Santa Teresa e don Guanella insieme per un giubileo
di Angelo Forti
Santa Teresa d’Avila è la prima santa proclamata dalla Chiesa non tanto per i prodigi e grazie straordinarie, ma per la pratica eroica delle virtù cristiane della fede, della speranza e della carità. Oltre al primato della canonizzazione per la pratica delle virtù eroiche, Paolo VI nel 1970 la proclama “dottore” della Chiesa.Santa Teresa è “grande” perché ha vissuto in una stagione della Chiesa assai turbolenta. «Il mondo è in fiamme» scriveva e, per far fronte a questo fuoco distruttore, proponeva come rimedio tre indicazioni: recuperare la spiritualità dell’Incarnazione di Gesù nella nostra storia umana; ricollocare Dio al centro dell’anima e recuperare la preghiera come amorevole soccorso al mondo stesso.
Nel cuore della Controriforma, era il 1622, il papa presentava alla ribalta della Chiesa un quartetto di persone straordinarie; infatti, con santa Teresa sono canonizzati: sant’Ignazio di Loyola, san Filippo Neri e san Francesco Saverio. In un momento travagliato della vita ecclesiale, quel quartetto di santi rappresentava un mosaico con i colori diversi dell’unica santità, lo specchio della vita di Gesù presente nella condizione umana. Ignazio, Filippo, Teresa e Francesco sono offerti al mondo cattolico come modelli di una santità vissuta in contesti diversi e in personalità e sensibilità differenti. La passione “militare” di Ignazio, l’amabilità di Filippo Neri, l’ardore missionario di Francesco Saverio e la personalità dolce e granitica di Teresa d’Avila erano la tavolozza con cui Gesù offriva i colori della Redenzione degli uomini. Quattro strade per giungere all’intima comunione con Gesù Cristo per farne «il cuore del mondo». Quattro maestri che in questi ultimi secoli hanno accumulato un enorme patrimonio di santità.
Come molti altri santi anche don Guanella si è abbeverato a queste sorgenti di spiritualità. Da Ignazio ha imparato la volontà granitica, simile alle sue montagne; da Teresa il fuoco della sua Castiglia, tanto che tra i propositi della sua prima Messa ha scritto di voler essere «spada di fuoco nel suo ministero». Lo zelo missionario di Francesco per don Luigi era già spuntato negli anni del seminario, quando al desiderio delle missioni, il suo vescovo gli rispose: «Per te le tue Indie sono nella tua diocesi». Il contatto con la spiritualità di Teresa gli fu provocato dalle esigenze di un’ulteriore luce per guidare spiritualmente una delle sue prime suore, la giovane Chiara Bosatta, proclamata Beata da Giovanni Paolo II nel 1991. Don Guanella sente l’esigenza di raccogliere pane sostanzioso dalla madia delle molteplici esperienze di santa Teresa. Don Guanella «raccoglie le briciole di un grande pane che è l’opera di santa Teresa d’Avila e da queste briciole trarre un pane per sostentare se stesso e così poter sfamare anche gli altri”». Il nostro santo Fondatore nel suo breve studio sulla spiritualità di santa Teresa non presenta una biografia ma propone il suo pensiero spirituale, vuol mostrare la sua «figura esemplare, paradigmatica, avvincente, cui riferirsi» nel cammino di perfezione.
In quest’anno ci sono delle provvidenziali concomitanze di date: quando don Guanella saliva al cielo, ricorreva il quattrocentesimo anno della nascita di Teresa ad Avila. Dopo cento anni, Teresa e don Luigi si trovano legati da un giubileo centenario: una carmelitana contemplativa e assai intraprendente e un artigiano della Provvidenza, arricchito dalla contemplazione, insieme a lodare Dio nell’amore delle loro opere di carità. Sul letto di morte don Guanella lascerà in eredità l’invito a camminare nella vita con la preghiera e la sofferenza, «pregare e patire». Il patire come servizio generoso verso i poveri che trova nell’intimo della sua anima l’energia della preghiera. Anche nel linguaggio di santa Teresa è frequente l’invito a «pregare e andare avanti». San Luigi Guanella non è stato uno studioso delle opere di santa Teresa, ma ha colto fior da fiore le indicazioni per giungere alla perfezione dell’amore. Nella circostanza di questi giubilei, ci sembra doveroso chiederci cosa possono insegnare ai nostri giorni questi grandi del passato.
La risposta non conosce stagioni, è sempre di attualità: è l’amore. L’amore autentico irradia in tutte le nostre azioni una calda luce capace di illuminare la trama infinita del mondo. Attraverso l’amore, la loro contemplazione e la fiduciosa preghiera muovono all’azione e creano una dinamica da cui non può che scaturire la carità concreta. Infatti cosa sarebbe l’amore se si accontentasse di contemplare se stesso come un compiacente Narciso? L’amore, se non si incarnasse nella carne concreta delle persone, sarebbe un nulla. Il messaggio di santa Teresa non è una sterile speculazione intellettuale, ma la sua spiritualità si traduce sempre in un’azione carica di amore. La prima fondazione nasce ad Avila in un’angusta abitazione chiamata “monastero” ed è dedicata a san Giuseppe. In una visione santa Teresa ebbe l’indicazione di costituire questo monastero che avrebbe avuto come cuore pulsante la cappella, al centro si collocava Gesù eucaristia e ai due lati un quadro raffigurante la Vergine Maria e dall’altro un’effige di san Giuseppe, così da ricreare idealmente la famiglia di Nazareth.
A san Giuseppe Teresa ha affidato tanti problemi da risolvere e in lui ha sempre trovato un padre buono, attento e premuroso nell’eseguire i suoi desideri. Don Guanella anche in questo ha imitato santa Teresa e molte delle sue “case della carità” portano il nome di san Giuseppe. Anche la nostra Pia Unione, dedicata al Transito di san Giuseppe, è l’ultimo atto di solidale carità fondata da don Guanella, è una scialuppa di salvataggio all’abisso più profondo della condizione umana, il momento della morte. Don Guanella ha voluto che in quella circostanza nessuno rimanesse solo, che tutti fossero accompagnati alle soglie dell’eternità da san Giuseppe così che tutti possano godere l’eterna beatitudine.