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Il Cuore di Gesù motore della pastorale di Bacciarini

di Graziella Fons

 

«Voglio che tu mi serva da strumento per attirare i cuori al mio amore», disse il Signore a santa Margherita Maria Alacoque. Il 25 maggio 1571 mentre stava visitando il monastero di Paray le Monial sentì un forte desiderio di fermarsi in quel monastero e consacrare la sua vita. Nella festa liturgica di san Giovanni evangelista, mentre era inginocchiata davanti alla grata, a questa giovane suora francese apparve Gesù e la invitò a porre il suo capo sul suo petto e sentì risuonare nell’anima queste parole: «Il mio Cuore divino arde così tanto d'amore per gli uomini e per te in particolare, che, non potendo contenere in se stesso le fiamme della sua carità ardente, deve diffonderle per mezzo tuo e manifestarsi agli uomini per arricchirli dei suoi preziosi tesori».

 

E subito scrive la santa: «Il Cuore di Gesù è una sorgente inesauribile di beni che vuole diffondere e comunicare e da questo divino cuore sbocciano tre torrenti: la misericordia nei confronti dei peccatori, la carità verso i bisognosi e l'amore e la luce per i giusti». Questi tre torrenti di grazie hanno dato l’ossatura alla spiritualità di don Guanella che volle che al centro della sua casa Madre ci fosse questo polmone di spiritualità che nutrisse l’anima delle suore religiose, dei suoi preti e anche dei ricoverarti. Don Guanella avrebbe voluto chiamare i suoi preti «Figli del Sacro Cuore»; esistendo già un’altra congregazione con questo nome, ripiegò sul nome «Servi della Carità». Un nome racchiuso con tenerezza nel cuore stesso di Cristo, ma con la prerogativa di essere «servi» e aiutare Dio a diffondere il calore del suo amore di padre misericordioso.

Aurelio Bacciarini, discepolo prediletto e successore di don Guanella nel governo della sua congregazione, nutrì una grande spiritualità, ispirata al Sacro Cuore. Da subito la devozione al Cuore di Gesù è stata la strada maestra della sua azione pastorale.  Neppure due anni dopo il suo ingresso nella diocesi di Lugano, nella festa dell’Epifania del 1919 a Bellinzona, consacra al Cuore di Gesù la gioventù cattolica ticinese.  Alla fine del 1921 caldamente invita a far in modo che l'anno successivo tutto il popolo si consacrasse al Cuore di Cristo. Nella Quaresima dell’Anno santo 1925 indirizza la lettera pastorale sulla «Consacrazione delle famiglie al Sacro Cuore» e ai preti invia una circolare con istruzioni pratiche, così da raccogliere il maggior numero di famiglie disponibili a consacrarsi al Cuore di Gesù.  Il 27 giugno 1935, proprio ottant’anni fa, moriva il vescovo venerabile Aurelio Bacciarini. Da anni era molto sofferente, tanto che il papa Pio XI lo definì «il Giobbe dell’episcopato cattolico», tuttavia, il Cuore di Cristo gli ha concesso di apporre l’ultima sua firma come vescovo di Lugano sulla pergamena che consacrava ben trentacinquemila famiglie al Cuore di Gesù.

È doveroso sottolineare, per cogliere le reali proporzioni, che la popolazione cattolica del Ticino in quegli anni era di circa 140.000 fedeli: quasi la totalità delle famiglie di fede cattolica si era consacrata al Cuore di Gesù. Da subito, dopo l’ingresso in diocesi, a Lugano, il vescovo Bacciarini ha pensato a un santuario dedicato al Cuore di Gesù nel tessuto comunale della città. Scriveva, infatti: «Il Ticino cattolico volgerà i suoi sguardi come a un santuario diocesano, come luogo di grazie, dove troneggia Gesù con il suo cuore in mano» ed esortava i suoi diocesani a collaborare con un «sassolino» all’erezione del santuario. La Provvidenza divina vegliava su quella sorgente di grazie e di benedizioni. Nel 1924 a causa di difficoltà economiche furono sospesi i lavori. Monsignor Bacciarini nel giorno della festa del Sacro Cuore convocò il popolo per una preghiera e in quel cantiere paralizzato da difficoltà economiche, il santo vescovo si chiedeva: «Santo edificio! Perché non c’è dato di vederti in tutta la tua completa bellezza? Quando potremo dire a Dio dai nostri altari: “Vieni, la tua casa è pronta! Vieni e spargi i tesori del tuo Cuore». La fonte della misericordia riprese a offrire i suoi doni attraverso le vie misteriose della Provvidenza. In quel periodo un giovane benestante di ventidue anni, cresciuto senza alcuna istruzione religiosa, era infermo grave in ospedale. Fu illuminato da una luce straordinaria. Si convertì e terminò la sua vita in modo edificante. 

Dopo aver ricevuto sul letto di morte la sua prima e ultima comunione, fece chiamare i suoi genitori e disse: «Io sono felice. Fra poco sarò morto, ma andrò in paradiso e un giorno ci verrai pure tu, papà, e verrà anche la mamma. Non piangete!». Racconta monsignor Bacciarini: «Qualche giorno dopo venne da me suo papà, un distinto avvocato, e mi disse: “A diciassette anni ho perduto la fede: la morte di questo mio figlio me l’ha restituita”. […] Interpellando il volere del figlio, che è spirato a pochi passi dell’erigendo santuario del Sacro Cuore, provvidero al compimento del suo tempio con i beni lasciati da suo figlio». La devozione al Sacro Cuore di Gesù è l’anima di tutto l’evangelo e racchiude tutto il progetto di salvezza di Dio nei confronti dell’umanità. Per definire un individuo buono diciamo che: «è una persona di cuore». Così parlare del cuore di Gesù è parlare della sua umanità, della sua benevolenza, di colui che ci ha amati con tanta passione, con un cuore d'uomo. Illustrare il cuore di Gesù è parlare dell'amore di Dio per gli uomini. Il cuore è il simbolo dell'amore. «Ti ha amato con amore eterno»; «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». Ha scritto l’illustre teologo Karl Rahner: «il cuore rappresenta l'essere umano nella sua totalità, è il centro originale della persona umana, quello che le dà unità. Il cuore è il centro del nostro essere, la fonte della nostra personalità, il motivo principale dei nostri atteggiamenti e delle nostre scelte, il luogo della misteriosa azione di Dio». Davanti al Cuore di Gesù, il venerabile Aurelio Bacciarini ci rivolge l’appello che indirizzava ai suoi diocesani all’inizio del suo ministero episcopale: «Vengano con fiducia davanti a questa immagine i sacerdoti, venga il popolo, vengano i piccoli e i grandi, i poveri e i ricchi, giusti e traviati; soprattutto i traviati, le gemme più preziose della mia mitra episcopale».