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Tuesday, 05 April 2011 12:59

La famiglia di don Luigi Guanella

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di Domenico Saginario

A Luigi Guanella, tramite la sua famiglia, giunse l’eredità solidale della sua gente. In quel tessuto sociale vi entra e vi comunica con tutto il suo essere, ne assume la situazione, ne viene segnato. Per essere compreso a fondo, sarà necessario tener conto di questa sua radicale appartenenza alla gente di montagna, alla famiglia Guanella e, più in particolare, a quella di Pa’ Lorenzo e di Mamma Maria Bianchi.
C’è consistenza in Pa' Lorenzo, robusto di fisico e di spirito, che infonde sicurezza, stabile e forte come una montagna; e dolcezza nella mamma Maria.
Don Attilio Beria ha tracciato una sintesi dell'influenza, diversa e complementare, dei due genitori: «...Luigi Guanella... trascorse infanzia e fanciullezza coltivato dalla mano rude del padre, tipica figura dell’alpigiano di quei posti, e da quella dolce della madre, una creatura di quelle che vivono sulla terra senza allontanarsi dalla loro casa, inosservate, ma che ci riempiranno di stupore quando leggeremo la storia del nostro mondo scritta da Dio. Soave quanto il padre fu severo, umile, forte di Dio, essa ha salutato sulla porta dell'uscio, e avviato per il mondo tredici figli, più d'uno dei quali, forse, degno di essere venerato come santo».

Il pa’ Lorenzo

Lorenzo Guanella era nato il 2 aprile dell'anno 1800, primogenito fra quattro fratelli; era cresciuto sulle tracce di un papà laborioso e permeato di un insolito spirito di fede, come si può costatare dalle poche lettere che ci sono pervenute dalla corrispondenza con il figlio Tomaso junior. Lorenzo visse a lungo nella casa del padre anche dopo sposato, fin quando, consigliato dal padre, si costruì la casa in proprio a Fraciscio nel 1835, la casa che tutti gli amici di don Guanella conoscono.
Il 21 gennaio 1824 prese in sposa Maria Antonietta Bianchi, di 6 anni più giovane di lui, nata a Samolaco, ma che abitava nella frazione di Motta, a metà strada tra Fraciscio e Madesimo.
Pa' Lorenzo occupò cariche pubbliche nel Comune di Campodolcino per 24 anni, come primo deputato e poi come sindaco.
Man mano che la famiglia andava crescendo, si imponeva il bisogno di allargare le radici di sussistenza. Pa' Lorenzo riuscì ad acquistare alcuni campicelli per i pascoli nella piana di Gualdera. Lavorava i campi di sua proprietà, si dedicava in qualche misura anche al commercio allora molto fiorente nella Val San Giacomo, soprattutto da quando si era aperta la nuova strada dello Spluga nel 1823. Nei mesi invernali si allontanava fin nel Bergamasco per lavorare come distillatore di acquavite. In quest'arte era ricercato per la sua abilità.
Capo incontrastato della famiglia, Pa' Lorenzo è l'asse della ruota, il fondamento che mentre infonde robustezza, tiene insieme tutta la costruzione. In lui si incarna l'unità. La casa è detta «la casa di Pa' Lorenzo». La sua autorità è sicura e ferma, da essa promana forza educativa che a lungo riesce a plasmare in profondità dando un senso di sicurezza e di fiducia. Con un padre così alle spalle non c'è pericolo di perdersi!
La dirittura morale poi rende lineare il suo cammino. Pa' Lorenzo è circondato da rispetto e quasi da venerazione. La sua figura si staglia davanti agli occhi dei figli come un uomo, sì, dal carattere forte, che talvolta poteva sembrare persino burbero, ma tuttavia grande era la stima verso di lui per l'intelligenza piena di saggezza nelle sue parole, per la prontezza e il bell'umorismo delle sue battute, per cui era atteso nei circoli degli uomini all'uscita della Messa o dei Vespri. E come risultava credibile nella sua parola, altrettanto appariva imitabile nel suo comportamento. Un illustre compaesano, divenuto arcivescovo di Cosenza, nella testimonianza al processo di beatificazione di don Luigi ha testimoniato: «Ho conosciuto il padre del Servo di Dio, che si chiamava Lorenzo, uomo di religione sentita, di molta autorità e rettitudine, stimatissimo in paese, piuttosto autoritario nelle sue vedute. Anche in famiglia si aveva verso di lui un reverenziale timore ed anche più». Un altro testimone ha affermato: « Il padre era un po' rustico per carattere, ma di profonda vita religiosa».
Ma è bene sentire anche chi ha vissuto insieme e ha ricevuto l’educazione alla vita, lo stesso don Luigi.
è davvero gustosa la descrizione che ha lasciato nelle sue memorie autobiografiche. Inizia premettendo che: «Gli abitanti di 50 anni fa vivevano in molta semplicità e nella pratica della Santa Messa per lo più quotidiana, dei Santi Sacramenti molto frequenti, del Rosario a sera in ogni famiglia».
Su questo sfondo presenta suo padre.
«Il capo di casa, Guanella Lorenzo di Tomaso, è tipo di montanaro vestito sempre alla spagnuola anche quando dagli altri si intese seguire le mode nuove; di colorito sano appariscente (interessante questo “appariscente”, segno che era di bella tinta, con le impronte del sole e del vento ben stampate sulla sua pelle colorita), di un carattere fermo e inconcusso come rocce del Calcagnolo che circonda. Per circa 24 anni fu primo deputato sindaco del comune di Campodolcino. Il Lorenzo Guanella era di tale veduta che nessuno meglio di lui. Era sempre l'ultimo a parlare e l'ultima parola era la sua - anche al confronto di autorità mandamentali o provinciali - perché sapeva di essere sicuro e giusto nelle vedute e proposte sue. Manco a dire che nella sua famiglia di dodici figli era come sacerdote e re, perché leggeva, per così dire, nel cuore di tutti e voleva che crescessero alla virtù, alla obbedienza, al lavoro».
Un quadro del papà, senza dubbio ricco di ammirazione, descritto con sobrietà e amore: un uomo di vigore, cui l'autorevolezza di sindaco conferì ulteriore peso al suo ruolo di «capo» nella famiglia.
Questa personalità così ricca, anzi sovrabbondante nella sua composizione di doti e di caratteri, si potrebbe paragonare ad una perla preziosa dai molteplici riflessi, variegata, con striature chiaramente individuabili, e tutte fuse insieme in una proprietà fondamentale - la «forza» - che, detto della pietra, bisognerebbe chiamare «durezza compatta», motivo di resistenza e di solidità nella sua bellezza.
Così il senso di responsabilità tocca la sua coscienza. Si sente capo e guida della numerosa famiglia. Don Guanella stesso dava questo indirizzo di finissima sapienza, nel quale ci sono tracce di quanto vedeva in Pa’Lorenzo: «Alle scappate innocenti dei figli, chiudete un occhio e a mezzo l'altro pure. Ma scuotetevi allora che scorgete in pericolo la loro innocenza: nel terribile frangente chiamate in aiuto tutti i santi del Cielo, tutti i giusti della terra».
Il guaio di Pa' Lorenzo era che in quei «terribili frangenti» diventava terribile anche lui, ma il rosario della sera faceva subentrare la quiete.
Una cosa sola faceva rifulgere il suo animo di bambino: la fede. Quanto a questo, era limpido, semplice, totale. Ci metteva l'anima nella sua fede. E la viveva.
Ancora un'altra nota: il sacrificio di sé. Il lavoro, la fatica, il sudore! Impressiona la frequenza e il modo con cui il Fondatore descrive le fatiche del padre nella sua appassionata dedizione al beni dei figli, evocando evidentemente scene familiari della sua esperienza di fanciullo quando vedeva Pa' Lorenzo, che partiva per luoghi lontani o andava ai campi di primo mattino con gli attrezzi da lavoro sulle spalle e tutto il giorno durava nella fatica e non si risparmiava fino a sera, quando ritornava a casa, bagnato di sudore e carico del grande gerlo pieno di legna e di fieno...
«Tu vedi un padre che soffre fame e sete, suda ed è in afflizione, eppur volgendo lo sguardo al figlioletto si rasserena». «Figùrati che da un campo di fatica vengono più figli grondanti sudore. Figùrati che dopo un gran viaggio spunti dall'altra il genitor diletto, molle ancor egli di sudor di sangue per tante fatiche sostenute a pro' dei figli. Quando questi si abbracciano al padre, ed il genitore ai suoi giovani diletti, credo che Dio Padre... fermi lo sguardo compiacente sopra quelli e dica a tutto il Paradiso: Ecco come si amano sulla terra medesima; ecco come si amano il padre ed i figli».

Mamma Maria

Con timbro totalmente diverso, anche mamma Maria rivelava una ricchezza d'animo straordinaria.
Veniva da Motta quando scese a Fraciscio, meglio, a Gualdera nella casa dei Guanella-Carafa nel gennaio 1824. Era nata a Samolaco, al piano, il 28 dicembre 1806 da Lorenzo Bianchi e Levi Maria. Li chiamavano i «Bianchi Godènz».
Così la descrive nei suoi fogli inediti don Pietro Tognini: «Maria Bianchi era un vero tesoro di madre cristiana, solerte, oculata, donna attiva ed avveduta nella gestione familiare. Anima dolce e soavissima di modi, temperava opportunamente la rigidezza del consorte, il quale otteneva con la forza dell'autorità quanto ella sapeva ottenere con la forza dell'amore».
Mamma Maria costituiva il cuore della famiglia. In lei si esprimevano in bellissima sintesi le migliori doti di una madre: cuore tenerissimo, fedeltà alla Parola di Dio che è come una seconda maternità che nobilita e completa quella semplicemente umana, saggezza nell'inventare sempre nuovi equilibri alla numerosa famiglia così varia ed anche così «profetica», se fu capace di esprimere due santi.
Cose belle si dicevano di mamma Maria, sia dentro che fuori casa Guanella. I testimoni sono unanimi nel tessere i più ampi elogi di questa umile donna.
«La madre segnatamente si distingueva per la sua pietà», affermazione fatta davanti ai giudici dal canonico Gian Battista Trussoni durante i processi di beatificazione del Fondatore.
I due cugini Levi, ambedue vicini di casa della famiglia Guanella,quindi, la conobbero bene in un contatto quotidiano e dicono così di lei: «Sua madre: una santa donna anche solo a vederla». «Don Luigi, nota con bella sensibilità Lucia Levi, era buono verso i suoi genitori e con tutti: di lui si lodava specialmente la madre, come quella che più vi attendeva». E il compaesano Curti Rocco: «Entrambi di buona condotta, ma specialmente la Madre, tanto ammirata per la pazienza e le altre sue buone qualità».
C’è poi la testimonianza più consapevole, quella del Fondatore, il quale si riallaccia a quanto ha detto di suo padre.
«Il peso dell’autorità di pa’ Lorenzo sui figli, provvidenzialmente, veniva controbilanciato dalla madre, Maria Bianchi, donna di energia e di soavità di modi, onde nella famiglia era un vero tesoro di Provvidenza. Allevò dodici figli e tuttavia era sempre prima alla direzione della casa ed ai lavori della campagna».
In uno di quei momenti privilegiati di particolare confidenza, don Luigi ormai adulto e fondatore, ricordava i suoi genitori come «una dolce e affettuosa memoria - attesta don Martino Cugnasca -, come si poteva bene arguire dal modo e dalla commozione che talvolta arrivava fino alle lacrime».
Possedeva ed offriva fede ardente, concreta, calata dentro la vita di ogni giorno; senza dubbio era la fede a costituire l'interpretazione, la «lettura» dell'esistenza. Si veda come don Guanella descrive la tragedia di Tartano, quando l'alluvione irruppe improvvisa, trascinando nei suoi vortici un fianco della montagna con case e vittime. Le ultime parole della madre che vede morire le sue figlie sono: «Addio! Addio! Ci rivediamo in cielo». Mi sembra di vedervi rispecchiata la fede di mamma Maria: il ritmo della vita veniva guardato con questi occhi.
Costantemente testimoniata è pure la sua tenerezza, per cui l'azione educativa assumeva l'impronta dell'affetto, dell'interiorità. Si sviluppava la capacità di amare. Le facoltà del cuore venivano sollecitate da Mamma Maria con quella sua preferenza a percorrere le vie della dolcezza e, soprattutto, con la pedagogia dell'esempio. Lei precedeva, come la pastorella precede il gregge, attenta a guidare e richiamare con premura le pecorelle che tendono per un istante a sbandare.
La dolcezza paziente, illuminata dalla fede così vivamente professata da lei, finiva per inondare di tenerezza anche la posizione di Pa' Lorenzo. Nella coscienza di Luigino deve essere avvenuta una speciale grazia di integrazione: lo Spirito del Signore deve averlo condotto a riguardare l'opera educativa dei genitori come distribuita in ruoli combinati, alcuni di competenza del papà, altri di competenza della mamma; ambedue però erano «patriarchi grandi al cospetto di Dio», partecipi della paternità di Dio: «Il primo vostro onore, o genitori, incomincia dal momento che il Signore vi ha eletti a tale stato; incomincia fino dall'eternità, perché fin dai secoli eterni il Signore pensò a creare voi... Come il Signore è padre universale, perché ha creato il tutto in cielo e sulla terra e regge e governa; così voi in certo modo partecipate di questa divina paternità».

(da I tempi e la vita di don Guanella. Ricerche biografiche, Saggi Storici 2, Nuove Frontiere Editrice, Roma 1990, pag.46ss).

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