civile correttezza e da onestà intellettuale”, tanto che “l’onestà e la civiltà non perdono mai il proprio valore. Per questo l’impegno di Gonella resta fortemente attuale”.
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