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Wednesday, 02 March 2016 14:22

Pregare è colloquiare con Gesù da fratelli

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La spiritualità del Cuore di Cristo

di Ottavio De Bertolis

Abbiamo già visto, nei precedenti articoli, pubblicati su questa Rivista ormai diversi anni fa e che ora in qualche modo desideriamo riprendere, che quella del Cuore di Cristo non è una “devozione”, ma, più profondamente, una “spiritualità”, un modo di vivere l’intera esperienza cristiana attraverso quel simbolo così significativo costituito dal Cuore di Cristo. Abbiamo anche visto che tutto questo non si basa solamente su rivelazioni private, o “promesse”, che Dio è certamente libero di fare e ha effettivamente compiuto, attraverso santa Margherita Maria e altri santi, ma piuttosto sulla Scrittura stessa, che è la pienezza della Rivelazione, dalla quale attingono i mistici stessi, e che le loro parole non fanno che confermare.

Abbiamo voluto sottolineare tutto questo proprio perché siamo persuasi che fare fiorire, o rifiorire, l’amore al sacro Cuore debba passare per un rinnovamento o ripensamento anche del vocabolario con il quale siamo stati abituati a esprimere la nostra fede: non desideriamo buttare via, come si suol dire, niente, ma piuttosto recuperare e valorizzare quello che nel tempo ha perso mordente e splendore, e che si è quasi opacizzato. Come vedremo meglio nel corso di questi nostri prossimi incontri, il termine “cuore”, e l’immagine del Cuore di Cristo, è come un centro al quale si rannodano tutte le principali tematiche delle Scritture. è una parola che sintetizza l’intera economia della Redenzione, di modo che, quando pensiamo a Lui, ci apriamo a contemplare la lunghezza, altezza, larghezza e profondità del mistero che è racchiuso in Gesù Cristo. Il cuore, che è interiore, si manifesta appunto in tutto quello che uno dice, che uno fa; si mostra nel tratto col quale una persona si rapporta agli altri; si esteriorizza non solo nelle cose che uno fa o che dice, ma anche nel come uno fa o dice le cose. Se questo è vero per ognuno di noi, a maggior ragione lo è per Gesù Cristo. Ne deduciamo dunque che i Vangeli sono la migliore scuola per comprendere l’amore di Gesù Cristo: potremmo dire che ogni parola di Gesù sgorga dal suo Cuore, come del resto ogni sua azione. Già questo ha una conseguenza pratica molto importante: il nostro culto al sacro Cuore non si celebra dunque solamente in alcuni giorni ad esso deputati, come potrebbe essere il primo venerdì del mese, o con alcune preghiere, come la stessa offerta della giornata che noi dell’Apostolato della Preghiera diffondiamo, ma tutto il culto cristiano ha per centro moralmente unico il Cuore del Salvatore. Il che significa, per voi che mi leggete: ogni volta che partecipate alla Messa, o pregate con i Salmi, o meditate i misteri del Rosario, domandatevi: che cosa mi dice questo del Cuore di Gesù? Che cosa capisco del Sacro Cuore da questa parola, o da questa azione, di Gesù? Poiché, come ho detta prima, il cuore interiore sempre si manifesta in qualcosa di esteriore. Capiamo che questo esige un modo diverso di partecipare alla Messa o alle preghiere: si tratta, come del resto insegna sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali, di immaginare di entrare nella scena che il vangelo o la scrittura ci narra, come se ne facessimo parte; dobbiamo ascoltare quel che Gesù dice, contemplare quello che fa, entrare noi stessi nella scena, come se ne facessimo parte, immaginando di parlare a Gesù o alle altre persone lì presenti. Vedete bene come tutto questo ci porta ad una preghiera più profonda, più partecipata, ad un’esperienza della Parola non “per sentito dire”, ma più vissuta. Questa è la via del cuore, quella mediante la quale Gesù ci rivela il suo Cuore e parla al nostro.

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