Conoscendo l’importanza del settore agricolo per l’economia italiana e anche la simpatia che si nutre nel nostro paese per tutto ciò che riguarda la natura, i cibi a “chilometro zero” e la tutela dell’ambiente, i Vescovi hanno scritto un messaggio nel quale sottolineano anzitutto il profondo significato del “pane” per la cultura del paese, oltre che per il significato centrale che esso ha come simbolo eucaristico nella vita della Chiesa.
“Il profumo di pane evoca nella vita quotidiana un gusto di cose essenziali, saporite - scrivono -; per molti ricorda un contesto familiare di condivisione e di affetto, un legame alla terra madre.. C’è un forte legame tra il pane e il lavoro, tanto che alcune espressioni come “guadagnare il pane” o “portare a casa il pane” indicano l’attività lavorativa umana. La stessa dinamica si trasfigura nell’Eucaristia e si svolge nella benedizione per i frutti della terra e del nostro lavoro, così come nella loro offerta a Dio, Creatore e Padre. E la stessa dinamica chiede di essere attualizzata ogni giorno, nel ringraziamento quotidiano per il cibo che consumiamo, da soli, nelle nostre famiglie o nelle comunità”.
Pane di vita, pane di giustizia
I vescovi ricordano poi come nella preghiera cristiana del Padre nostro chiediamo a Dio di darci “il nostro pane quotidiano”: una richiesta che ciascuno non fa solo per sé, ma per tutti. Se si chiede il pane, lo si chiede per ogni uomo. Commentando questa frase papa Francesco ha affermato durante l’Udienza dello scorso 27 marzo: «Il pane che chiediamo al Signore nella preghiera è quello stesso che un giorno ci accuserà. Ci rimprovererà la poca abitudine a spezzarlo con chi ci è vicino, la poca abitudine a condividerlo. Era un pane regalato per l’umanità, e invece è stato mangiato solo da qualcuno».
Nel messaggio si sottolinea poi che il simbolo del pane “deve essere trasparente; occorre un pane che mantenga le promesse che porta in sé. Un pane prodotto ogni giorno rispettando la terra e i suoi frutti, valorizzandone la biodiversità e garantendo condizioni giuste ed equa remunerazione (evitando ad esempio le forme di caporalato, di “lavoro nero” o di corruzione) per chi la lavora”.
Il messaggio si chiude con la notazione che “nulla - neppure le forme della produzione industriale, inevitabilmente tecnologiche e con modi di produzione che talvolta modificano geneticamente le componenti di base - deve offuscare la realtà di un pane che nasce dalla terra e dall’amore di chi la lavora, per la buona vita di chi lo mangerà. Il pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo, diventi alimento di vita, di dignità e di solidarietà”.
Luigi Crimella